Un clown, una piazza, la gènte che passa. Questo è già piccolo circo. Quando fa bel tèmpo lavorano in piazza, all’aperto, come i saltimbanchi di una volta. La pista è segnata dal cerchio della segatura, intorno poche sèdie sgangherate. Se piove, invece montano il loro piccolo tendone in qualche piazza solitaria o in fondo a una stradina buia, in mezzo ai campi.
I piccoli circhi fanno fatica a trovare un pubblico, e non sèmpre rièscono a mettere insième il pranzo con la cena. Piccoli circhi romantici, così separati dal mondo, così diversi da tutto.
Chi è il Clown? …
E’ solo un tizio vestito in modo trasandato che fa cose strampalate nella pista di un circo … o è ben altro?
Un abito goffo, dalle tinte un po’ sobrie, con soltanto un leggero tocco di colore e, a illuminargli il viso con quell’espressione unica al mondo, il pallino rosso del suo naso, una maschera, tanto minuscola di dimensione quanto grande di significato: coloro che la indossano con grandissima dignità e leggerezza, con profonda consapevolezza e incantato candore sono creature del tutto speciali, che il mondo guarda a volte con divertimento, a volte con perplessità, senza, però, mai comprenderle fin nel profondo dell’anima.
Perché questo è il clown: una poesia fatta di musica e tessuto di sogno che veste abiti un po’ abbondanti e sa essere buffo e poetico al tempo stesso, spesso incompreso, proprio per la delicatezza del suo messaggio.
E, d’altra parte, come potrebbe la poesia farsi capire da chi poeta non è … o non vuole più essere … o non sa di essere tale?
Eppure, basta sapersi ascoltare.
Basta fare quiete nello spazio della propria anima e la musica di un lontano carillon si fa subito udire, dolce e struggente come lo sono i ricordi dell’infanzia quando non sono ancora sbiaditi dal tempo o, peggio, dall’indifferenza generata dal crederli inutili fardelli del passato.
E sul filo di questa melodia, scopriremmo danzare la segreta sapienza che rende unica la nostra anima, perché essa riesce a vedere e percepire cose e luci ed emozioni sconosciute; lei sa di che colore sono le lacrime della luna; si lascia incantare dai colori di un arcobaleno; riesce a cogliere il battito del proprio cuore e di quello altrui, nonostante l’inutile frastuono del mondo; conosce il sapiente incantesimo del sorriso ed è capace di donare con slancio generoso e con tocco lieve ma sicuro, miriadi di emozioni , un bene veramente prezioso in tempi troppo aridi e avari.
Ecco, basta porgere orecchio al mormorio del cuore lasciandolo parlare e ridere … e anche piangere, come si fa quando si è bambini e non si prova ancora alcun imbarazzo a dimostrarsi tali, ma, anzi, ci si meraviglia del mondo che ci circonda!
Questo è il Clown, è la nostra magica ombra silenziosa che ci accompagna sempre e ovunque.
Ascoltarlo, dargli retta, permettergli di fare capolino in tutta libertà, questo l’uomo d’oggi non lo sa più fare o peggio, se ne vergogna.
Eppure, … eppure quando il Clown entra nella pista illuminata e con le sue gag e la sua poetica un po’ lunare riesce a varcare la soglie del nostro cuore l’incanto delle ore dell’infanzia tornano a vivere e rinfrescarci l’anima e noi, sorpresi, scopriamo all’improvviso quanto è bello ridere e lasciarci commuovere, quanto sia importante che lo stupore e la meraviglia ci facciano battere il cuore e quanto valore contiene un’emozione spontanea per la nostra anima troppo adulta, la quale, purtroppo, ha dimenticato le semplici parole del bambino che ognuno porta ancora in sé stesso.
Silvia, Milano