Vive a Rimini uno dei maggiori pittori di Grock. Uno che il grande clown svizzero non l’ha solo dipinto in decine e decine di tele e l’ha rappresentato con sculture e ceramiche, ma si è appassionato anche alla sua vita, all’uomo e all’artista. Un vero colpo di fulmine, insomma. Di lui ha cercato filmati, testimonianze e ogni traccia utile a capirne le sfumature e i tratti distintivi.
Il pittore in questione si chiama Bruno Brolli, classe 1936. Parlare di lui non è facile perché già la definizione di pittore risulta inadeguata, e per difetto, per tentare di descrivere questo romagnolo verace che può vantare esperienze che l’hanno portato a viaggiare il mondo e a lasciare tracce artistiche in mezza America, in Europa e in Italia. “Frequentavo la Svizzera già dalla metà degli anni ’50 e avevo realizzato una mostra a Reconvilier, la città natale di Grock. La passione per certi soggetti circensi, come clown e cavalli, ce l’ho sempre avuta. E in Svizzera ascoltavo spesso racconti su Grock. Lì c’erano diversi club di appassionati del clown, un po’ come succede da noi con i club sportivi. Cominciavo ad appassionarmi anch’io a questo artista quando, nel 1980, mi trovavo a Reconvilier proprio mentre veniva inaugurato il monumento realizzato in occasione del centenario della nascita di Grock”, racconta Bruno Brolli.
A colpire il pittore riminese non fu però la bellezza del monumento dedicato all’illustre cittadino svizzero, ma la sua bruttezza. “Era un tubo della stufa, mozzato di traverso. Ma come, dico io all’amico che mi aveva invitato, decantate tanto Grock e gli dedicate un monumento orribile come questo?”. L’amico, Carlo Ruggero, italiano ma residente in Svizzera da molti anni, conosciuto durante il servizio militare, incassa la critica ma rilancia diretto a Bruno Brolli: “Tu potresti fare qualcosa di meglio, perché non ti metti a lavorare su Grock?” E’ la sfida che entra nella vita di Brolli e non esce più: “Mi hanno proposto di realizzare una mostra su Grock per raccontare circa 30 anni della sua vita”. La scintilla del grande feeling fra Bruno Brolli e il clown Grock era già scoccata, ma bisognava trovare materiale sul clown, immergersi nello studio di questo personaggio straordinario che Brolli non aveva avuto la fortuna di conoscere di persona.
“A Rimini avevo degli amici con buone conoscenze in Rai e vicini al mondo del cinema, Sergio Zavoli e Tonino Guerra, giornalista il primo e sceneggiatore di alcuni film di Fellini il secondo. Grazie a loro ho ottenuto il permesso di visionare i pochi filmati di Grock presenti negli archivi Rai. Ovviamente ho dovuto fare tutto il lavoro in sede, senza poter portare fuori nulla: mentre scorrevano le immagini, con la mia macchina fotografica scattavo i particolari che mi sembravano più utili per tratteggiare il personaggio di Grock. E poi mi sono messo a dipingere realizzando una cinquantina di quadri che mi hanno permesso di realizzare una mostra a Reconvilier nel 1983.” Un lavoro, quello di ricerca e di trasposizione sulla tela di pose e atteggiamenti di Grock, che è durato circa due anni.
Ma adesso arriva un altro tassello importante di questa storia, un incontro che ha segnato la vita di Brolli e il suo rapporto con Grock. “All’inaugurazione della mostra le autorità svizzere invitarono un ospite d’onore davvero speciale, cioè una delle “spalle” di Grock, dal periodo della guerra fino alla fine, Max Van Emden. Il quale fu entusiasta del mio lavoro e nacque da quel momento un’amicizia davvero speciale”, dice Brolli. La mostra fu un successo. I quadri sarebbero dovuti rimanere esposti per un anno invece ci rimasero per sette anni. “Ma la svolta vera è stata la conoscenza di Max, che mi ha permesso di entrare nella vita di Grock grazie ai racconti, al materiale, compresi documenti, articoli di stampa e filmati rarissimi che conservo ancora gelosamente”. E che i documenti siano merce rara lo si capisce entrando nello studio di Bruno Brolli e mettendo il naso fra scaffali e armadi che traboccano di libri, schizzi, video e tanto altro.
Molto di questo materiale riguarda proprio Grock. “Conservo gelosamente un filmino in bianco e nero che credo sia l’unico in circolazione: si vede Grock in teatro che suona il suo piccolo violino impegnato nella gag del pianoforte. Vorrebbe suonarlo ma con le mani non arriva alla tastiera. Prova e riprova, studia come fare, e alla fine si alza in piedi, va davanti al pianoforte e lo avvicina allo sgabello. Ma la cosa rara è che in quel numero Grock non indossa il solito costume di scena ma il frac.” Fantastico Grock, ripete Brolli, “un grande clown e un grande uomo del quale ho potuto conoscere varie sfaccettature, seppure indirettamente. Entrava in scena con il suo grosso valigione dal quale estraeva il piccolissimo violino che accordava con un palloncino gonfiabile di quelli che usano i bambini. E sa quanti strumenti suonava Grock? Una decina alla perfezione e a orecchio, visto che non aveva studiato musica. Questa cosa aveva colpito molto anche Fellini che me ne aveva parlato. Non ha mai finito di stupirmi una scena di Grock e Max che ho visto in un filmato: il primo suona l’organino e il secondo il violino. Ad un certo punto Max esce e rimane solo Grock in scena che con il suo organino rende in maniera palpabile la tristezza di essere stato abbandonato, è una musica che fa piangere. Sembra dire: perché mi hai lasciato, lo sai che siamo amici! Davvero fantastico”.
Sappiamo adesso come Bruno Brolli abbia conosciuto la “spalla” di Grock, ma Max Van Emden come ha conosciuto il maestro? E’ Bruno Brolli a raccontarcelo: “Max si trovava in Inghilterra dove suonava il violino in una importante orchestra. La quale però si sciolse perché i componenti furono chiamati alle armi. Tutti tranne Max, di nazionalità olandese (paese neutrale dal punto di vista bellico), che quindi rimase solo e col problema di trovare un lavoro a Londra. Finì in un locale a suonare il violino e lì una sera, mentre era sul palco intento nei suoi virtuosismi, sente il pubblico ridere sempre più forte mentre guarda alle spalle di Max. Il quale si gira e vede un omone con un piccolo violino che lo stava imitando: era Grock”. Ma la reazione di Max non fu delle migliori: “Ha preso l’archetto del violino e l’ha sbattuto sulla testa di Grock. Non mi faccio sfottere io, sono un professore di violino”, disse rivolto al clown. Ma nel camerino scoppiò la pace e anche qualcosa di più: “Che paga prendi qui?”, domandò Grock a Max. “Una sterlina al mese”, fu la risposta. “Te ne do 20 ma ogni sera dovrai fare la stessa cosa che hai fatto questa sera”, disse Grock. Era l’inizio di un lungo e solido sodalizio. “Conservo anche un quadro nel quale ho dipinto Max e Grock insieme”, dice Brolli senza nascondere la soddisfazione di chi custodisce un vero e proprio trofeo. Dai racconti di Max Van Emden, Brolli estrae anche un ricordo che riguarda gli inizi di Grock: “I suoi genitori avrebbero voluto che avesse scelto il lavoro più comune e sicuro per un ragazzo che abitava in Svizzera, quello dell’orologiaio. Ma Grock non ne volle sapere. Si mise a lavorare in un bar come cameriere. Qui, nella pausa fra una portata e l’altra, si rifugiava nel retro e suonava con i bicchieri. Fino a che il proprietario del locale, che aveva capito l’estro e l’abilità di Grock, gli propose di suonare i bicchieri nel locale e così fu notato da un circo”. Bruno Brolli è ceramista e pittore. E’ membro onorario dell’Accademia Tiberina e dell’Accademia dei Cinquecento di Roma, ed anche dell’Unione della Legion d’Oro delle Nazioni Unite.
Nel 1996 è stato nominato Cavaliere al merito della Repubblica italiana. Ha cominciato da ragazzino a dipingere: “Mia mamma mi portava a casa dei fogli da pacchi di carta gialla, me li stirava col ferro da stiro e quello era il mio album da disegno, perché comperarne uno vero costava troppo.” Ha iniziato cimentandosi con l’arte sacra, ma ben presto dalla sua matita sono usciti cavalli (è stato definito il pittore dei cavalli) e clown. Nel 1973 ha vissuto una grande e speciale avventura artistica: “Ho vinto un concorso bandito dalla Compagnia americana “Pacific Area Travel Association”, per dipingere gli usi e costumi dei popoli del sud del Pacifico”. E’ partito da Rimini e ha percorso 50 mila chilometri per oltre 200 ore di volo passando da San Francisco, Honolulu, Tonga, le Fiji, Singapore, Persia e Turchia, solo per citare alcune tappe. Ma Grock è stata ed è la sua grande passione. Il clown svizzero l’ha raffigurato in decine di pose, soprattutto su tela ma anche su un grande pannello di ceramica ancora appeso in una villa Svizzera. Dipinti, disegni, serigrafie, sculture.
Dell’arte Bruno Brolli ha un’idea molto precisa e la esprime attraverso le parole di un sacerdote. “Quando è morto un mio caro amico e collega, Romano Leporesi, il parroco nell’omelia ha detto una frase che mi sono stampato nel cervello e che non mi ha più abbandonato: ‘Gesù Cristo quando ha creato il mondo ha cercato di fare delle cose meravigliose, però non è riuscito a fare tutto e quindi ha dato l’incarico a determinate persone di proseguire la sua opera. Agli artisti ha dato il dono e il compito di continuare ad abbellire il mondo e di far gioire gli altri’. E’ così che ho sempre concepito il mio lavoro artistico”. Che non sia questa anche la molla che ha mosso l’arte di Grock? (c.m.)