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Lady Burlesque non balla il bunga bunga

Dita Von Teese

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La parola è stata sotto i riflettori della cronaca politica recente, non ci si può esimere dal dedicare qualche pensiero alla questione. Tanto più che il genere del Burlesque, intrattenimento a metà tra teatro, danza e performance erotica, è tornato in auge negli ultimi anni. In particolare il 2010 è stato un anno d’oro per il burlesque, anno di uscita del film diretto da Steven Antin e interpretato da Cher e Christina Aguilera e della partecipazione a Sanremo dell’elegante e sensuale Dita von Teese (pseudonimo di Heather Renée Sweet), star acclamata e icona fashion con un cognome scelto dall’elenco telefonico e un nome d’arte ispirato all’attrice degli anni Quaranta Dita Parlo.
Il burlesque che piace a noi non è propriamente quello dei festini (più reali che presunti oramai) di Arcore. Piuttosto proprio il cabaret dell’americana Dita. Lontano dalla volgarità che rischia di insinuarsi nell’immaginario comune a causa del recente abuso del termine, il “neo-burlesque” della Von Teese sembra rifarsi all’arte antica della seduzione, che evoca le cerimonie del tè delle geishe giapponesi: ogni movimento è infatti curato nel minimo dettaglio e anche solo sfilarsi un guanto diventa un gesto rituale pregno di significato.
Non bisogna stupirsi nel vederla in punta di piedi come una vera etoile da repertorio classico vestita di rosso come l’“Uccello di Fuoco” musicato da Stravinskij e coreografato da Fokine. Dita ha studiato danza classica da bambina, ed è per questo che in un suo spettacolo balla sulle punte. Ma la vediamo più spesso, in alcuni dei suoi celebri show, immergersi in una coppa di champagne, o di Martini da vera pin-up, danzare circondata di piume, uscire da un gigantesco vasetto di cipria, duettare con la luna, esibirsi coperta solo di diamanti, il tutto con inconfondibile eleganza, ispirata allo stile retrò delle dive del cinema in bianco e nero.
Pensate ancora solo a spogliarelli e lapdance? Siete fuori strada. Il burlesque ha una storia di tutto rispetto.

Lydia Thompson

L’origine etimologica del termine risale alla parola spagnola “burla”, che significa appunto “scherzo”, e in origine designava un componimento comico di intenti satirici (in prosa o versi) di epoca rinascimentale. A metà del 1800 il burlesque diventò nell’Inghilterra vittoriana uno spettacolo che si prendeva gioco delle abitudini e dei vizi dell’aristocrazia. Vere e proprie parodie di opere e commedie del tempo, in una sorta di tradizione carnevalesca sui generis delle dionisiache greche e dei saturnali romani.
In un’epoca in cui le donne per bene nascondevano le forme in busti, corsetti e balze, l’idea di giovani donne sul palco solo con i collant rappresentò una vera sfida e questo genere di performance fu considerato culturalmente significativo nell’attirare l’attenzione sul ruolo della donna nella società del tempo.
Alla fine degli anni Sessanta del XIX secolo la troupe della famosa ballerina Lydia Thompson, “the British Blondes”, sbarcò a New York e spopolò a Broadway con Ixion, spettacolo che portava in scena donne poco vestite che interpretavano i ruoli maschili, rivendicando forse l’impossibilità di recitare per il gentil sesso nel teatro elisabettiano. Non si sa, si sa che fece scandalo e segnò l’inizio del successo del genere.
La moda, esauritasi negli anni Venti del Novecento nonostante l’introduzione postuma nello show dello striptease, nel tentativo di proporre qualcosa che radio, cinema e vaudeville non potessero eguagliare, riesplode negli anni Sessanta e, più di recente, negli anni Novanta.
Le scuole di burlesque sono spuntate come funghi anche in Italia, col proposito di far sentire le donne una Dita von Teese per un giorno, o forse per una notte. Eventi, feste, concorsi e gare, di tutto e di più per brindare alle piume e ai tacchi a spillo. French cuisine, giardinaggio e yoga sono andati in pensione per lasciare spazio a corsi di pin up e can can, come alla scuola di Rimini di Nina Lux, dove “esplorerete la vostra grazia e la vostra eleganza, la vostra armonia ed il vostro fascino (…) senza mai dimenticare il sorriso ed il gusto del gioco. (…) Scoprirete come la vostra natura più seducente, ammaliante, provocante e sexy verrà valorizzata in quella atmosfera scherzosa e giocosa che solo la meravigliosa arte del burlesque riesce a creare”.
O ancora in quella di Milano di Mitzi von Wolfgang, fondata nel 2008, dove si può addirittura frequentare un corso di “Bond girl”: scommetto che non dispiacerebbe ai consorti di sesso maschile, mediamente fan accaniti di 007.
Casalinghe (e non) di tutto il mondo, unitevi e dedicatevi a questa danza sensuale per immergervi nella scoperta (o riscoperta per qualcuna) della propria bellezza e femminilità. Lasciatevi ammaliare da questa atmosfera d’altri tempi, e spogliatevi come una novella Sophia Loren di fronte a colui che sembrerà il vostro Mastroianni per una notte.
Mi raccomando, però, che sia nello stile burlesque di cui avete letto qui.
Alessandra Borella

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