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La sera del 18 gennaio scorso, assistendo davanti al televisore a una edizione dell’opera Pagliacci di Ruggero Leoncavallo, mi sono sorpreso a pensare come fra circo e melodramma possa intercorrere la scintilla della complicità. L’esecuzione non era perfetta e forse qualche fischio partito dal loggione non era immeritato, ma questo nulla poteva togliere alla validità della riflessione. Certo è logico pensare che un’opera intitolata Pagliacci e imperniata su una storia di amore e gelosia nel mondo dei viaggianti, gente – come mi confidò una volta Liana Orfei – molto incline alla gelosia, inevitabilmente si sposi con il circo. Ma il mio riflettere andava più in là. Vedevo la coreografia circense, vedevo le acrobazie che il regista inquadrava a sottolineare la musica non raffinata ma efficace di Leoncavallo, e insomma constatavo quanto ci stesse a suo agio il circo nella coreografia del melodramma. Oggi, domenica 6 febbraio 2011, leggo sulle pagine culturali del quotidiano Il Sole 24 ore una recensione che nuovamente mi sollecita a pensare alla premiata ditta Circo & Melodramma. Si parla di Elisir d’amore di Gaetano Donizetti, opera che, se uno non l’ha mai vista in vita sua, poco sa di Donizetti, poco sa del nostro patrimonio lirico e quindi mi spiace sinceramente per lui (posso solo invitarlo a riparare in fretta al malfatto!). Il regista del lavoro donizzettiano, andato in scena al Teatro dell’Opera di Roma, ha pensato bene, forse addirittura ha pensato benissimo, di dargli un’ambientazione circense. La scelta ha avuto il plauso di Carla Moreni, che si occupa di cronache musicali sul quotidiano summenzionato e particolarmente mi piace perchè non interpreta il suo ruolo di musicologa come quello di una immusonita insegnante messa in cattedra a distribuire voti.
In questo caso, dopo l’esecuzione della famosa aria “Una furtiva lacrima” da parte del giovane e promettente tenore Pirgu, si abbandona a dire che il cantante, ad onta del nome un po’ infelice, è un grande su cui puntare. Ma poi, attenzione a cosa aggiunge: “Bene. Anche per l’acrobata dietro, che mentre lui teneva i filati della ‘Furtiva’, lei si attorcigliava su una fune di tenda di velluto, rossa ovvio, in singolari contorcimenti. Ah, Donizetti e il circo…”
Brava, bene, bis per la nostra musicologa, che alza il sipario su un antico concetto di rappresentazione in cui tutte le fantasie sono possibili e quella circense, talvolta, si rivela risolvente. Certo bisogna non turarsi il naso, cosa che troppo spesso accade quando detta legge una dittatura trinariciuta. Ho la sensazione che il rapporto circo-melodramma sia un libro con tanti capitoli ancora da scrivere. Chissà che, a colpi di “Circolando”, non si possa quantomeno diffondere qualche nuovo sospetto.
Ruggero Leonardi

Le immagini sono di C. M. Falsini, tratte dal sito internet del Teatro dell’Opera di Roma.