di Claudio Monti
A lungo docente all’Università di Firenze, zoologo, attivamente impegnato sul fronte della conservazione e gestione della Fauna, ha svolto ricerche e missioni in varie parti del mondo, il professor Alberto Simonetta ci ha concesso questa intervista sugli animali nei circhi e sui temi che ormai ogni giorno rimbalzano sui media a proposito di maltrattamenti, utilizzo negli spettacoli, addestramento e tanto altro. Arrivando a concludere: “Non vedo alcuna ragione per vietare spettacoli con animali di qualsiasi genere”. Anzi, il circo ha una utilità insostituibile nei confronti dei bambini: “Fa vedere come sia possibile raggiungere con quasi ogni sorta di animali, un vero rapporto di collaborazione”.
Professor Simonetta, in base alle informazioni scientifiche di cui si dispone, si può affermare che gli animali nei circhi vivano in condizioni peggiori rispetto a quelli che si trovano in qualsiasi altra forma di cattività?
“No. Normalmente i proprietari sono estremamente interessati al buono stato di animali di valore e che sono essenziali nella loro professione”.
Cosa si può dire, invece, del benessere delle specie che prendono parte agli spettacoli sotto ai tendoni? Esistono studi al riguardo condotti in Italia?
“Non mi risultano studi specifici condotti in Italia, ma non posso escludere che ne siano stati fatti. Comunque in generale le specie utilizzate dai circhi non presentano particolari problemi e, come ho appena detto, sono adeguatamente curate”.
Quali sono i parametri da valutare per esprimersi con fondatezza sul tema del benessere animale?
“In generale il benessere di un animale, domestico o selvatico non fa differenza, si valuta dalle condizioni di nutrizione, dal rilievo di eventuali segni di stress e dal controllo delle condizioni igienico sanitarie”.
Spesso nel dibattito sui media non si fa nessuna distinzione fra animali nati in cattività e animali selvatici catturati in natura. Può dirci in sintesi le differenze e soprattutto le esigenze fondamentali di un animale nato in cattività?
“Esistono notevoli differenze fra animali selvatici ovvero catturati in natura ed animali nati in cattività. Gli animali catturati richiedono praticamente sempre un periodo di ambientamento, spesso al momento della cattura e nel periodo immediatamente successivo è opportuna la somministrazione di tranquillanti, non raramente, mentre il rapporto con chi li accudisce normalmente diviene rapidamente buono, restano diffidenti e soggetti a spaventarsi in presenza di sconosciuti. Gli animali nati in cattività sono praticamente animali domestici, almeno se vivono a contatto con l’uomo fin dalla nascita. Naturalmente possono sorgere dei problemi proprio perché tendono a considerare l’uomo come della loro stessa specie e quindi, per esempio, se si tratta di animali naturalmente territoriali possono essere estremamente pericolosi per chi possono considerare un intruso. Del resto è assai più facile controllare animali che abitualmente vivono in branco, che si tratti di cani, lupi o leoni, per i quali l’addestratore è naturalmente il capo-branco, per cui, in sua presenza, si regolano naturalmente sulla base dell’atteggiamento del conduttore, piuttosto che i solitari, come, ad esempio i leopardi, che, una volta raggiunta la maturità sono portati a contrapporsi a chiunque considerino “un leopardo”. Nel caso di animali territoriali solitari nati in cattività, sarà quindi ancora più essenziale che con altri evitare l'”imprinting” sull’uomo”.
Si può fare un confronto fra gli animali in cattività e stabilire chi viva meglio, ad esempio, fra esemplari che si trovano nei circhi, negli zoo, o impiegati in gare agonistiche?
“E’ difficile. Dipende tutto dal trattamento che ricevono. In linea di massima si è constatato che anche gli animali degli zoo stanno meglio se vengono addestrati a compiere dei “lavori” che li distraggono e li fanno divertire. In alcuni zoo che hanno sufficiente personale qualificato, molti animali nelle ore di chiusura vengono usati in vari lavoretti: ad esempio alcune scimmie sono usate per lanciare i pesci alle foche o gli elefanti per lavorare alle pulizie”.
L’addestramento e lo spettacolo possono supplire alle esigenze di attività che un animale esotico avrebbe in natura? Oppure si tratta di esercizi innaturali e quindi sarebbe meglio abolirli?
“E’ evidente che quasi tutti gli esercizi compiuti dagli animali dei circhi non sono attività che i loro colleghi selvatici compiono in natura, tuttavia il segreto dell’addestramento consiste nell’utilizzare tendenze naturali al gioco o altro per ridirigerle secondo quello che è opportuno nel circo. E’ esattamente quello che si fa con gli animali domestici come cani o cavalli. Un animale sano, specialmente se è un mammifero di taglia media o grande, ha una naturale propensione al gioco e un bravo “domatore” precisamente si diverte e fa divertire i suoi animali. Ricordo un caso che mi è capitato di vedere molti anni or sono in Somalia, di un “concessionario” italiano che aveva un ghepardo ed un’antilope giraffa che erano cresciuti insieme e spontaneamente si divertivano, correndo intorno alla casa a cacciare a farsi cacciare. Era uno spettacolo vedere come, a volte, l’antilope andava a provocare il ghepardo per farsi inseguire”.
C’è chi afferma che il fatto stesso di vivere in un circo comporti per l’animale una sorta di “prigionia” perché le condizioni non sono quelle che l’animale avrebbe nel proprio ambiente naturale.
“E’ un nonsenso. Il problema per la salute fisica e mentale dei mammiferi, tanto domestici che selvatici, è l’uso del tempo: vediamo continuamente dei poveri cani di grosse dimensioni confinati su un terrazzo. Ogni mammifero è costruito per lavorare, cioè cercare di procurarsi il cibo, mediamente per un certo tempo ogni giorno e riposare il resto del tempo. Le ore di addestramento e di spettacolo suppliscono precisamente a quelle che, in natura, lo stesso animale spenderebbe per guadagnarsi da mangiare”.
I circhi sono rimasti per molti bambini l’unica possibilità di vedere da vicino le specie esotiche e non solo. La ritiene una opportunità oppure no?
“In questi anni certe cose sono cambiate, almeno, fino ad un certo punto. Il vedere la “bestia” vera e non solamente alla televisione è, molto probabilmente, per molti bambini utile complemento a quello che vede in TV, ma la vera e massima utilità del circo, penso, è precisamente quella di far vedere come sia possibile raggiungere con quasi ogni sorta di animali, un vero rapporto di collaborazione, come sia possibile, per un bambino, giocarci insieme, ma anche come si deve imparare a giocare con gli animali, che non sono dei peluche. Molti degli incidenti che purtroppo succedono ai bambini sono dovuti al fatto che essi non vengono adeguatamente educati ad interagire con i vari tipi di animali e a capirne il “linguaggio”. Sotto questo aspetto il potenziale educativo dei circhi mi sembra ancora poco sfruttato”.
Ci sono realtà impegnate del mondo animalista che giudicano diseducativa per i bambini la visione di spettacoli con animali al circo in quanto “istigherebbe” ad “usare prepotenza verso chiunque non sia in grado di difendersi” (cito da un opuscolo diffuso nelle scuole da una di queste associazioni). Lei cosa ne pensa?
“Gli “animalisti” di solito non capiscono nulla degli animali che vorrebbero proteggere. Quando mai un bravo addestratore, che sia di cani o di tigri, usa la “prepotenza”? Certo ci sono e ci sono sempre stati gli energumeni che vogliono “sottomettere” il loro cane a bastonate, ma sono, nella migliore delle ipotesi, semplicemente degli ignoranti. I veri risultati si ottengono quando si stabilisce un rapporto affettivo in cui l’animale collabora con entusiasmo. I nostri animalisti potrebbero riflettere sul caso classico di cani che, quando vogliono andare a spasso, vanno a cercare il guinzaglio e lo portano al padrone”.
Cosa pensa del dilagare di una cultura che parla ormai apertamente degli animali come di esseri dotati di una coscienza con veri e propri diritti stabilendo una continuità assoluta fra animale e uomo?
“Non c’è dubbio che, in modi diversi a seconda delle specie, ma almeno molti mammiferi e, forse, alcuni uccelli abbiano quella che si può chiamare “coscienza”, siano capaci di forme di ragionamento astratto ecc. La differenza sotto certi punti di vista, fra noi e loro è di grado di sviluppo, sotto un altro punto di vista, invece, le differenze sono radicali a seconda delle specie. I loro sistemi di percezione, tranne per i Primati, sono diversi dai nostri e quindi la loro “immagine” del mondo è diversa a seconda delle specie. Ad un diverso modo di percepire il mondo corrisponde anche un diverso modo di analizzarne gli stimoli, se vogliamo, “di ragionarci sopra” e noi del come lo facciano non possiamo sapere, proprio perché siamo costruiti diversamente. Constatiamo i risultati. Solo entro certi limiti e con moltissima esperienza possiamo arrivare a capire come ragiona una foca, un cane, un delfino o un cavallo. Non sono assolutamente bambini travestiti dentro qualche maschera o pelliccia, sono cani, leoni, cavalli ecc. Personalmente penso che abbiano ragione il Mazzini dei “doveri dell’uomo” o il Kipling di “If”: i diritti nascono dal come siamo capaci di vivere, si guadagnano, si meritano. In questo senso un bravo cane o un bravo leone hanno i loro diritti, che, peraltro sono secondo la loro natura, diversa da specie a specie ed, in certi casi, da individuo a individuo”.
In base alle cognizioni scientifiche esistenti ritiene che gli spettacoli con animali debbano essere vietati oppure che sia possibile equilibrare l’esibizione degli animali con il loro benessere?
“Non vedo alcuna ragione per vietare spettacoli con animali di qualsiasi genere. Come ho detto in principio, i proprietari degli animali hanno un preciso interesse nel benessere delle loro proprietà ed i bravi addestratori hanno in più un legame affettivo con i loro animali. Caso mai potrebbe essere il caso di vedere di crescere, mi verrebbe da dire di allevare, addestratori sempre più preparati, ma questo è un problema proprio di una scuola che può farsi quasi esclusivamente proprio all’interno dei circhi stessi”.
Chi è Alberto Mario Simonetta. Nato il 26 marzo 1930, a sedici anni si è iscritto alla Facoltà di Medicina e si è laureato a ventidue, tre anni dopo si è laureato in Scienze Naturali. Assistente incaricato, poi di ruolo e professore incaricato, a trentasei anni ha vinto il concorso per professore ordinario e tenuto gli insegnamenti di Zoologia e di Anatomia Comparata, ma anche di Storia delle Scienze. Ha svolto ricerche in Sud Africa, Stati Uniti e diversi paesi europei, nonché numerose missioni di raccolta e di studio sul campo in Somalia, Africa centrale, Afghanistan e India. È stato membro della Commissione di studio per la conservazione della Natura del Consiglio Nazionale delle Ricerche, membro dei consigli d’amministrazione dei Parchi Nazionali d’Abruzzo, della Calabria e dello Stelvio, della Commissione Antilopi dell’International Union for the Conservation of Nature, ha svolto missioni per la Cooperazione Italiana coi paesi in via di sviluppo e per la FAO. Si è attivamente interessato a problemi di conservazione e gestione della Fauna. In pensione dal 2002, su proposta della Facoltà di Scienze di Firenze tiene tuttora i corsi di Evoluzione Biologica e Morfologia Biologica Teorica. E’ anche autore di alcuni romanzi pubblicati da Polistampa e Nefila e fra i suoi interessi c’è anche lo studio della monetazione dell’impero Partico e del regno di Cappadocia, argomenti sui quali ha pubblicato diversi lavori.