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Parada 30 anni con i ragazzi di strada a Bucarest

di Franco Aloisio

Parada, creata a Bucarest nel 1996 dal clown Miloud Oukili con la missione di offrire sostegno al reinserimento sociale dei bambini e giovani che vivevano nei canali del riscaldamento della capitale romena, opera anche nel nostro Paese con Parada Italia ODV che svolge programmi nelle periferie milanesi attraverso attività di circo sociale, in progetti di contrasto alla marginalità giovanile ed al disagio, svolti in rete con altre associazioni. Franco Aloisio ne racconta la storia e la filosofia.

I giovani allievi di Parada a Bucarest

La strada è vita, energia, relazioni. Un universo che si trasforma continuamente, costante ma mai uguale a sé stessa, ma la strada può diventare una prigione, un meccanismo che ti consuma le risorse individuali e pian piano ti annichilisce. La strada è la spazzatura della società, ed analizzando la strada si possono analizzare, per deduzione, i meccanismi di inclusione/esclusione di una determinata comunità (se è vero che analizzando i rifiuti prodotti da una persona si può dedurre il suo stile di vita). Partiamo dai rifiuti, quindi, per lavorare sulle forme di organizzazione comunitaria. L’invisibilità sociale di cui parliamo non è solo il non essere percepito dai sensi della vista, ma anche il non essere processato in immagine dal cervello. Se da una parte le politiche ed i processi di sviluppo delle città (nel nostro caso Bucarest e Milano) spingono la marginalità in aree più periferiche e nascoste delle aree urbane, dall’altra, l’assuefazione alle immagini di disagio (i mendicanti, gli homeless, i ragazzini che sniffano colla ai semafori…) fanno sì che la maggior parte delle persone passa indifferente di fronte a queste persone. Sono ritenute parte integrante del paesaggio e diventano quindi invisibili perché non vengono più riconosciute come persone, ma quasi come complemento dell’arredo urbano stesso.

Un ragazzo si esibisce per le strade di Bucarest

E laddove non si riconosce un problema come tale non si metteranno in moto azioni per risolverlo. La strada è allo stesso tempo una risorsa enorme. Sulla strada, a differenza di quanto si possa pensare, ci sono vita, sentimenti, relazioni. Riprendendo la metafora dei rifiuti, sulla strada c’è una enorme potenzialità di recupero, riuso e riciclo. Il tutto dipende dall’atteggiamento con cui la guardiamo, se come problema o come risorsa. Generalmente chi vive sulla strada è una persona desocializzata, isolata da reti relazionali positive. Ma il mondo della strada è complesso, e, al di là degli stereotipi sociali e di pochi tratti comuni, ogni persona è una storia a sé. Chi vive sulla strada è comunque un essere senziente, con la propria storia ed i propri desideri. Se per esigenze sociologiche trattiamo la strada (le popolazioni di strada) come un tutt’uno, un fenomeno omogeneo, in fase di intervento sociale trattiamo la singola persona, con la sua identità, storia e sogni. Uno dei fattori fondamentali sulla strada è la percezione del tempo, chi vive sulla strada ha un immaginario temporale relegato al giorno per giorno. Le difficoltà di reinserimento spesso sono legate proprio al fattore tempo.

Le condizioni di vita sotto la città di Bucarest

Inoltre, più è lungo il tempo di permanenza sulla strada, più sarà lungo e complesso il processo di reinserimento sociale. Se partiamo dall’idea che la strada è la spazzatura della società, deduciamo che le strade del mondo sono diverse. Sicuramente le problematiche di esclusione sono più o meno comuni (alloggio, salute, cibo etc…) ma quello che cambia è la composizione umana della strada. In società in transizione (alcuni paesi africani, romania etc..) spesso la strada è vissuta dai gruppi sociali più marginali o discriminati, in società più’ “evolute”, spesso sulla strada troviamo persone che ci sono arrivate per difficoltà o drammi individuali. È vero altresì che il fenomeno della globalizzazione sta in qualche modo estendendo le caratteristiche dei paesi in transizione anche ai paesi più evoluti. Per questo diciamo che il fenomeno delle popolazioni di strada è un fenomeno del futuro e globalizzato. Il passaggio da problema a risorsa è principalmente un passaggio mentale, di cambiamento di paradigma, operato principalmente dall’osservatore o operatore che interviene. Se vediamo l’utente, nel nostro caso, come un contenitore vuoto, portatore solo di bisogni da soddisfare (ritorniamo alla dicotomia bisogni-desideri) la sua situazione di estrema deprivazione ci renderà difficile trovare delle soluzioni e dei percorsi positivi. Se il punto di osservazione che adottiamo è, invece, quello di guardare all’utente come ad una persona, con la propria identità, storia e desideri, possiamo scoprire che esiste un potenziale enorme di risorse da utilizzare. Il miglior medico della persona in situazione di disagio è la persona stessa.  

Gli esercizi di giocloleria a Bucarest

Dare responsabilità è la chiave per ricostruire identità che la società ha distrutto, produrre il bello è la chiave per ricostruire la fiducia in sé stessi. Come sbagliando si impara a sbagliare, è facendo le cose belle e per bene che si impara a fare bene. Salire su un palcoscenico ed offrire uno spettacolo al pubblico, vuol dire passare dall’essere il bambino problema (mendicante, consumatore etc..) al diventare il bambino risorsa, quello che offre agli altri delle cose, nel nostro caso uno spettacolo di circo. Il percorso di Parada è stato il percorso della strada di Bucarest. L’associazione nasce sulla strada, ed in maniera resiliente si è adattata alle caratteristiche stesso dello sviluppo della città. Non si è partiti da teorie da mettere in pratica, ma da un agire reale modificandosi in base alle esperienze empiriche via via fatte. Non parliamo quindi di metodologie, ma di un agire quotidiano che si mette sempre in discussione, di un approccio nel quale l’utenza è sempre messa al centro, utilizzando un agire leggero, basato sul sorriso ed il gioco, via via che si sviluppa l’intervento di recupero (dalla bassa all’alta soglia) si accompagna l’utente verso l’assunzione di responsabilità. Le relazioni umane sono alla base del nostro agire con i ragazzi, perché spesso sulla strada non c’è solo fame di soldi o di beni materiali, ma fame di relazioni umane positive. Nei processi di reintegrazione, ma anche in quelli pedagogici/formativi, la definizione e riconoscimento dei ruoli è fondamentale. Integrazione (in una società, un gruppo amicale o di lavoro) vuole dire avere coscienza del proprio ruolo e riconoscere a propria volta il ruolo degli altri, definendo la propria identità.

Giovani allievi a Bucarestfoto Ornella Mazzola

Quello di Parada non è un circo che si è avvicinato al sociale, ma il sociale che ha creato il proprio circo. Le attività artistiche sono parte integrante dei servizi di reinserimento ed assistenza, i  laboratori di circo e le tournée sono stati e sono delle tappe importanti, dei percorsi di presa in carico, sono uno strumento pedagogico di riappropriazione della propria identità da parte dei ragazzi. I nostri “istruttori” sono tutti ex ragazzi di strada, il circo per loro non è stato solo un’attività, ma un percorso di vita, perché l’attenzione non è sul risultato, ma sul viaggio che si compie, accompagnati, in una condivisione di esperienza, di relazione. In questo cammino si parte e ci si concentra non su teorie e metodi, ma su attività e percorsi empirici, di vita vissuta e di esperienze reali, è un accompagnamento alla riflessione e all’autoformazione, durante il quale si parte da situazioni estreme, la vita nei canali e sulla strada, per arrivare a riflessioni sulla società che ci circonda e su sé stessi. Attraverso il circo sociale affrontiamo In primo luogo i processi di formazione dell’identità e del rapporto con il mondo esterno, ma anche il rapporto tra desideri ed opportunità, le relazioni umane come base della crescita individuale, il potere della produzione del bello, la costruzione dei ruoli sociali  ed il potenziamento delle risorse individuali. Il circo sociale è uno strumento di un processo più ampio. Rappresenta il cambiamento di paradigma da spettatore ad attore della propria vita, è una disciplina più concreta e rapida rispetto ad altre discipline (è fondamentale per chi vive situazioni di esclusione ottenere risultati concreti in un tempo tangibile). Il fattore tempo è essenziale, di fatto uno dei punti cardini su cui lavorare nei processi di reinclusione sociale. 

Momenti di training a Bucarest – foto Franco Origlia per Intercampus

Ciò che produce cambiamento non è in sé il circo (laboratori, allenamenti, tecniche etc…), ma l’entrata sul palcoscenico, la rappresentazione a beneficio di altri. Il palcoscenico, lo spettacolo, permette l’inversione dei ruoli, sviluppa lo stimolo ad immedesimarsi nell’altro ed in vari tipi sociali. Le attività di circo devono essere fatte a partire dall’utente/partecipante stesso, che ne è l’attore principale, per restituire dignità, primo passaggio da cui si costruisce tutto il processo di cambiamento. Partecipare ad uno spettacolo vuol dire in primo luogo assumersi responsabilità verso sé stesso ed il resto della troupe (ma anche verso il pubblico). Assunzione di responsabilità significa riconoscere  il proprio sé in relazione al contesto ed agli altri. Partiamo dall’assunto che a determinare buona parte dei comportamenti e dell’agire sia il desiderio, non il mero bisogno. E di conseguenza il tempo che determina il nostro divenire non è il passato, ma il futuro. Spesso chi vive in situazione di deprivazione assoluta non ha altro che i propri sogni (desideri),ed è questo su cui bisogna lavorare, stimolare i sogni, ma facendo attenzione a come vengono maneggiati, proprio perché sono le uniche cose possedute bisogna trattarle con estrema cautela e rispetto.