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La verità su circhi e animali: l’Enc scrive al presidente Renzi, a Franceschini e a 25 senatori

Con atto ispettivo n° 1-00258, 25 senatori chiedono, fra le altre cose, “il superamento di circhi e spettacoli viaggianti che utilizzano animali”, per arrivare all’azzeramento dei (già miseri) contributi ai circhi nel 2018. Nel contempo, però, ulteriori denari dovrebbero essere distribuiti alle associazioni animaliste. Quella che segue è la lettera che il presidente Enc, Antonio Buccioni, ha invato oggi ai senatori, al ministro Franceschini e al presidente del Consiglio dei ministri, Matteo Renzi.

Ai Senatori AMATI, ALICATA, BONDI, BONFRISCO, CIRINNA’, COCIANCICH, COMPAGNA, DE CRISTOFARO, DE PETRIS, FABBRI, FISSORE, GRANAIOLA, LIUZZI, MATTESINI, MAZZONI, MERLONI, PETRAGLIA, PEZZOPANE, PUPPATO, REPETTI, SCHIFANI, SILVESTRO, SPILABOTTE, VALENTINI, SCOMA

Al Ministro dei Beni, Attività Culturali e Turismo Dario Franceschini

Al Presidente del Consiglio dei Ministri Matteo Renzi

Oggetto: Legislatura 17 Atto di Sindacato Ispettivo n° 1-00258 Testo 4 (Riformulazione del n. 1-00258). Pubblicato il 15 aprile 2015, nella seduta n. 430

Il presidente Antonio Buccioni (foto Flavio Michi)

Il presidente Antonio Buccioni (foto Flavio Michi)

Abbiamo letto con particolare attenzione, e con motivi di preoccupazione, per le ragioni che andremo ad enucleare, l’Atto di Sindacato Ispettivo di cui all’oggetto.
In premessa desideriamo evidenziare di condividere l’attenzione non formale nei confronti degli animali, componente naturale della nostra vita, prima che ancora che dell’attività che svolgiamo.
Vogliamo anzitutto esprimere il punto di vista della categoria che rappresenta il Circo in Italia in merito ai punti 18 e 19 del predetto Atto di Sindacato Ispettivo.

Relativamente al punto 18, riteniamo che sia nostro dovere informare le Autorità in indirizzo sulla reale problematica costituita dagli animali presenti nei circhi, in quanto constatiamo come la conoscenza della materia non risulti affatto scontata e men che meno approfondita. Vorremmo pertanto circostanziare alcune verità.

A noi sembra che in un’Italia così pregna di problemi colossali, che vanno dalla mancanza del lavoro per milioni di giovani alla crisi che continua ad attanagliare imprese e famiglie, passando per la violenza sulle donne e il dramma dell’immigrazione, il dibattito sulla presenza degli animali nei circhi possa ormai essere catalogato in una deplorevole disputa di carattere ideologico, che promana spesso da finalità incoffesabili ma – come spiegheremo – purtroppo assai chiare, che hanno a che fare col sostegno ad una lobby animalista che, a differenza di imprese e famiglie, continua ad accumulare ricchezze.

Il primo dato è di tipo dimensionale. Quando si parla di animali presenti nei circhi oggi, si deve fare riferimento ad un numero compreso fra 1500 e 2000 esemplari, di cui un terzo equini e non specie esotiche. Sarebbe sufficiente questo numero a dimostrare la sproporzionata attenzione data al tema, ben sapendo che sono intorno ai 50 milioni in Italia gli animali che si interfacciano con l’uomo e che vivono in appartamenti, allevamenti, maneggi ecc., spesso totalmente privi di controlli e causa di numerosi incidenti, domestici e non, mortali o comunque con gravi conseguenze su bambini e adulti.

Il mondo del circo, con eccezionale impegno organizzativo ed economico, ha compiuto, motu proprio, un cammino che lo ha portato negli ultimi 30 anni a selezionare drasticamente la presenza degli animali sia nel numero e sia nella tipologia. I famosi serragli composti da migliaia di esemplari sono un ricordo che risale ai due secoli precedenti e ormai da tempo mitologia pura.
Il mondo del circo ha anche scelto diversi decenni fa di dismettere specie come i primati e gli orsi, riducendo all’essenziale la presenza animale nell’ambito degli spettacoli. Con un ulteriore moto evolutivo, l’applicazione di normative internazionali condurrà fatalmente a conclusione naturale la presenza di emblemi autentici del circo classico, valga per tutti l’esempio degli elefanti.

L’Ente Nazionale Circhi, che rappresenta le imprese circensi italiane nel loro complesso, si è posto da sempre a ostinata difesa di sacrosanti principi, per un verso costituzionali, a difesa del diritto al lavoro, alla libertà di espressione e segnatamente alla libertà di espressione artistica, di cui l’esibizione con animali è parte integrante e qualificante, e la tutela del diritto di attività economica, a cui si aggiunge a livello di principio, addirittura al di sopra della Costituzione, la difesa e la resistenza democratica del sacrosanto principio di autodeterminazione nelle scelte artistiche dell’operatore culturale (tale è e rimane un artista circense anche impegnato nella ideazione e realizzazione di performance con l’ausilio degli animali) e del pubblico che liberamente frequenta il circo.

Alcune tipologie dello spettacolo di cui l’Italia si è giustamente vantata in passato per la qualità del prodotto, come l’Avanspettacolo, la Rivista, il Varietà, i Teatri viaggianti, hanno esaurito la loro funzione non avendo più riscontri economici adeguati alla sopravvivenza delle imprese che detti spettacoli realizzavano. Al contrario, il Circo vive pressoché esclusivamente grazie ad un pubblico che lo ama e lo frequenta, esigendo nella integralità dei suoi frequentatori la presenza degli animali. Eliminarli dietro la spinta di una parte dell’opinione pubblica, quella cioè che non è mai andata al circo, non amandolo, che finirebbe per prevaricare i liberi frequentatori dei circhi, determinerebbe una logica del tutto errata. Sarebbe come dire che se a qualcuno non piace che gli animali da compagnia frequentino parchi e mezzi pubblici, tali pratiche debbano essere vietate a tutti.

Quanto al tema dei contributi pubblici va segnalato che l’investimento complessivo dello Stato e degli Enti Locali in materia di spettacolo risulta desolatamente inadeguato alla tradizione e alla realtà della fenomenologia nel nostro Paese. In detto ambito da sempre lo stanziamento nei confronti del Circo si colloca ben al di sotto della soglia minima della decenza, con una tendenza nefasta alla continua riduzione che ha portato nel 2015 la Consulta per i problemi dello Spettacolo a destinare l’1,1% del FUS a questo settore, percentuale che deve poi essere divisa con lo Spettacolo Viaggiante, dove i fondi sono destinati all’acquisto e al ripristino di attrezzature quali, esemplificatamente parlando, montagne russe e autoscontri (residuando pertanto per il circo un’aliquota di circa lo 0,6%). Una cifra cioè indegna di un Paese civile, oltretutto non integrata, come avviene per i settori del teatro, della musica e della danza, da alcuna ulteriore erogazione da parte di Regioni, Province e Comuni.

Ma su tutto va inequivocabilmente denunciata la violazione sistematica ed inaudita del patto di onore e legislativo che la Repubblica, una e indivisibile, aveva contratto con le Categorie circensi e dello Spettacolo Viaggiante il 18 marzo 1968 attraverso l’introduzione della Legge 337, prevedendo quale aspetto assolutamente qualificante dell’azione del Governo e dei Comuni la redazione di un Regolamento e di un elenco delle aree degne di questo di nome, quindi attrezzate e dotate degli indispensabili allacci idrici, elettrici, fognari, per ospitare in maniera dignitosa le imprese del settore, costituite da cittadini imprenditori e contribuenti di nazionalità italiana.

Non può non riscontrarsi, con profonda costernazione, come nei 47 anni in cui la Repubblica Italiana e in particolare le Ammministrazioni comunali hanno violato questo patto d’onore, la stessa Repubblica e gli stessi Enti Locali abbiano profuso enormi energie economiche e organizzative, in linea di principio condivisibili e ineccepibili, ma in troppi casi concreti determinando situazioni moralmente da raccapriccio, in campi nomadi, centri di accoglienza e altro, riversando su di essi importi economici esorbitanti e con i fenomeni che le recenti indagini giudiziarie hanno portato alla luce. Il mancato rispetto del patto legislativo e d’onore contratto a suo tempo col Circo ha avuto anche l’evidente risultato di mortificare le condizioni di lavoro e quindi, a catena, anche le condizioni di stabulazione degli animali, che invece l’ottemperanza della legge avrebbe consentito.

Un lavoro serio, fatto necessariamente di concerto con la gente del Circo e non in spregio sistematico delle istanze di un settore che vanta comunque circa 10 mila addetti, non può non prendere avvio se non attraverso un serio esame, alla radice, delle motivazioni che sono alla base della precarietà con cui questa attività è svolta in Italia, in una desolante discrasia e antitesi con la considerazione in cui lo spettacolo circense è invece tenuto nelle aree europee più affini a quella italiana: Spagna, Francia, Svizzera, Germania in primis. E’ incomprensibile come la stessa tipologia di spettacolo possa essere considerata un “fastidio” dalle istituzioni pubbliche a Bordighera e Ventimiglia, mentre sia acquisita come un valore di testimonianza di arte e cultura popolare a Mentone o a Nizza, per fare solo qualche esempio.

Relativamente al punto 19 (e 17), oltre a rilevare una volontà che stride con la crisi che colpisce famiglie e imprese, quella cioè di continuare a finanziare quelle realtà gestite da associazioni animaliste, che dovrebbero invece basarsi sul volontariato, evidenziamo come i cosiddetti Centri di recupero per animali sequestrati, prima che sovvenzionati, vadano ispezionati a fondo per appurarne funzionamento e reale benessere degli animali in essi detenuti. Nei prossimi giorni renderemo pubblico un dossier che riguarda uno dei principali di questi Centri, documentando lo stato della struttura e le condizioni in cui sono tenuti gli animali, per i quali i gestori ricevono già contributi dallo Stato.

Non paghe dei privilegi derivanti dalla legge 189 del 2004, che ha dotato le associazioni animaliste di uno strapotere che non ha paragoni nel resto d’Europa e che rende loro conveniente battersi per il sequestro degli animali dei circhi, perché in questo modo ottengono non solo visibilità mediatica ma anche contributi pubblici, tali associazioni reclamano ulteriori finanziamenti statali a loro beneficio, peraltro gestiti senza il minimo di trasparenza: ci risulta che solo due sigle del mondo animalista rendano pubblici – una delle quali in modo molto sintetico ed evasivo – i loro bilanci, che in alcuni casi somigliano più a quelli di società per azioni che non di Onlus.

Riteniamo sia venuto il momento di alzare lo sguardo dalla realtà dei circhi (l’attività con animali più controllata in assoluto, visto che viene sottoposta a verifiche da parte dei veterinari Asl ogni 7-10 giorni) per posarlo su vere e proprie storture come quella che vede le associazioni animaliste rivestire un’inaccettabile e conflittuale serie di ruoli: soggetti denuncianti prima, consulenti dell’accusa nel corso delle indagini, testimoni nella fase dibattimentale, gestori dei centri ove vengono assegnati gli animali sequestrati o confiscati, attività quest’ultima che prevede l’erogazione di finanziamenti statali. Non può sfuggire a nessuno l’interesse diretto, non solo ideologico, da parte delle associazioni animaliste a promuovere azioni penali e a stimolare sequestri.

Antonio Buccioni, presidente Ente Nazionale Circhi

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