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Moira Orfei Junior: dai salti mortali all’università

di Ahara Bischoff

Moira Orfei Junior con il premio speciale della famiglia, assegnato a Leosvel e Diosmani (foto Flavio Michi)
Il massimo riconoscimento per un circense è senz’altro vincere una delle statuette a forma di clown che rappresentano il simbolo del Festival Internazionale del Circo, tenutosi proprio questi giorni a Monte Carlo. Il fatto di essere chiamato a esibirsi sotto allo chapiteau de Fontvieille, respirando l’aria mondana di questa prestigiosa rassegna e portandosi a casa magari uno degli ambitissimi premi è per un artista circense spesso il culmine della propria carriera. Le probabilità per i partecipanti di ricevere un premio non sono basse, visto che al di là dei trofei clowneschi esistono molti altri cosiddetti “premi speciali” che vengono consegnati dai circhi e dalle riviste del settore per riconoscere una qualche particolare difficoltà, eleganza o organizzazione del numero.
Anche il circo Moira Orfei da parecchio tempo manda un inviato della famiglia a scegliere il numero più considerevole e a consegnare il proprio premio speciale alla serata di gala. Quest’anno è toccato alla giovane Moira Orfei Junior, nipote della famosa Moira, sua nonna. L’abbiamo incontrata all’hotel Fairmont, luogo dove per tradizione la sera della domenica si tiene l’assegnazione dei premi speciali.
Gli ambiti premi di Montecarlo in attesa della cerimonia ufficiale (foto Ahara Bischoff)
Moira, all’età di 19 anni, è il prototipo di una nuova generazione circense che sta per cambiare le vecchie gerarchie ed abitudini. Ha appena intrapreso il percorso universitario e riesce a collegare due mondi assai diversi, quello della mera capacità fisica con quello dell’abilità universitaria portandoli a una mai conosciuta armonia.
Moira, cosa fai qui a Monte Carlo?
A Monte Carlo sono venuta principalmente a consegnare il premio di mia nonna alla serata di gala, poi a vedere gli spettacoli e a visitare la città. Ci vengo volentieri tutti gli anni con i miei genitori o con mio zio Stefano, già da quando ero piccola. Quest’anno sono arrivata però da sola da Milano.
La giovane Moira in pista (foto Giovanni Lagorio)
Ci racconti come hai iniziato nel circo?
A provare ho iniziato all’età di quattro anni facendo acrobazia come agile con mio padre, lui mi ha insegnato tutto quello che so. Più tardi ho fatto mano a mano come porteur con mio fratello Walter Junior. Quando avevo sei anni, ho debuttato in pista. Dicevano che sarei stata pronta anche prima a lavorare, però penso che sei anni sia l’età giusta, prima è troppo presto. Poi quando “Walterino” è cresciuto, ho cominciato a fare l’hula hoop, senza pensarci tanto. Lì le basi mi sono state insegnate soprattutto da mia cugina Tiziana che è stata una delle prime italiane a specializzarsi in questa disciplina. A dire la verità quando ero piccola l’hula hoop non lo volevo fare, anzi, non mi piaceva proprio. Ma ho pensato a provare e a prendermi qualche ispirazione dalle artiste russe e ucraine, che ritengo le migliori in questo campo. E da lì è nata poi la passione.
Com’è stato il passaggio dall’acrobazia all’hula hoop?
L’hula hoop richiede un altro tipo di preparazione e di concentrazione rispetto all’acrobazia e al lavorare in due e soprattutto nel mio primo anno di prove ho sentito molto questa differenza. Il numero è però anche impostato sulle verticali, sul contorsionismo e sulle spaccate e infine uno si abitua. Adesso però che mio fratello è diventato così grande potrei anche immaginare di ritornare all’acrobazia a fare l’agile. È un po’ come andare in bicicletta, una volta che tieni in allenamento le verticali, non le disimpari mai.
Foto Ahara Bischoff
Il circo di Moira Orfei è stato il primo circo italiano a vincere il Clown d’Oro con il numero di tigri di tuo zio Massimiliano Nones nel 1987. In questa 37a edizione del festival tocca a te consegnare il premio speciale di tua nonna. Anche tu sogni di esibirti un giorno davanti alla famiglia reale monegasca?
Lo desidero da tanto tempo, avevo pensato di partecipare quando ho lavorato ancora piccolina con mio padre e con Walter. Però poi non si è concretizzata l’occasione e adesso con l’hula hoop devo vedere. A dire la verità avrei preferito andarci con qualche numero acrobatico, perché ci sono più affezionata. L’ho fatto per tanti anni e quindi mi sento più a mio agio. L’hula hoop me lo lascerei più come cosa bella, originale, anche perché in tutte le ben 14 volte che sono stata al festival di Monte Carlo non ho mai visto un numero di hula hoop.
Come mai hai deciso di trasferirti a Milano?
Mi sono trasferita a Milano a settembre per fare un corso di laurea triennale all’Università Cattolica. E proprio in questi due mesi non ci sono lezioni vere e proprie, ma devo dare i miei primi esami. Adesso in questa stagione invernale ne ho quattro e poi a giugno sei.
Foto Ahara Bischoff
Che cosa studi di preciso?
Lingue e relazioni internazionali, concentrandomi sul russo e sull’inglese. L’anno prossimo vedrò se iniziare anche il francese, oppure approfondire una di queste due lingue. Per ora mi trovo molto bene alla Cattolica, mi piacciono la vita universitaria, la città, il mio appartamento, dove vivo da sola.
Quando sei a Milano, dove ti alleni, hai qualche posto per fare le prove?
No, per il momento non ho ancora trovato una palestra, qualcosa dove stare. Mi alleno un po’ a casa per quanto riguarda lo stretching. Invece per l’hula hoop, dove ho bisogno di spazio, torno a casa nel fine settimana. Adesso, per esempio, ci sono appena state le festività natalizie, quindi ne ho approfittato e ho fatto una settimana non-stop di hula hoop. Riesco a tenermi in forma, anche non allenandomi così spesso. Ormai sono già quattro mesi che ho questo ritmo e va bene così. Alla fine non è come il mano a mano, lì bisogna provare tutti i giorni regolarmente con il partner, invece con l’hula hoop sono molto più autonoma.
Foto Ahara Bischoff
Per un’artista professionista come te è abbastanza particolare dedicare il proprio tempo libero agli studi universitari. Sai già che cosa vorresti fare nel futuro?
Ancora una decisione precisa non l’ho presa, ma vorrei cercare di seguire tutte e due le direzioni. Ci sono momenti in cui mi sento molto più artista, ma esistono anche periodi in cui mi sento più studentessa. Lo studio alla fine ti apre diverse porte, potrei andare a lavorare in qualche agenzia internazionale all’estero. Per esempio, essendo metà russa mi piacerebbe lavorare lì in un’azienda di moda. Infatti, fino a maggio ero indecisa se seguire in università un corso di lingue, di giurisprudenza o andare ad un’accademia specialistica di moda. Ma la scelta di trasferirmi a Milano era proprio dovuta al fatto che una delle mie passioni è la moda. In futuro, chissà, mi piacerebbe trovare la maniera per conciliare queste due grandi passioni: il circo e la moda. Per il momento penso a studiare e provare.

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