Guido Ceronetti, un autore che mi par poco definire controcorrente perchè è personaggio tale da sottrarsi a ogni etichetta, mi sorprende oggi, ma in realtà non mi sorprende affatto, rivalutando sul Corriere della Sera un vocabolo avversato dalle mode culturali quale è l’eroismo. Dice infatti: “Una frase iniqua, falsissima, di una gridante inattualità – e spesso citata con reverenza – di Bertolt Brecht, drammaturgo passato di moda, mi ha indignato sempre: “Beato il popolo che non ha bisogno di eroi”. Ma abbiamo in verità più bisogno di eroi e di eroismo che di pane e di maccheroni malcotti. Fortunatamente non ci hanno abbandonati, e ci sono eroi dovunque, esemplari o tragici, e che smentiscono e contrastano quotidianamente, in ogni circostanza che lo richieda, l’ignavia, la vigliaccheria, la fuga dal pericolo, dalla necessaria protezione del debole, il battere in ritirata, il rinnegamento del coraggio, la nefanda-ripugnante negazione-rimozione, esplicita o mascherata, della morte. Senza l’eroe, una vergogna infinita coprirebbe l’umanità planetaria, più nera, più mortale, più carcinomatogena dello smog di anidride carbonica che calza ormai la Terra come un guanto d’irrespirabilità”.
Mentre leggevo, il pensiero andava irreparabilmente ai tanti incontri visssuti con la gente del circo. Non per definirli “popolo d’eroi”, che sarebbe etichetta stonata se non addirittura ridicola. Ma per certo loro modo di viaggiare nella vita, non spaventati dal pensiero dell’imprevisto e anzi facendo di questo un continuo ingrediente per i giorni a venire. Ceronetti, come è noto, è personaggio letterario unico e a se stante però vicino, se non altro per il suo incessante peregrinare in se stesso, alla gente del viaggio. E non dubito che la sua concezione del vivere con coraggio coinvolga chi, ogni giorno, abbia il coraggio di cercare un giorno diverso.
Ruggero Leonardi