È la nevicata più lunga del secolo. È iniziata nel 2001 e oggi, nel 2012, ha travolto milioni di persone, ha coperto suoli, teatri e palcoscenici di tutto il mondo. E la gente la invoca ancora, ancora e ancora.
Oggi, 24 ottobre, lo spettacolo Slava’s Snowshow è a metà del suo ciclo di esibizioni milanesi e la nevicata che per l’ennesima volta ha imbiancato il Piccolo Teatro Strehler ha già coinvolto come sempre centinaia di spettatori, alcuni nuove reclute e molti altri affezionati e innamorati di questo splendido spettacolo.
Quello che bisogna sottolineare non è tanto la forma o il contenuto di questo spettacolo, non sono nemmeno la trama o la sua storia, il suo creatore o i suoi sostituti poiché tanto è già stato scritto e raccontato. Quello che è degno di nota è che Slava’s Snowshow è forse l’unico spettacolo che riesce ad assimilare l’Italia a molti paesi europei ed extra europei: noi in Italia non abbiamo, purtroppo, l’abitudine o l’usanza di tornare a vedere uno spettacolo più di una sera. Una volta che si é andati a vedere Sogno di una notte di mezza estate di Shakespeare difficilmente torneremo ancora, sia che si riproponga la stessa regia sia che se ne realizzi una completamente diversa. Questo in America o in Inghilterra non avviene, ma neanche in Francia o in Germania: in questi paesi non è fatto bizzarro che uno spettacolo rimanga in cartellone per anni, suscitando interesse, applausi e richiamando pubblico, un pubblico che si accresce, cresce e cambia negli anni così come cambia (e invecchia) il cast.
Ma con Slava è diverso. Slava arriva in Italia ogni anno e ogni due anni tocca le stesse città. Ogni volta si verifica, straordinariamente, che un numeroso pubblico torni, che persone che hanno visto il piccolo, buffo e giallo Asisyai dica “devo troppo andare a vederlo di nuovo, è meraviglioso”. Lui, Asisyai, in origine è Slava Polunin ma negli anni hanno vestito i panni gialli e rossi numerosi attori mentre gli altri clown, con la loro buffa camminata, il pastrano verde e il cappello a tese lunghissime hanno attraversato moltissimi palchi.
Riproducibile, sempre buffo e sempre magico. Di solito magia non fa pendant con riproducibilità, ma nel teatro questo è possibile e Slava’s Snowshow è riuscito a portare questa modalità di fruizione anche da noi, popolo che a teatro ci va una volta e (forse) mai più. In fondo chi torna a vedere Slava lo fa per quel momento unico nel suo genere, sempre coinvolgente, mai troppo abusato, comunque sorprendente nonostante si sappia già come va a finire. È tutto lì, in una lettera fatta a pezzi, che prima diventa nevicata e poi si trasforma in una bufera che avvolge la sala, che travolge i sentimenti e che per un attimo sconvolge le età e le abitudini; eccezionalmente nessuno si lamenta del clima, ma nessuno maledice la neve e tutto pare romantico e poetico.
Ecco perché Slava’s Snowshow funziona ancora e funzionerà sempre.
Chi vuole farsi travolgere dalla candida tormenta non ha che da andare in Largo Greppi, al Teatro Strehler, dove è prevista neve sino al 4 novembre.
Stefania Ciocca