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Il circo di Rodchenko, una pennellata di fantasia nel grigiore del socialismo reale

La cavallerizza

 


Da sempre Alexandr Rodchenko considerava il circo come un santuario entro il quale fosse possibile proteggersi dal realismo, subiva il fascino dell’ambiente e dei suoi abitanti, e sosteneva che un paese socialista avesse bisogno di fantasia, giocolieri, ventriloqui, fuochi d’artificio e acrobati. Infatti al momento di rimettere a nuovo il suo studio, quando dagli esordi costruttivisti e fotografici si apprestava a rifugiarsi nuovamente nella pittura, ne ricoprì le pareti con immagini che rimandavano a questo fantasioso milieu.
Di recente era stato scottato dall’esperienza con lo stato sovietico che, a partire dal 1933 secondo una nuova estetica da seguire, gli aveva impedito di esercitare liberamente l’attività artistica di fotografo, obbligandolo a lasciare da parte la sua ricerca volta a dimostrare quanto insolito, inaspettato ed estremo potesse essere il reale, per dedicarsi alla documentazione delle sole attività di stato.

Studio per il costume di un clown

Per questo motivo, attorno al 1935, Rodchenko decise di abbandonare la fotografia e di rifugiarsi ancora una volta nella pittura dove poté di nuovo rendere omaggio al circo.
In una maniera molto romantica, invidiava e ammirava il circo perché era un luogo dove le regole potevano essere ribaltate, le identità messe in dubbio e le leggi della gravità disattese. Questa visione molto emozionale (difficile credere a un circo di Mosca dove le leggi potessero essere ribaltate, data la ferrea organizzazione che lo regolamentava dall’interno e dall’esterno) si riflette nella composizione dei quadri e soprattutto in una scelta cromatica quasi eterea. Esemplare in questo caso l’opera La cavallerizza che a tratti pare anche un naif e assolutamente priva di regole se non quelle della sensibilità cromatica e dell’emozionalità.
Ritornano invece prepotentemente le geometrie e le cromie di base in Studio per il costume di un clown che strizza l’occhio alla tradizione perseguita da molte avanguardie del Novecento di disegnare e pensare abiti di scena per il teatro e lo spettacolo.
Il giocoliere

Il Giocoliere invece è un’opera dinamica, espressiva, ma allo stesso tempo intensa per la partecipazione che il colore sembra rivestire nell’attività del personaggio. Un personaggio solo, in una nebulosa onirica di tinte blu, che gioca con le proprie palline, quasi a simboleggiare la condizione di frustrazione dello stesso artista rimasto solo con la propria arte come consolazione.
Stefania Ciocca