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Il circo, le querele e la posta in gioco

C’è qualcosa di comico in ciò che sta succedendo in questi giorni attorno a certo mondo animalista, e come accade sempre la comicità riesce a far riflettere. La Lav ha deciso di querelare Livio Togni (che a sua volta ha controquerelato) che ha parlato di “animalisti che raccolgono soldi attraverso la visibilità”, che “fanno degli animali un business” e concetti analoghi. La Lav, peraltro, non era stata tirata direttamente in ballo. Oltretutto succede una cosa curiosa: c’è qualcuno fra gli animalisti, e proprio fra quelli che solitamente fanno azione di boicottaggio dei circhi, che stavolta sta dalla parte del circense.
E’ sufficiente leggere cosa scrive Centopercento animalisti sul suo blog. Cosa succede, allora? Gli animalisti possono dire di tutto di più (leggere questa, giusto una fra le tante, per farsi un’idea), lanciare ogni giorno accuse infamanti nei confronti dei circhi, destituite di ogni fondamento, e se il circo risponde pan per focaccia viene portato in tribunale (che è un modo per tentare di tapparti la bocca?). C’è qualcosa che non va.
La Lav da qualche mese in particolare ha spinto sull’acceleratore di una durissima campagna contro i circhi (per la verità rimanendo isolata all’interno della galassia ambiental-animalista, quanto meno delle sigle che contano, che non si sono schierate con la Lav) che ha lo scopo evidente di cercare di tirare la rete di anni di lavoro. Siamo a fine legislatura e la Lega Antivivisezione, che investe con molto impegno sul parlamento (tanto da avere attivato un gruppo interparlamentare “animalista”) sperava di portare a casa una legge per togliere gli animali dai circhi prima di rinnovare le Camere. Ma non sembra che riuscirà ad ottenere soddisfazione.
Nemmeno l’appoggio delle maggiori testate nazionali, la presenza negli studi televisivi (l’ultima importante è stata quella di Matrix) degli esponenti della Lav – organizzazione potentissima e da anni capace di sostenere anche economicamente una imponente campagna di lobbyng – ha per ora convinto le masse e nemmeno gli onorevoli e i senatori. Dunque è facile perdere la calma.
La Lav si è sentita offesa. Come dovrebbero sentirsi i circhi quando la Lav sostiene che i complessi italiani lucrano sui soldi statali del Fus cifre “fra i 5 e i 7 milioni di euro l’anno”, e vivono grazie a questi, quando quegli stessi circhi -tutti insieme- ottengono meno di 2 milioni di euro?
La verità è che in Italia, e c’è l’attività di un senatore della Repubblica che lo testimonia (Valerio Carrara, Pdl, il quale ha sollevato anche dubbi sulla legittimità della Lav di essere considerata una onlus), da anni non si riesce a sapere quanti soldi finiscano alle 80 associazioni ambientaliste e animaliste (ormai sono più dei circhi) riconosciute dal ministero dell’Ambiente. E il senatore Carrara farebbe bene a cogliere al volo la disponibilità del sottosegretario Giovanardi, che proprio a Circo.it ha detto: “Se il senatore Carrara vorrà parlarmene, sarò pronto ad ascoltarlo e ad attivarmi per fare in modo che ottenga risposta dal governo”. Si sa comunque che cinque anni fa il budget a disposizione di queste associazioni (e nel 2006 erano in numero minore) si aggirava sui 3 milioni e mezzo di euro.
Da parte del circo c’è sempre stato grande rispetto verso chi gli animali li ha a cuore davvero. Negli anni passati l’Ente Nazionale Circhi collaborò attivamente con l’Enpa e con l’allora presidente del Wwf Grazia Francescato, una che di ambiente e di animali ha fatto una ragione di vita e di impegno politico ma senza mai travalicare nei toni e nei contenuti. La logica che aveva prevalso in quella fase potrebbe riassumersi così: mettiamo da parte gli estremismi e facciamoci carico di garantire agli animali presenti nei circhi le migliori condizioni di vita, tenendo conto che si tratta di animali nati in cattività e che non potrebbero senza traumi (come ha affermato di recente un grande ammaestratore internazionale come Flavio Togni e in più occasioni etologi, zoologi e veterinari) uscire da quell’ambiente per entrare in altri totalmente diversi.
Quando nell’animalismo hanno prevalso la faziosità e l’ideologia a senso unico, a discapito del realismo e del buonsenso, le cose sono cambiate e la collaborazione e il dialogo sono finiti. Siamo arrivati così al presente, segnato da campagne di odio verso i circhi e dalle querele. Ma segnato anche da un clima salottiero da animalismo diffuso, che porta ad esempio – dietro esasperanti campagna mediatiche – a far licenziare un insegnante perché ha ucciso un coniglio in classe durante la lezione di biologia. A far decidere sempre più amministrazioni comunali, che magari non hanno nelle loro città appartamenti per gli anziani o per le persone svantaggiate, che invece gli spazi per gli animali devono essere una priorità. E così costruiscono canili dai costi esorbitanti e che per essere mantenuti dovranno sostenere spese altissime. Per non parlare di quei sindaci sceriffi che fanno carta straccia della legge dello Stato, quella che consente ai circhi con animali di lavorare sul territorio italiano in un quadro di regole e di garanzie, e decidono di introdurre delibere di divieto contando sul fatto che i circhi non possono più di tanto svenarsi in carte bollate. Quando si dice l’arroganza e il disprezzo della legge. Viviamo in una società che sta spostando l’attenzione dall’uomo ai diritti degli animali, come ha ben capito il filosofo Roger Scruton, autore già nel 1996 di Animal Rigths and Wrongs.
Il circo è spettacolo, pur se “il più grande spettacolo del mondo”, come recita il titolo del film di Cecil B. De Mille che varrebbe la pena di rivedere, anche se è uscito nel 1952 e il linguaggio ne risente. Uno spettacolo, dice la voce che fa da sottofondo alle prime immagini della pellicola, “dove tutto è ardimento, comicità, grazia, fantasmagoria, ritmo e abilità. Dall’alta scuola dei cavalli agli eterei voli degli acrobati, la carovana del circo corre per portare ovunque la gioia, anche se la morte adocchia una corda logora e una sbarra mal fissata”. Lo spettacolo di quella pellicola è quello del grande Ringiling Bros. and Barnum & Bailey degli anni 50, ma fatte le debite proporzioni ogni circo è questo show e questa vita che va in scena ogni giorno con gli strumenti perfettibili e mai perfetti che l’uomo maneggia. Il circo non è il campo di concentramento degli animali dipinto da qualche animalista in buona o in cattiva fede. Il circo è spettacolo, ed è stato tale per duemila anni. Ma in questo momento ha assunto simbolicamente un valore molto più importante: ciò che accade sotto il tendone ricorda all’uomo alcune realtà umane fondamentali, ha spiegato nella sua lezione magistrale il card. Ravasi poco tempo fa. Il circo è “scuola di bellezza e di gioia”, di ammaestramento delle asperità della condizione umana e animale. “A me il circo – ha detto il cardinale – fa venire in mente Isaia il quale, per descrivere l’escatologia, rappresenta l’
armonia tra gli animali che in natura erano contrari e che poi si abituano a vivere insieme”. Dovrebbero farsene una ragione tutti, anche gli amici della Lav.
Claudio Monti