Skip to content Skip to footer

Giocolieri davanti al Papa: metafora del guardare verso l’alto

I tre giocolieri che si sono esibiti ieri all'Incontro delle famiglie
In quel sabato 2 giugno in cui 350 mila persone avevano gremito il Parco di Bresso per dire a Papa Benedetto XVI “Grazie di essere qui” era presente anche il circo. Quasi inosservato dalle telecamere, ma c’era, e aguzzando gli occhi si poteva vedere come l’ho visto io. Clave e cerchi mandati su, verso l’alto, per ricordare a Sua Santità che c’è chi al cielo si rivolge non solo a mani giunte ma anche a mani dispiegate secondo le regole di un gioco antico. Così antico da risalire, nella storia dell’uomo, ancora prima che sulla ribalta del mondo si presentasse il figlio di un falegname di nome Gesù.
Una apparizione fuggevole, quella dei nostri giocolieri, cui sicuramente i 350 mila di Bresso hanno guardato con qualche curiosità ma senza domandarsi quale collegamento non visibile si potesse incrociare con il piccolo uomo vestito di bianco che ancora osa, in un mondo in cui spesso si bestemmia pur senza sapere che lo si fa, parlare di un Redentore che ancora è fra noi. Eppure piccola, modesta, quasi invisibile, è lezione anche la lezione di speranza che si sprigiona nella gestualità del giocoliere.
Clown all'incontro mondiale delle famiglie di Milano
Le due foto sono tratte da www.milano.repubblica.it
Mandi in alto qualche cosa che potrebbe cadere al suolo, o potrebbe andare troppo lontana, o potrebbe cadere così vicina da far male, ma per chi pratica l’arte è invece solida, immutabile certezza che tornerà sulle mani nel modo giusto e nel tempo giusto. L’arte del giocoliere è metafora di chi crede in ciò che il senso comune non accetta. Sicuramente uno dei migliori cenni di benvenuto e di augurio nei confronti di un Papa che, ad onta di una gracilità fisica apparente, si sforza di ricordare a una comunità quale è quella cristiana, pronta all’applauso ma anche alla dimenticanza, che il gioco di alzare gli occhi da terra per guardare in alto da 2000 anni si chiama Salvezza.
Ruggero Leonardi