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Nené Huesca: “Un clown unico e irripetibile”

di Claudio Monti
Si ringraziano Sonny Corradi e Roberta “Titti” Huesca per le fotografie

Da sinistra: Enis Togni, Nené Huesca, Nani Colombaioni e Ilvana Miletti (foto famiglia Enis Togni)

Da sinistra: Enis Togni, Nené Huesca, Nani Colombaioni e Ilvana Miletti (foto famiglia Enis Togni)

Nené (Francesco) Huesca e Nani (Arnaldo) Colombaioni. Definirli il duo comico che forse più di ogni altro ha lasciato il segno sotto ai tendoni italiani – quando il clown era l’attrazione numero uno e non un riempitivo – non è una esagerazione. Secondo Enis Togni, dopo aver raggiunto certe vette il buon Dio ha rotto lo stampino e dunque di persone capaci di divertire come hanno fatto loro sulla pista di segatura non ne vedremo più. Due giganti. Ne affronteremo uno alla volta, partendo da Nené, che di recente ha tolto il suo sorriso a noi umani per portarlo altrove. Se è vero, come canta Renato Zero, che “i migliori anni della nostra vita” sono legati a momenti particolari, a parentesi più o meno lunghe, quelli di Nené possono essere ricostruiti con una certa facilità dai diretti protagonisti.
“Avevo 19 anni, mio padre si era diviso dai fratelli e aprivamo un nostro circo”, ricorda Enis Togni. Correva l’anno 1953. Il fratello di Enis, Bruno, era già stato a lavorare nel circo della famiglia di Nené e della sorella Giovanna, seppure per un breve periodo. Portava in pista leoni e cavalli. E così quando Ferdinando lasciò le redini del circo ai figli, fu immediato il pensiero di attingere a quel clown pieno di talento.
Nené Huesca

Nené Huesca

“Parlai con Nené e la sua risposta fu questa: ‘Da solo non me la sento di venire in un circo come il vostro, ma se viene anche Nani, accetto’. Arrivarono tutti e due”, ricorda Enis. E fu la svolta per il circo Togni.
“Devo dire che noi abbiamo fatto il motore ma Nené e Nani sono stati il magnete, hanno dato la scossa. Oltre ad essere due grandi comici, e a mio parere non ce ne sono più stati come loro, erano anche due persone umanamente eccezionali”. Enis Togni ricorda benissimo quegli anni, forse proprio per l’esperienza umana, prima che artistica, vissuta con Nené e Nani. Tutti giovanissimi e molto motivati, pionieri di un circo che si avviava a tagliare traguardi e successi.
“Nené aveva 31 anni e Nani due in più, erano bravissimi in pista e fuori, facevano tutto, ci hanno aiutato tantissimo, ci hanno dato la spinta per partire. Nani aveva anche una vena artistica non indifferente, sapeva dipingere benissimo, realizzò a mano delle splendide facciate per il nostro circo”, racconta Enis. “Nené non si tirava mai indietro, faceva tutto quello che c’era da fare e anche di più. Li avevamo ingaggiati per fare i Toni di serata ma ben presto diventarono il cuore dello spettacolo, erano le presenze più gettonate, anche perché facevano tre o quattro uscite per spettacolo e la gente veniva al circo per vedere loro. Il pubblico su una stessa piazza tornava più volte per loro”.
nene-huesca-togniAi tempi di clown ce n’erano molti. Anche dai Togni era così, “però Nani e Nené erano di un altro livello, classe superiore. Certe loro entrate sono passate alla storia: quella del barbiere, dei gatti, il numero coi leoni insieme a mio fratello Bruno – anche lui molto bravo – in gabbia e Nené fuori… sensazionali”. Enis Togni non è uno da iperboli ed enfatizzazioni, anzi, forse più che ad amplificare tende a ridurre. In più la clownerie non è mai stata la sua passione: “Certe entrate musicali non mi piacciono, anche se non potrei generalizzare perché, ad esempio, i Rastelli e Rudi Llata li ho apprezzati molto, anche se il mio numero preferito sono i volanti”. Ma per Nené e Nani, e in particolare per il primo, Enis ha sempre avuto la più alta considerazione. “Quando non c’era lui lo spettacolo era morto”.
Arrivarono al circo dei Togni provenienti da un piccolo complesso familiare, dove però la gavetta era una scuola di alta formazione, e quindi abbastanza sconosciuti. Ma ben presto molti circhi cominciarono a fare la corte a Nani e Nené per averli nei loro show. “Ricordo che Darix offrì loro il doppio della paga giornaliera che ricevevano da noi, e la risposta di Nené fu ‘io lavoro con la famiglia Nandino perché sono uno di loro, non per i soldi’, e infatti era davvero uno della nostra famiglia”, sottolinea Enis.
La family

La family

“Inizialmente è stato con noi quattro anni di seguito, poi noi andammo in Germania e Nené preferì rimanere in Italia”. Perché? “Un po’ perché all’epoca gli artisti italiani non amavano molto andare all’estero, e poi perché la figura artistica di Nené si basava molto sulla sua eccezionale parlantina, e dunque cambiando Paese questo aspetto avrebbe inciso. Insistemmo anche per portarlo con noi in Germania, ma lui non si fece convincere”.
Nené tornò con i Togni nel 75, quando aveva ormai superato i 50 anni.
Se si chiede a Enis di spiegare la ragione del successo di Nené e Nani, non ci pensa più di un secondo: “Si completavano a vicenda, anche per come erano fatti fisicamente e caratterialmente. Nani flemmatico, per via della mutilazione ad una gamba che aveva portato a casa dalla guerra, Nené tutto scatti e parlantina. Era un metro e 55 di nervi. E a mio parere anche il terzetto con Bruno ha funzionato bene”. Il costume di Nani era un sacco di iuta, mentre Nené indossava abiti esageratamente grandi. Sembra che davanti agli occhi di Enis scorrano le immagini di quei giorni, tanto sono vivi i ricordi.
Nené nella parodia del domatore

Nené nella parodia del domatore

Sorride di gusto quando descrive la parodia del domatore, uno dei capolavori di Nené: “Bruno stava in gabbia e Nené fuori, mio fratello faceva sedere il leone e Nené gli prendeva la coda, a quel punto il felino ruggiva e Nené dalla paura faceva un salto mortale e cadeva”. La mimica faceva il resto e il pubblico si spanciava dal ridere. Oppure: “Io e i miei fratelli facevamo i volanti, ad un certo punto entrava in pista Nené e voleva salire. Da questo semplice spunto imbastiva un numero di dieci minuti, piacevolissimo”. Oppure il numero a cavallo, perché Nené fu anche un ottimo cavallerizzo: in pista una giovane impegnata col jockey, Nené spuntava dalle tribune e cominciava a dire:
Con Eduardo De Filippo

Con Eduardo De Filippo

“Voglio andare con lei, voglio vederle le gambe da vicino”. Entrava in gioco Bruno che cercava di farlo desistere, alla fine Nené entrava in pista ed era un crescendo di battute, poi saliva sul cavallo e iniziava a togliersi i gilet, una ventina. “Il numero si chiamava il paesano”, dice Enis Togni. Il segreto del successo? La capacità di essere straordinari nell’ordinario. “Ogni giorno ripetevano gli stessi numeri ma lo facevano in maniera diversa e, soprattutto, divertendosi prima di tutto loro, Nené e Nani divertivano perché si divertivano prima di tutto loro”.
Alla conversazione si unisce anche Flavio Togni: “Ho conosciuto Nené nel 75, durante la tournée col nostro circo Billy Smart, da Mantova a Brescia, dove gli Huesca hanno fatto la stagione. Cosa ha rappresentato Nené per la nostra famiglia? Tantissimo. Lui ha sempre detto che gli anni più belli della sua vita li ha passati con noi, ma io devo dire che la nostra famiglia ha ricordi indelebili e meravigliosi di Nené”.
nene-huesca-zirkusE’ sempre difficile fare classifiche, ma alla domanda “dove colloca Nené fra tutti i clown che sono passati nei circhi della famiglia Togni”, Enis risponde così: “Da noi sono passati i più bravi, ma lui è stato il numero uno”. E aggiunge: “Saremo sempre riconoscenti a Nani e Nené, se all’inizio non ci fossero stati loro non saremmo diventati il circo che siamo oggi. Ci hanno dato una grande spinta”. Conclude Falvio Togni: “Nani e Nené sono cresciuti nei piccoli circhi, anzi ancor prima nelle “postegge”, perché proponevano i loro spettacolini nelle osterie, quindi si sono formati in un rapporto diretto con la gente. Nel circo avevano una tale familiarità col pubblico che si instaurava una sorta di dialogo a suon di battute, avevano una padronanza della pista e un feeling col pubblico che oggi non si vedono più, basato sulla spontaneità”. Chi fra i clown di oggi somiglia di più a questi due clown 24 carati? “Penso i Fumagalli”, risponde Flavio, “che più si rifanno al modello del clown vecchia maniera”.

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