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I Grioni, circensi per scelta non per tradizione

Il circo Grioni è il tipico esempio di arte popolare. L’atmosfera che si respira sotto il piccolo tendone a strisce gialle e bordò è la stessa che si ritrova sotto i più famosi chapiteau del mondo, eppure c’è qualcosa che stona, non in maniera negativa, ma che diversifica questo complesso (dall’insegna poco conosciuta) e tuttavia lo rende unico nel suo genere.
Non si può certo dire che possa competere con le grandi dinastie circensi, né che possa trovare familiarità con gli spettacoli più ricercati, ma è proprio la diversità il suo punto di forza. Ciò che balza subito all’occhio è la grandezza della pista e del tendone, dove le canoniche misure non vengono rispettate. La capienza è assai limitata: all’incirca cento posti dove gli spettatori non si accomodano su panche o poltroncine ma su seggioline di plastica colorata disposte come se fossero un arcobaleno. Le stelle di punta non sono famosi ammaestratori del calibro di Stefano Orfei o Flavio Togni, acrobati, contorsionisti o trapezisti, ma cani, pappagalli, furetti e canguri australiani.
Insomma uno spettacolo particolare, che da qualche anno visita tutto il nord Italia, ma che ad ogni tappa di questo lungo tour nel settentrione registra sempre il tutto esaurito. Un’ora e mezza di risate, colpi di scena e giochi, in cui l’ingrediente principale è sempre la semplicità; non ci sono numeri di elevato contenuto tecnico, ma le antiche arti circensi risplendono in maniera unica perché unite alla fantasia del mondo fiabesco. Sono infatti i personaggi Disney (Topolino, Winnie the Pooh, Pippo…) ad avere l’onore di introdurre i numeri, coinvolgendo in un crescendo di emozioni il giovane pubblico. Il ruolo del mattacchione è affidato a Marco Grioni, in arte “Clown Pompelmo”, figlio del capostipite di questa famiglia di “fermi” (cioè di persone che non hanno legami o parentele nel mondo circense), che ha deciso di abbandonare la vita comune per intraprendere questa faticosa avventura, resa ancora più dura dal fatto di non avere nessuna esperienza a riguardo e nessun punto di riferimento in questo ambiente.
Al circo Grioni però le sorprese non finiscono, infatti tra questi fermi diventati circensi per scelta, c’è anche un uomo che ha fatto il percorso opposto. Da circense è diventato fermo. Questo artista che apre lo spettacolo e rimane protagonista per i primi venti minuti è Mirko Niemen, discendente dell’antica famiglia del Circo Russo. Mirko è cresciuto nel circo, ma per una scelta di vita personale ha abbandonato la sua carriera per dieci lunghi anni, poi da poco è tornato in pista, felice di riprendere il lavoro dove lo aveva interrotto. Cosa ci fa dunque un artista come Mirko in un piccolo circo come il Grioni? Una sorta di compromesso: lui ne approfitta per allenarsi prima di poter tornare l’artista di un tempo, il complesso invece ne trae vantaggio ad annoverare nel suo cast un nome come quello dei Niemen. Con lo sguardo ammaliatore ed il fisico atletico fasciato nella camicia bianca di scena, Mirko Niemen tiene gli spettatori con il fiato sospeso esibendosi in numeri di mano a mano di crescente difficoltà, mentre fuori dal tendone gli scalpitanti amici a quattro zampe non vedono l’ora di entrare e di farsi accarezzare dai bambini. Così il pappagallo Piuma, il furetto Loredana, la capra tibetana Bambi, il lama Filippo, ed il canguro australiano Spillo chiudono lo spettacolo tra le urla di eccitazione dei piccini.
Il circo Grioni è dunque l’eccezione che conferma la regola: non sono necessari costumi pieni di lustrini, attrezzi particolari o animali perfettamente addestrati e bardati per fare circo. Servono solo tre ingredienti, pazienza, passione e coraggio. E i Grioni di coraggio ne hanno da vendere. Viene solo voglia di fare il tifo per loro!
Valentina Ripa

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