Fine anni Settanta in Tunisia, il mio primo incontro con il Sahara. Di colpo, le migliaia di fotografie del deserto viste su libri e giornali diventano carta straccia. Qui è l’incantesimo che non avresti pensato mai. E lo è, poi mi accorgo, anche per i cammellieri che intervisto pur se avvezzi tutti i giorni a godere la luce di queste dune. Uno mi confida che si era recato una volta a Tunisi, per cavarsi il gusto di vedere la capitale, ma dopo un paio di giorni era fuggito. “Sahara! Sahara!” Viene spontaneo pensare che, in un paesaggio pieno di tende, il tendone del circo possa trovare una sua collocazione naturale. Ma leggo sul Corriere della Sera che il Circo Bellucci, lì, è in difficoltà e allora penso all’altra faccia della Tunisia che avevo in quella occasione conosciuto. Penso a una sera che poteva essere tranquilla e non lo fu perchè, in un locale pubblico dove si parlava in allegria e c’era anche musica ballabile, uno del posto si avvicinò a una mia collega giornalista e le sussurrò qualcosa. Qualcosa che poi la collega mi riferì ridacchiando, quasi lusingata: quel signore col barracano le aveva detto che possedeva 20 cammelli e sarebbero stati suoi se lei…Ma non c’era molto da ridere, e tutto finì con una sfuriata in arabo della nostra guida con l’importuno e una prudenziale fuoriuscita di tutti noi della stampa. E penso anche a un altro giorno, in cui un collega – con scarsa opportunità – si era preso il gusto di scherzare con la nostra guida su temi proibiti. “Guarda che ti ho sentito parlar male di Burguiba! Se non fai il bravo glielo dico…” (Burguiba, lo ricordo, era il capo allora indiscusso della Tunisia prima dell’attuale che ora è stato a sua volta detronizzato). L’abituale sorriso sparì di colpo. “Non devi dire queste cose neanche per scherzo. Voi italiani avete la democrazia e non potete capire. Qui è diverso!” E già, noi abbiamo la democrazia pur se la maltrattiamo ogni giorno fino a farne immondizia, mentre anche in quella zona d’Africa che appare più evoluta, se non altro perchè molto aperta al turismo, la situazione è tuttora ben diversa. E così accade che pure un manifesto di internazionalità quale è l’arte circense possa trovarsi, in momenti di ebollizione, in situazione di disagio. C’è ancora tanto e tanto da lavorare, in questa direzione, anche se mantengo la convinzione che il circo, portatore di una bandiera d’internazionalità, non potrà mancare neppure in futuro di tener fede al suo ruolo.
Ruggero Leonardi