E’ deceduta ieri Fiorenza Colombo. La ricordiamo con questa bellissima intervista rilasciata ad Alessandro Serena e Antonio Giarola per la rivista Circo nel 2006.
di Antonio Giarola e Alessandro Serena
Fiorenza Colombo Fratellini Togni. Nomi di molto peso nel circo. Ha la segatura nelle vene?
Per quanto riguarda il sangue sono una “meticcia”. Mio papà non era di origine circense. Era stato però anche lui un artista del corpo. Aveva avuto una breve carriera come danzatore, arrivando a lavorare per La Scala di Milano. In seguito ad un incidente ebbe le gambe fratturate e, dopo una breve carriera di architetto, decise di ripiegare in palestra. Lì, in quegli anni, le discipline circensi erano molto praticate. Lui si distinse al trapezio con uno stile molto personale con molte piroette, derivato dalla sua impostazione di danza. Venne ingaggiato dalla troupe Eghelmann con la quale andò in tournée in Russia, dove incontrò mia madre, che era nata nel 1901 a Parigi e faceva la generica in un buon circo italiano dell’epoca, il Proserti.
La Russia è stata la patria adottiva di molti circensi italiani.
Era una nazione molto frequentata dai nostri artisti di circo e di varietà. Il grande giocoliere Enrico Rastelli nacque laggiù, così come il mio prozio Alberto Fratellini. Mia nonna era nata in Russia anche lei, una Proserti in Fratellini. E, più modestamente, anch’io ebbi questa sorte. Sono nata il 25 febbraio 1923 alla frontiera russa. In quegli anni molti artisti europei si trovavano in quello sterminato territorio in una situazione di grande incertezza e per lo più in fuga dai bolscevichi. Dopo la rivoluzione del 1917, infatti, stava avvenendo la statalizzazione forzata del circo e del varietà.
Fratellini è un nome prestigioso.
Senz’altro, anche se non “sfruttato” dal nostro ramo della famiglia. Del resto il Trio Fratellini “originale” non gradiva che gli altri famigliari utilizzassero quello che era diventato un vero e proprio marchio di successo. Avevano contratti ovunque e sponsor a iosa. Ed ispiravano persino un’ampia gamma di oggettistica. Erano assai amati ed impegnati anche nel sociale. Furono fra i primi clown di ospedale della storia.
È noto che i Fratellini erano già artisti circensi dai tempi di Garibaldi. Pare che un mio bisavolo dopo aver fatto due campagne con Garibaldi, avesse messo su una piccola compagnia con due compagni d’armi a Forte dei Marmi nel Teatro delle Verdure. Si parla della seconda metà dell’Ottocento. Poi si trasferirono in Francia dove arrivò il grande successo, soprattutto di Francesco, Paolo ed Alberto. Mio nonno era invece Luigi, il fratello più grande che dapprincipio lavorava in coppia con Paolo (il papà di Annie, celebre per la scuola di Circo a Parigi). Nel 1905 quando Luigi, dopo aver avuto cinque figli, morì per il vaiolo nero, Paolo si ricongiunse agli altri fratelli, dicendo però alla vedova che avrebbero provveduto al mantenimento della famiglia. Ma mia nonna era molto orgogliosa e volle tornare dai suoi famigliari di origine, in Russia.
Laggiù la nostra infanzia fu molto serena. Eravamo una famiglia grande e mia mamma viveva con i due fratelli. Le sorelle erano sposate con due russi. Mia sorella Ginetta era molto carina, tanto che un bolscevico voleva portarla via. La nascosero in una cantina e decisero infine di fuggire dalla Russia. Del ramo “sovietico” non abbiamo più avuto notizie sino ai primi anni ’90, quando, a Taranto, si è fatto vivo un nostro cugino di cui non conoscevamo neppure l’esistenza.
Un altro legame con la Russia si è rinsaldato di recente, quando mia nipote Samantha, la figlia di Danila, si è spostata con un russo, Ernest Iouvilov, col quale ha ottenuto un lungo contratto al Moulin Rouge.
Non solo ricordi lieti.
La vita del circo, soprattutto in quegli anni, ti porta in contatto con ogni realtà, anche le più tristi. Come quando lavorammo in un campo di prigionia. Eravamo obbligati ogni sei mesi a lavorarne due per le forze armate. Mia mamma parlava russo. Dopo l’esibizione, un prigioniero russo l’ha chiamata e ha voluto per forza darle un mazzetto di margherite dicendo “Spassiba”! Grazie!
Un altro prigioniero era italiano. Con i nostri bollini abbiamo preso del pane e salame, abbiamo fatto un pacchetto e glielo abbiamo dato. Lui è scoppiato a piangere e ha voluto farci dono di una foto della sua famiglia, era l’unica cosa cara che avesse.
A Lodz (Lidzmanstadt) abbiamo conosciuto molti bambini nei ghetti ebrei. Noi avevamo delle caramelle e glieli abbiamo date mentre i soldati tedeschi li allontanavano percuotendoli con i calci dei fucili nelle costole. Brutti ricordi.
Dopo la Russia.
Mio padre voleva a tutti i costi che studiassimo danza. Pensava che la base del nostro mestiere fosse il ballo classico perché dona l’aplomb. Io andavo a lezione a Bruxelles: violino, canto, danza. Ma dopo la guerra dovemmo venire via dal Belgio, perché gli italiani non erano troppo ben visti. Tornati in Italia fui rifiutata dal conservatorio per problemi di… altezza, dissero che ero troppo bassa. Molto delusa mi buttai sull’acrobatica, pur continuando a coltivare il mio repertorio di quattro opere cantante classica.
L’incontro con Darix Togni?
Conobbi colui che era destinato a diventare mio marito nell’agosto del 1945. La mia famiglia si trovava a Milano, dove avevamo un appartamento. Mio padre era solito scendere in galleria Vittorio Emanuele, il consueto ritrovo di artisti ed impresari. Lì incontrò il signor Tete col quale si accordò per una breve scrittura di quattro giorni al Circo Nazionale Togni, a Como. Ma quando lo comunicò a noi, io mi rifiutai, perché avevo molti pregiudizi nei confronti del circo, preferendo piuttosto il teatro di Varietà.
Qualche giorno più tardi mio padre incontrò di nuovo il Signor Tete, il quale gli chiese conto del suo comportamento e insistette comunque per il contratto.
Alla fine ci facemmo convincere e sembrava che le mie paure trovassero fondamento, perché mentre scaldavo la voce i giovani dei Togni mi prendevano in giro. Ma dopo la mia prima esibizione, pare che il canto abbia fatto l’effetto di quello delle sirene, visto che da allora Darix prese a corteggiarmi. Mio padre accettò una scrittura un po’ più lunga. In realtà Darix dapprima si interessò a mia sorella, che doveva divenire la moglie del Cesare. Lei era più carina, ma io ero più simpatica. Tutti i ragazzi in compagnia facevano il filo a mia sorella, che però era più timida, poi venivano conquistati dalla mia compagnia. Lo stesso capitò con Darix.
Ricordo ancora il nostro primo bacio. Eravamo seduti sul paglione, sistemato ad asciugare fuori dal circo. Era un modello di allora, riempito con foglie di mais. Stavo mangiando un pezzo di cioccolata e Darix me ne chiese un pezzo. Ma avevo appena addentato l’ultimo boccone, così l’unico modo fu scambiarsi il primo bacio. Galeotta fu la cioccolata! Il gennaio seguente ci sposammo. Io ero già in attesa della nostra primogenita, Danila. Così comincio la mia splendida vita con Darix.
Diventare madre comporta abbandonare la pista?
Al circo raramente chi diventa madre lascia la carriera definitivamente. Più spesso si concede una breve pausa di qualche mese appena. Io con Corrado che “bussava” alla pancia continuavo a cantare in orchestra. Facevo le piramidi, il poutpourri ed i balletti. Vivevamo quasi sempre in carovana, allora con molti meno confort di adesso.
Da allora una vita insieme.
Come fossero mille. Voglio ricordare solo un episodio, l’incendio di Milano, nel 1962. Eravamo in carovana e stavamo mangiando. Era uno dei rari momenti di tranquillità e Darix per stare più comodo si era tolto le scarpe. Fuori nevicava. C’era il silenzio tipico di quando il mondo è coperto da un manto candido. Ad un tratto sentimmo urlare: al fuoco! Al fuoco! Darix corse fuori a piedi nudi e non lo vidi più fino a quando il fuoco non si spense del tutto. Quel giorno bruciò tutto quello che avevamo. Non rimasero feriti gli animali. Un guardiano delle tigri salì sulla gabbia e versò acqua abbondante sulle belve per un bel po’. Gli elefanti, invece fecero di testa loro, in tutti i sensi. Corsero fuori dalla scuderia e trovarono la strada bloccata da un muro. Lo buttarono giù a testate e crearono un varco attraverso il quale trovarono scampo anche parecchie persone. Quel giorno, come ho detto, andò tutto perduto, ma non ci furono perdite umane. E solo dopo essersi accertato di ciò, Darix fece ritorno in carovana, ancora scalzo. Un uomo straordinario che mi ha regalato dei giorni straordinari.
L’intervista è stata pubblicata sulla rivista Circo, maggio 2006