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Di Alessandro Serena


Un recente viaggio in Mongolia è l’occasione per ripercorrere per cenni la storia del circo in questo paese e provare ad analizzare le attuali prospettive. Ancora una volta il Circo come cartina tornasole del mondo. Delle società dove si manifesta, dalle quali, in qualche modo, filtra e lascia apparire alcune delle caratteristiche finanche antropologiche.

Fra Oriente e Occidente

La storia e l’organizzazione del circo in Mongolia, così come il suo sviluppo come Nazione, sono state assai influenzate dalle culture cinese e russa. Con scritti che risalgono ai viaggi di Marco Polo. In realtà, però, è difficile reperire informazioni certe sugli sviluppi dell’arte circense mongola fino ai primi decenni del secolo XIX. Il primo piccolo circo stabile di Ulan Bator occupa i locali di un antico monastero buddista di forma circolare costruito sei secoli prima: una struttura di dimensioni ridotte, poco sviluppata in altezza e capace di poco più di duecento posti a sedere. La sua modifica in tal foggia pare risalire al 1897 per volere da colei che in quegli anni si poteva considerare la Regina della Mongolia, pur in una sorta di protettorato cinese. Con il 1921, la Mongolia si libera dal colonialismo cinese e avvia un processo di statalizzazione di ispirazione sovietica. Risale al 1934 la prima visita a Ulan Bator da parte degli artisti del Circo russo. A seguito di ciò, un giovane mongolo, Giamian Artnabasaar, decide di iscriversi alla Scuola di Mosca, per poi tornare nella propria capitale e fondare un archetipo di circo nazionale, la cui attività viene ospitata in uno degli edifici adiacenti al Teatro dell’Opera, nella piazza principale della città. Entra in scena una fra le figure fondamentali del circo russo, quella di Alexander Volochine, uno dei massimi esponenti della pedagogia circense del secolo, è il creatore o il consulente alla creazione delle scuole di circo in Egitto, Cuba, Vietnam, Cambogia e Guinea. Nel 1939, anche grazie al lavoro di Volochine, il governo mongolo emette un decreto col quale lo stato riconosce la funzione sociale del circo e si impegna nella sua valorizzazione attraverso la creazione di una Scuola e di un Circo di Stato. I primi insegnanti sono ovviamente russi. La moglie di Volochine forma, fra gli altri, la giovane contorsionista Togoontchuluun Tsendayuch, fondando in pratica la moderna scuola di contorsionismo della Mongolia. Anche se tracce ancestrali sono presenti anche nelle pratiche Yoga e di meditazione, piuttosto consuete fra i buddisti.

L’Ulan Bator State Circus oggi.

Un circo autoctono

Dopo il tormentato periodo della Grande Guerra, il primo spettacolo promosso interamente da artisti mongoli, diplomatisi alla Scuola di Ulan Bator, risale all’anno accademico 1944-45. Nel 1963 viene fondato un piccolo museo delle arti circensi, sito all’interno di un locale presso il piccolo circo stabile. Il passo più importante nello sviluppo delle strutture si ha nel 1971, quando grazie ad una collaborazione e uno scambio culturale con la Romania, l’architetto Ya Sharkhuu disegna un nuovo stabile, partendo dal modello di Bucarest ma arricchendolo, pare prendendo ispirazione dal tradizionale cappello rotondo indossato dalle donne mongole. In quegli anni il Circo Nazionale Mongolo è molto attivo, come gli stabili del blocco socialista. In grado di presentare produzioni diverse di fronte a circa 900.000 spettatori l’anno. Con un blocco di artisti impiegati di 50 integrati da un’ottantina a chiamata e 50 animali.

Alessandro Serena in visita al vecchio piccolo circo stabile di Ulan Bator.

Nello stesso periodo si coagulano le discipline che in seguito distingueranno gli artisti mongoli nel mondo, collegati alle tradizioni locali, in particolare gli spettacolari numeri degli uomini forti, o gli splendidi esercizi di contorsionismo, formati in principio quasi esclusivamente dalla Tsendayuch. Presenti anche gruppi di acrobati a cavallo e su cammelli. Le produzioni sono spesso basate sull’aspetto etnico e tradizionale della nazione, con numeri accompagnati dallo khoomei, il tipico canto bitonale, eseguito da uno sciamano, in un compendio di folclore locale. Gli artisti, però, restano confinati entro i limiti della cortina di ferro di allora. Il Circo della Mongolia si svela, infatti, solo dalla seconda metà degli anni Ottanta, con le prime importanti tournée in Europa da Knie e le partecipazioni ai Festival di Monte Carlo e di Parigi.

Prove al al vecchio piccolo circo stabile di Ulan Bator.

Transizioni economico politiche

La Mongolia, come tutti i paesi dell’ex blocco socialista, alla fine del secolo scorso è stata segnata da bruschi cambiamenti socioeconomici. Nel 1990 Norov Batmunch, un valido ex artista, viene nominato nuovo direttore del Circo, che da Statale diventa Nazionale: lo stato cessa, cioè, di sovvenzionarlo, limitandosi a concedere qualche agevolazione. Il Circo nazionale continua ad annoverare tra le proprie file circa centottanta addetti e lo stato continua a sostenere l’attività della scuola, seppure con cifre esigue. Edificio deputato all’istruzione dei giovani allievi è divenuto il vecchio piccolo circo stabile, che ospita anche il museo. Gli allievi più grandi sono spesso iscritti all’Istituto per le arti dello Spettacolo, insieme agli allievi della locale scuola di danza, di coreografia, di musica, cosa che favorisce una positiva commistione fra discipline diverse. La direttrice della Scuola è, dal 1990, Ulzy Tsetsegee. Integrato nella scuola, ma operante nel nuovo circo, è uno studio del contorsionismo, diretto ovviamente dalla Tsendayuch. Dal 1996 presso la scuola ha sede lo Studio delle Arti Circensi, con il compito di raffinare nella messinscena i numeri di artisti già dotati di un buon livello tecnico. Il direttore dello Studio è Nawan Namkhai, diplomato alla scuola di Mosca, artista e regista del circo di Stato, che vanta numerose tournée all’estero. L’approccio alla creazione è vario ma in generale si tenta di mantenere nei numeri forti componenti folcloristiche. Nel 1997 Norov Batmunch, direttore del circo nazionale, si trasferisce in Canada dove per alcuni anni collabora con il Cirque du Soleil. Al suo posto è nominato Zanaagiin Erdenesaikhan, il quale si è avvalso della collaborazione del direttore artistico Dondogiin Zorigt e del responsabile tecnico Ulambayar Enkhbayar. Il nuovo direttore ha cercato di mantenere i buoni standard del Circo nazionale, ma l’impresa non è stata tra le più facili: Ulan Bator è, infatti, difficilmente raggiungibile e troppo distante dai migliori circuiti produttivi dell’Europa e del Nord America. Inoltre, si verifica anche qui il pericoloso fenomeno della fuga dei migliori artisti all’estero, diffuso, in particolare, fra le contorsioniste. Negli anni Novanta sono infatti soprattutto gruppi di tali artiste ad acquistare una buona visibilità in occidente, un quartetto nominato Tunga, gestito dal tedesco Theo Krath, si esibisce in tutte le migliori case dell’epoca. Così come terzetti o coppie di sua derivazione.

Il vecchio Circo di Stato di Ulan Bator

Il futuro: difficoltà e passione.

Dagli anni 2000 purtroppo il sostegno dello Stato si fa quasi inesistente. Nel 2008 il bell’edificio del centro viene acquistato da Asashoryu Dagvadorj, campione mondiale di Sumo, con un capitale personale stimato nell’ordine di svariati milioni. Purtroppo, il suo piano per il rilancio dello stabile lo trasforma di fatto in una struttura polivalente atta a contenere soprattutto eventi di altro genere, come sport, musica, etc. Tanto che nel 2024 prende definitivamente il nome di New ASA Arena e l’attenzione per il circo diventa molto marginale. Un caso interessante è quello di Erdene Nargui, che produce uno spettacolo di forti artisti internazionali in spazi polivalenti, come palazzetti dello sport. Il suo successo ha creato degli emuli che però per ora faticano a raggiungere lo stesso livello. Lo stesso Erdene si è fatto tramite fra giovani artisti mongoli e il grande circuito internazionale. In questi ultimi anni, infatti, si è rafforzato l’indispensabile legame con il Festival di Monte Carlo. Delle troupe di bascula o altre discipline anche insolite (acrobazia su sfere, trampolini-bascule, etc.) formate quasi appositamente hanno figurato bene e vinto premi importanti e soprattutto trovato ingaggi rilevanti. Si sono anche distinti solisti che magari da anni operano fuori dal paese d’origine. Per anni la Mongolia è stato un Paese difficile da raggiungere, anche per la mancanza di sedi diplomatiche. Da qualche anno ha aperto l’Ambasciata italiana a Ulan Bator. Ciò permette maggiore facilità negli scambi culturali. La sede collabora con la Caritas, che gestisce, per altro, un orfanotrofio nei dintorni della capitale. Il progetto Open Circus ha agevolato un incontro fra gli ospiti della struttura e il Clown dei Clown David Larible, stella dello spettacolo Circo del Mondo, presso la Steppe Arena.

L’incontro tra gli ospiti dell’orfanotrofio e David Larible alla Steppe Arena

Di fatto, però, in questi ultimi anni è diventato difficile per gli artisti seguire un percorso strutturato e finanche trovare un luogo dove allenarsi con dei coach preparati. Studi di contorsionismo, che non necessitano di grandi spazi, si possono trovare quasi ovunque, come nel salotto di Battseren Namsrai, una delle componenti del quartetto Tunga, che gestisce ora una scuola di contorsionismo e yoga. Un pochino più grande lo spazio ricavato in una vecchia fabbrica dalla scuola Pyramid in grado di occuparsi anche di discipline aeree. Ancora più ampia la sala del vecchio piccolo circo, anche se ormai in degrado, che viene utilizzata a cicli alterni da diversi gruppi. Ovviamente il problema risiede in questioni di natura socioeconomica: la situazione generale è per certo in fase di sviluppo, ma è ancora lontana da standard rassicuranti. Fino a quando essa non si sarà stabilizzata, difficilmente si potranno prevedere gli sviluppi dell’arte circense mongola. Ma, si sa, le arti della meraviglia sono antiche di millenni e trovano sempre il modo di perpetuarsi. È ammirevole la passione che motiva decine, forse centinaia di potenziali artisti mongoli ad individuare spazi, luoghi e procedure attraverso le quali formarsi. Per portare le loro tecniche in tutto il mondo.

La troupe Mystery of gentleman bronzo al festival di Monte Carlo 2023






*Per quanto concerne la storia remota l’autore si è basato sulle ricerche già pubblicate in Storia del Circo, Odoya, 2024.