di Nicola Campostori
Nicola Campostori è direttore scientifico di Open Circus, progetto di ricambio generazionale e diffusione della cultura circense creato da Circo e dintorni e sostenuto dal Ministero della Cultura. In questo articolo racconta le sue attività e come esse si sposino a una concezione “aperta” del circo sociale.
La grandissima diffusione del circo nei contesti più vari ha comportato anche un’espansione del perimetro del circo sociale, al cui interno oggi si possono far rientrare azioni differenti. Il successo delle tecniche circensi è andato di pari passo col riconoscimento del valore di questa forma espressiva come strumento che concorre al benessere psicofisico di chi la pratica. In questo senso, il circo è sociale in quanto produce meccanismi positivi in chiunque, non solo nei soggetti più svantaggiati (il target originale di questo tipo di attività): migliora la consapevolezza del proprio corpo, aumenta la fiducia in sé stessi, favorisce un rapporto con gli altri basato sulla collaborazione, stimola l’incontro tra identità e culture. Se si aggiunge
che l’arte, di per sé, è un’esperienza arricchente per chi la fa e per chi la fruisce, si può dire che il circo è un mezzo estremamente potente per costruire la propria persona all’interno della società.
Vi sono ovviamente realtà che si focalizzano su questi aspetti in maniera preponderante. È il caso di Open Circus, progetto di Circo e dintorni sostenuto dal Ministero della Cultura. Nato nel 2015 con lo scopo di favorire il ricambio generazionale nel settore e la diffusione della cultura circense, Open Circus ha svilup-
pato una concezione del circo sociale originale, basata sulla connessione con il mondo accademico, sulla capacità di far incontrare le varie declinazioni del circo (classico, contemporaneo, di regia, di strada) e sulla pervasività in contesti prestigiosi della filiera culturale quali atenei, centri di formazione, teatri, festival e appuntamenti rilevanti del live entertainment. Il cuore del progetto sono le Giornate di Studio sull’Arte Circense presso l’Università degli Studi di Milano che coinvolgono ogni anno decine di artisti, giornalisti, storici, professionisti di ogni genere provenienti da tutto il mondo e chiamati a dialogare fra loro e con gli studenti, futuri operatori del settore. Da questo evento si dirama poi una serie di attività che durano tutto l’anno. Workshop, incontri col pubblico, tavole rotonde, mostre dedicate allo spettacolo popolare. Nel tempo, Open Circus ha avvicinato al circo migliaia di persone nel mondo, la maggior parte delle quali giovani. Oltre tremila studenti universitari e altrettanti bambini e adolescenti hanno preso parte alle azioni del progetto, senza contare le migliaia di visitatori delle esposizioni e di partecipanti ai meeting e ai laboratori. La particolarità di queste forme di audience development consiste nel presentare il circo non solo come una forma artistica o di intrattenimento ma anche come un propulsore di istanze sociali, dalla cura dell’individuo all’arricchimento culturale di territori generalmente esclusi. Per farlo, Open Circus coinvolge spesso trainer e artisti internazionali, il cui percorso ha dirette connessioni col circo sociale.
È il caso dei performer provenienti da Sarakasi, un trust keniota fondato nel 2001 dall’alto funzionario
ONU Rudy Van Dijk e da sua moglie Marion Op het Veld con l’obiettivo di offrire uno strumento di aggregazione e di emancipazione alle persone provenienti da contesti svantaggiati (come le periferie di Nairobi), instillando un cambiamento positivo, con particolare attenzione ai giovani: Sarakasi lavora con centinaia di bambini e ragazzi in oltre dieci centri di formazione nella capitale keniota e nei suoi dintorni. Oltre a corsi di circo, danza e arti dello spettacolo, il trust offre ingaggi in patria e all’estero, professionalizzando i partecipanti e rendendoli indipendenti, e realizza progetti di circo sociale con target specifici: tra di essi, il Talanta training, che ha coinvolto artisti sordi e ciechi, Smiles for Change, che ha portato l’edutainment ai bambini ricoverati in ospedale e ai bambini negli istituti di pena, e l’Amani Lazima, avviato dopo le violenze post-elettorali avvenute in Kenya nel 2007/8 con lo scopo di includere bande giovanile, donne dei gruppi di auto-aiuto, bambini di strada in attività focalizzate sulla costruzione della pace attraverso l’arte. Con Circo e dintorni, Sarakasi ha partecipato anche a Youth Acrobata World, un progetto sostenuto dal programma Erasmus+ della Commissione Europea per la cooperazione nell’innovazione e nello scambio di buone pratiche nell’ambito del capacity building dei giovani. Si è trattato di un percorso formativo tenuto da docenti universitari e professionisti d’alto livello per
peratori giovanili di Kenya, Colombia e Italia che ha previsto periodi di residenza nel nostro paese durante i quali sono state fornite skills creative, imprenditoriali e pedagogiche per affrontare il moderno mercato del lavoro circense. Un altro gruppo con cui Open Circus è solito collaborare nell’ambito delle iniziative di circo sociale è il quartetto di mimi ucraini Dekru. Diretti dalla regista Liubov Cherepakhina, insegnante della rinomata Accademia di Varietà e Arti Circensi di Kiev, questi artisti accanto ai loro spettacoli propongono workshop di teatro fisico destinati ad un pubblico di tutte le età. L’arte del mimo riporta al centro il corpo delle persone e le relazioni che esso interallaccia con gli altri: scoprire il mondo significa scoprire sé stessi, e in un’epoca storica in cui le esperienze sono sempre più mediate risulta importante per il benessere personale riallacciare un legame fisico e diretto con la realtà. Il metodo pedagogico dei Dekru punta al raggiungimento di molteplici obiettivi quali la sicurezza in sé stessi, la conoscenza del proprio corpo, l’elasticità fisica e la flessibilità della mente, lo sviluppo dell’immaginazione e della sensibilità artistica. Dal 2022, quando la Russia ha invaso l’Ucraina avviando una guerra che dura tutt’ora, i Dekru risiedono in Italia grazie a un permesso speciale del Ministero della Cultura del loro paese; da allora hanno intensificato le attività laboratoriali.
Uno dei risultati più eclatanti è stato Capitali di pace, progetto di Mosaico Errante sostenuto dal MiC che nel 2023 ha realizzato un originale modello di creazione artistica per Brescia e Bergamo (in occasione della loro nomina a Capitale Italiana della Cultura) che ha coinvolto la cittadinanza, ed in particolare la comunità ucraina del territorio, i giovani e i soggetti con disabilità uditive. Un percorso comunitario di incontri e workshop finalizzato alla realizzazione di una performance di teatro fisico che ha esaltato il potere universale dell’arte di superare le barriere tra le persone costruendo ponti.
La filosofia che permea le attività di Open Circus è ben rappresentata dall’omonimo festival organizzato
ogni anno a San Donà di Piave. La rassegna è dedicata a Moira Orfei, che era molto legata a questa città del
Veneto, dove aveva sede il quartier generale del suo circo e dove aveva fissato la propria dimora. Giunto
alla sua quinta edizione, il festival ospita le migliori compagnie italiane e internazionali di circo e teatro di strada e presenta una ricca programmazione di workshop di discipline circensi, incontri con artisti provenienti da tutto il mondo, laboratori nelle scuole e coinvolgimento delle associazioni locali. Nel tempo, Open Circus ha attivato una rete molto fitta di rapporti con i principali stakeholder locali nell’ambito della cultura e della formazione. Tra questi, il Centro di Formazione Professionale Don Bosco di San Donà di Piave, punto di riferimento cittadino non solo nel campo dell’istruzione ma anche in quello della solidarietà. Come già sottolineato, l’approccio di questo festival al circo è emblematico: tutte le iniziative di Open Circus si fondano sulla convinzione che per rendere il circo davvero sociale bisogna far emergere e sottolineare in maniera innovativa i valori dei quali è foriero per natura, e che per rendere il circo sociale ancora più pervasivo si debba abbattere gli steccati di genere, trasformando ogni esperienza (uno spettacolo, una conferenza, un laboratorio) in un’occasione di crescita individuale e collettiva e in un’affermazione del potere trasformativo dell’arte. Aprire il circo, e aprire il circo sociale.