Lo chapiteau, un classico quattro antenne a castello e senza contropali, è quello che, utilizzato da Aldo Martini, aveva avuto alcune peripezie nel nord Italia. La struttura è molto bella e colorata (rosa e pennellate gialle): una vela di ingresso a due punte, sormontata da un arco, un foyer a quattro punte e lo chapiteau con cupola tradizionale. Così si è presentato a Palermo, dove in via dell’Olimpo rimarrà fino al 2 febbraio, il circo Rinaldo Orfei diretto da Dario Martini.
Il piatto forte dello show è certamente costituito dai numeri aerei oltre che dagli elefanti che, in Italia, stanno scomparendo dai circhi, e dai temerari faccia a faccia fra l’addestratore e le sue belve feroci. Molto ricco anche l’esotico e splendidamente colorati i pappagalli.
Uno spettacolo completo che via via sta crescendo sia nel montaggio che nella regia. Dopo la coreografia iniziale in melodie e abiti natalizi, l’apertura è dedicata ai cavalli in libertà di Eros Weber, quindi il clown Briciola e il giovane giocoliere Dylan D’Amico in un numero di bouncing, palline rimbalzanti.
Arriva così il primo numero aereo, quello alle cinghie del diciassettenne Maverick Piazza: serie di volteggi, passaggi faticosi ma rapidissimi, pose plastiche e grande vigore. Un fisico minuto ma esplosivo quello di Maverick: un artista che, sicuramente, farà molta strada.
Intermezzo del clown Banana, al secolo Matteo Vulcanelli, e spazio a quello che, fino ad alcuni anni fa, almeno in Italia, era alquanto singolare: i cani-leone, i chow chow, nella parodia del numero delle belve feroci: gabbia, sgabelli e altre attrezzature predisposte dalla “domatrice” Harley Stifter.
Altra donna in pista ed altra esibizione di alto livello: la verticalista-contorsionista Sharon Brinati. Dopo una serie di splendidi ed eleganti passaggi, il finale è dedicato all’uso di un arco, con i piedi e a testa in giù, per scagliare una freccia e far scoppiare un palloncino. Grandi applausi per l’artista che precedono l’eleganza, i costumi e le musiche dell’alta scuola di equitazione: due meravigliosi quadrupedi, a ritmo di danza, cavalcati da Daiana Martini.
Il primo tempo si chiude con i pachidermi di Mario D’Amico: due elefantesse che si siedono sugli sgabelli, danzano, si accucciano a terra come fossero cagnolini e poi girano in pista, tenendosi coda e proboscide, sventolando il tricolore italiano. Un numero molto apprezzato soprattutto per la sua rarità visto che, nei circhi italiani, di elefanti oramai se ne vedono pochissimi.
Così come il primo tempo, anche il secondo si apre secondo canoni classici: la gabbia. Massimo Piazza presenta uno splendido leone africano, tre leonesse e una tigre. Numero pulito con alcune punte di eccellenza come il corpo a corpo, fra addestratore e belva distesi uno sull’altra, e alcuni faccia a faccia a distanza davvero ravvicinatissima.
Dicevamo in apertura dei numeri aerei: fra questi colpisce la grande forza fisica di Renato Brinati che, svestiti i panni del presentatore, si esibisce al trapezio fisso sostenendo le evoluzioni della figlia Sharon. Un’esibizione, ovviamente senza longia di sicurezza, che lascia senza respiro gli spettatori e che potrebbe meritare palcoscenici internazionali.
Segue il momento comico più apprezzato: il coinvolgimento di diversi spettatori in pista per una simpaticissima orchestra composta da strumenti improponibili. Altro numero aereo apprezzabilissimo è quello di Debora Marino ai tessuti: serie di spaccate e poi diversi lanci, a picco e a testa in giù, con le fasce che bloccano l’artista a poco più di un metro dal suolo.
Lo spettacolo si chiude con due esibizioni dedicate agli animali. L’esotico di Denis D’Amico è davvero di quelli assortiti e ben presentati (zebre, cammelli, lama, emù, mucche scozzesi e ippopotamo) mentre i coloratissimi papagalli sudamericani, al circo, colpiscono sempre l’attenzione degli spettatori. Matteo e Xenia Vulcanelli impegnano i loro pennuti in esercizi simpaticissimi prima di farli volare sotto la cupola dello chapiteau. Il gran finale chiude lo spettacolo e viene chiamato in pista Rinaldo Orfei, un pezzo di storia del circo italiano, che saluta il pubblico con grande signorilità.
Piero Messana