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Gli animalisti hanno una deontologia?

Quello che segue è l’editoriale che compare sulla rivista “30 giorni” a firma del presidente Fnovi, Federazione Nazionale Ordini Veterinari Italiani, Gaetano Penocchio.

Gaetano Penocchio

L’amore per il vivente non umano, non raramente si relaziona al disprezzo per la persona umana. Marco Melosi e Massenzio Fornasier, durante la calda estate di Green Hill, sono stati duramente attaccati in Rete, con centinaia di mail deliranti che violentano, oltre alla verità, i diritti della persona e la legalità. Il destinatario dell’opera professionale è l’utente, le cui responsabilità o fini non sono mai trasferibili. L’atto di rivolgersi al professionista è una domanda di prestazione a fronte di un bisogno; nell’atto professionale il sapere fronteggia un problema senza dipendere dai soggetti dello scambio. La regola che dà ordine all’esercizio professionale si chiama deontologia, essa orienta l’atto professionale perché sia perfezionato secondo il criterio efficacia-inefficacia e non su quello bene-male. La scelta circa il sistema di valori (giusto-sbagliato legittimo-illegittimo) non è una prerogativa delle categorie professionali, ma della Legge. Se la politica è lo spazio in cui si manifesta l’azione umana e l’etica ne è una sua parte, la politica di una professione regolamentata dallo Stato non può che avere un lato etico (deontologia) e uno giuridico (osservanza degli ordinamenti): due dimensioni in stretto rapporto reciproco.
Tutto il mondo animalista ha letto e giudicato con favore il position paper della Fnovi sulla sperimentazione animale. Quel documento non è interpretabile, né strumentalizzabile e porta, fra le altre, la firma di Massenzio Fornasier.
La Fnovi non prende lezioni di deontologia da chi non ne ha. Buttati i messaggi più beceri, ho conservato questo, che ben rappresenta lo stereotipo di un atteggiamento frequente, quando rivolto ai medici veterinari. Infantile, egocentrico, privo di realismo, chiuso ad ogni prospettiva logica, ma anche etica: ..sono uno dei tanti affidatari dei cuccioli di beagle di Green Hill. Ho sem- pre desiderato un cane. Ieri ho finalmente coronato la mia scelta… Non avendo un veterinario di riferimento ho chiamato un po’ dei suoi colleghi e dopo aver annunciato di aver preso in affido un cucciolo di Green Hill … mi è stata scandita in modo freddo la parcella; se questo è l’apporto che la vostra categoria dà, vuol dire che siamo messi proprio male e che alla fine si bada solo ed esclusivamente al Dio DENARO …. quando si tratta di badare ai propri interessi non si guarda in faccia a nessuno. Di questo scandalo il filantropo mette “in conoscenza” il Gabibbo. E l’umanesimo va diritto in soffitta.
Forse non nuoce chiedersi perché questo signore, che da sempre desiderava un cane, ha aspettato un cucciolo di beagle di Green Hill e non ha adottato uno delle migliaia di cani incrocio ricoverati nei canili rifugio del nostro Paese. Forse sarebbe educativo per lui riflettere sul suo altruismo, più che dolersi di quello altrui. Qui la cultura viene uccisa, vive sotto falso nome. O semplicemente non la vediamo accecati dalla “nullocrazia”. A migliaia di medici veterinari rendiamo encomio per i loro atti di deliberata generosità, ma alla commedia di quelli che fanno del bene agli animali e con il bene degli altri e contro gli altri non ci stiamo più.

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