Skip to content Skip to footer

L’Accademia di Verona fra le eccellenze del mondo

Viviana Rossi (anche nella foto in home page)
Le cirque dans l’univers (numero speciale di novembre) ha dedicato una approfondita analisi al meglio delle scuole del circo operanti nel mondo. In particolare, Raffaele De Ritis ha tracciato un documentato ritratto dell’Accademia d’Arte Circense, unica realtà italiana inserita nella panoramica delle eccellenze formative riservate alle nuove generazioni della pista. Un ringraziamento a De Ritis e al direttore della rivista francese, Christian Hamel, che ci ha consentito di pubblicare la traduzione italiana del servizio.
L’Accademia di Verona, fondata, presieduta e gestita dal presidente Palmiri, diretta da Andrea Togni, sarà presente con ben tre allievi a Monte Carlo: Viviana Rossi, che parteciperà alla nuova manifestazione in programma dal 3 al 5 febbraio, New Generation, e Katie e Quincy Santos, le Azzario Sisters, inserite nel programma del festival e anche loro formatesi sotto allo chapiteau dell’Accademia. E’ un evento importante ma non eccezionale. L’Accademia è già salita più volte sul podio del prestigiosissimo festival monegasco con i fratelli Errani, i Peres e i Casartelli. Una storia di successi (che peraltro non si limitano al solo evento di Montecarlo) che fa onore al circo italiano. (c.m.)

>

di Raffaele De Ritis

Se la formazione circense “all’italiana” si é distinta nei secoli per la trasmissione familare, complice la mitologia della Commedia dell’Arte, fondamento alle famiglie-scuola italiane che nel XVII secolo legittimano un primo modello pedagogico nella vita teatrale urbana dell’età moderna, prima ancora della nascita del circo: attorno al 1750, i Grimaldi a Londra e i Chiarini a Parigi sono già esempi prestigiosi di artisti-maestri. Ma la formazione italiana si afferma anche fuori dalle famiglie d’arte: basta sfogliare l’ormai rarissimo “Acrobatica e Atletica” di Alberto Zucca (1902) per notare che a cavallo tra i secoli XVIII e XIX, la penisola vantava un numero importante di ginnasii e scuole specializzate nella formazione acrobatica, in grado di distribuire troupes nei più grandi circhi e teatri del mondo. La nascita della cultura fisica e del tempo libero aveva generato in Italia un vero e proprio movimento di formazione e “nuovo circo” ante litteram, che lo stesso Zucca ha cura di trattare in modo nettamente separato dalle vicende delle famiglie itineranti di tradizione. Negli stessi anni, le prime dinastie del circo vivevano la decisiva trasformazione da “saltimbanchi” ad artisti organizzati, gradualmente affinando i propri metodi didattici a contatto con le professionalità e le logiche artistiche del mercato planetario dello spettacolo, e raggiungendo presto una conseguente legittimità sociale.

Viviana Rossi
Il mondo confortevole dei circhi stabili e del music-hall favoriva una scansione del tempo tra spettacoli e preparazione, stimolando una vera e propria genesi di “famiglie-scuola”: a partire dagli anni ’10, l’arrivo a Parigi, a S.Pietroburgo, a Berlino o a Londra delle famiglie d’arte Fratellini, poi Medini, Zavatta Biasini o Caroli (per citare solo i più antichi e numerosi) afferma vere e proprie “classi itineranti” con decine tra figli e nipoti, e più di un maestro nel gruppo. Questo sistema entra in crisi profonda poco dopo il 1970: la morte del circuito stabile internazionale e la crisi dei tendoni, dissolvono le famiglie, molte delle quali riducono la vita artistica per montare propri tendoni: e nelle nuove generazioni la vita del viaggio prevale su quella in pista, creando la quasi totale estinzione di un sistema. Le famiglie Caroli e Larible al circo Krone, l’ensemble del Circo Americano Togni, l’espansione singolare dei Casartelli e del ramo spagnolo dei Rossi sono alcuni tra gli ultimi esempi italiani di grandi famiglie-scuola, sempre piu’ rare. I direttori italiani del dopoguerra erano coscienti dell’estinzione di questa cultura: quando nel 1968 lo Stato italiano promulga la prima legge al mondo sul circo, seppur essa non contiene princìpi inerenti la formazione, Darix Togni, Orlando Orfei e soprattutto Egidio Palmiri si pongono seriamente il problema della scuola nei rapporti con stampa e istituzioni, mentre le prime tournées in Italia di circhi cinesi e russi evidenziavano i miracoli della pedagogia di circo. Sarà Palmiri che, abbandonata prematuramente l’attività circense per quella corporativa, perseguirà il miraggio per venti anni.
Nel 1988 (cinque anni dopo il primo modello europeo di scuola statale di circo, il CNAC a Chalons-en-Champagne, in Francia), l’”Accademia del Circo” di Verona nasce: non come volontà istituzionale, ma in quanto iniziativa della corporazione circense con il supporto delle istituzioni. E’ con reale entusiasmo che i circensi italiani uniscono i propri sforzi, anche economici, costituendosi in una fondazione, anche con l’aiuto del veronese Antonio Giarola. Enis e Willy Togni concedono uno degli hangar e alcune carovane del proprio quartiere d’inverno, e il Ministero dello Spettacolo un contributo annuale nella legge per “attività assistenziali e promozionali” (a oggi non esiste ancora in Italia un dispositivo legislativo per la formazione circense, sempre piu’ diffusa lungo la penisola). Palmiri ne è direttore, dedicando con passione le proprie attenzioni ad ogni singolo allievo e insegnante, e concentrando la responsabilità amministrativa e pedagogica: la sua visione di disciplina e didattica è distante dai modelli attuali di formazione, ma efficace e accessibile alla mentalità delle famiglie circensi che gli affidano con fiducia la propria prole.
La natura e le necessità di questa scuola sono diverse rispetto ad altri esempi: essa nasce garantendo allo stesso tempo una alfabetizzazione stabile e una trasmissione del sapere artistico ai figli del circo, per quanto aperta a chiunque. La durata del corso di studi è infatti parallela a quella della scuola dell’obbligo: al mattino i ragazzi frequentano le scuole cittadine, al pomeriggio i corsi di circo.L’inaugurazione arriva in un momento storico in cui i più grandi circhi italiani (investitori del progetto) si trovano con una numerosa prole da educare. E’ infine in Italia che trova parziale esaltazione l’utopia progenitrice di Annie Fratellini: se la pioniera della pedagogia circense europea aveva introdotto il modello di anziani maestri del circo che insegnano ai giovani, qui queste nuove generazioni sono rappresentate da allievi che hanno già il circo nel sangue, creando una preziosa alchimia di parentele e complicità familiari tra discepoli e maestri: quasi un ecosistema del sapere circense.
Andrea Togni (di spalle) durante un saggio dell'Accademia
Nel 1990 la scuola si trasferisce a Cesenatico, sulla costa Adriatica felliniana, dove un edificio è oggetto di una imponente ristrutturazione, capace di dormitori e infrastutture di servizio. Vi si trovano allievi a partire da 7-8 anni di età, e negli spettacoli di fine d’anno le ricche piramidi di bambini ricordano quelle del circo del Los Muchachos dello spagnolo Padre Silva, di recente scomparso. Un ulteriore trasferimento avviene nel 2004 a Verona, ancora con infrastrutture dei Togni, nella ex centrale del latte, con carovane e containers, dove la direzione della scuola è stata assunta con passione Andrea Togni, figlio del grande Bruno che, già fuoriclasse in pista e fuori, rivela un notevole talento in tale nuovo onere. Dalla sua fondazione, la scuola ha diplomato circa un centinaio di allievi: buona parte di essi, pur essendo di famiglia circense, mai avrebbe raggiunto risultati artistici senza l’Accademia. In una originale simbiosi tra maestri italiani e dell’Est europeo, la scuola ha rivalutato discipline proprie della penisola: si é ad esempio recuperata una generazione al trapezio volante; eredi di famiglie celebri hanno goduto di una formazione importante nelle tecniche aeree, nei numeri di equilibrio e nella giocoleria (Willy Colombaioni) o mano a mano (Royal brothers); è poi rinata una tradizione scomparsa in Italia come quella dei giochi icariani: Errani, Bello/Steven brothers, Guidi, Huesca sono oggi standard mondiali. E’ stata restituita la propedeutica della danza classica, base che nel dopoguerra era sparita dal bagaglio dei circensi tradizionali; e attrazioni come i Perez Bros., attraverso lo stile dei loro insegnanti, hanno generato una inusuale scuola acrobatica italo-russa.
Maycol e Guido Errani con Stephanie di Monaco
Ma oltre alle soddisfazioni di tre Clown d’Oro e uno d’Argento a Monte Carlo, la scuola può essere orgogliosa di aver dato una scolarità regolare ad una generazione di circensi, in un’epoca in cui nel circo tradizionale europeo l’istruzione e l’accesso al sapere erano ancora modeste.
A Verona, l’Accademia fa strategicamente parte di una specie di torre di controllo della corporazione del circo italiano di tradizione: vi hanno infatti sede (oltre al Circo Americano Togni) l’Ente Nazionale Circhi, la rivista Circo, il sempre più ricco Centro di Documentazione e agenzie di consulenza amministrativa per i circhi. Tale blocco, variamente sovvenzionato dal Ministero della Cultura (la sola Accademia ha ricevuto nel 2010 480.000 euro), rafforza la visibilità istituzionale degli operatori circensi, e dovrebbe presto stabilizzarsi in un importante piano. Palmiri ha infatti rilevato a Verona un terreno per il quale esiste un progetto concreto di scuola, circo stabile di 38 metri e museo del circo. Nel frattempo, per i corsi 2011-2012, sono stati ammessi 23 allievi a tempo pieno (ma per molte domande non c’è spazio) e una sessantina di frequentanti dei corsi a tempo libero, bambini e adulti.
I Peres
Se come per molte scuole il livello delle varie promozioni è stato ineguale, di certo l’operazione ha avuto un senso in un momento storico del circo italiano. Nel frattempo si sono imposti nuovi modelli, dalla proliferazione di scuole ricreative a quelle superiori professionali già prestigiose, come la Vertigo e la Flic di Torino, le due sole italiane rappresentate nella federazione internazionale delle scuole di circo. Una nuova auspicabile fase dell’Accademia sarebbe quelle di unire l’eccezionale capacità di preparazione classica ai parametri ormai ben codificati della pedagogia circense occidentale. Questo sarebbe possibile passando dalla logica di fabbricazione di numeri “di mestiere” (spesso di clonazione, di logica quasi orientale) alla formazione di personalità artistiche, con l’apertura al mondo delle altre arti: verso una coscienza autonoma di interpreti, per dirla con Annie Fratellini, “guidati da una qualche ispirazione”. Sarebbe una vera scuola d’arte, e unica al mondo.