Fernand Léger è un pittore francese che, essendo nato nel 1881, ha avuto la fortuna di vivere quella straordinaria temperie culturale che la Francia offriva in ambito artistico agli inizi del XX secolo.Ebbe anche la fortuna di intraprendere sin da giovanissimo gli studi artistici e decorativi e fondamentali per lui furono tre cose: l’incontro con persone di ogni estrazione sociale durante le due Grandi Guerre, la frequentazione delle nuove avanguardie artistiche e il dinamismo che la Parigi del 1900 poteva infondere ad un giovane artista.
Nel primo caso l’importanza risiede nel fatto che conoscendo un’umanità variegata si fece largo in lui il chiaro obiettivo di poter comunicare universalmente la sua arte affinchè fosse comprensibile anche all’individuo meno acculturato.
La frequentazione delle avanguardie, dapprima i Fauves di Matisse, poi il cubismo di Picasso e Braque con qualche influenza del futurismo italiano fu l’altro elemento che delineò la sua arte: un’arte semplice, elementare ma diretta. Un’arte che parla di dinamismo e di valore delle forme, un cromatismo base e dei tratti neri marcati, quasi grafici. Da un lato si rivela comprensibile universalmente e dall’altro risponde ai nuovi dettami delle avanguardie (ispirate però al capofila della ricerca geometrica in arte, Paul Cezanne) che esaltavano la geometria, la primarietà dei colori, la suprema importanza dell’oggetto sul significato simbolico-filosofico e, soprattutto, il forte dinamismo che si ricercava. Come ogni artista però, per quanto Léger possa ascriversi ad una o più correnti artistiche, indubbiamente sviluppò un suo stile che lo rese riconoscibile, uno stile che è stato da alcuni ribattezzato “tubismo”: una variazione del cubismo che però spiega queste linee semplici, regolari e curve, un poco tondeggianti.
Fernand Léger toccò differenti tecniche, un po’ come altri artisti erano soliti fare: i suoi contemporanei come Picasso e Braque si erano dati al collage oltre che alla mera scomposizione geometrica e quindi anche lui sperimentò linguaggi differenti come il mosaico, l’arazzo, la scultura, la ceramica, l’illustrazione e la scenografia. In quest’ultimo ambito regalò alla storia del cinema e delle avanguardie, non solo artistiche, il celebre Ballet Mechanique nel 1924, sintesi massima dell’esaltazione delle forme geometriche in uno spettacolo.Pensato come film multimediale (prevedeva un’esecuzione musicale dal vivo) l’opera presentava una serie di immagini e accostamenti che moltissimo devono al circo, già a partire da una sorta di Charlot iniziale, (s)composto da forme geometriche che dà il via all’opera. Oltre che al cinema Léger subì influenze anche dalla poesia, nelle vesti del vate dei calligrammi Guillaume Apollinaire, e partecipò alle più nuove istanze artistiche come il Nouveau ésprit.
L’iter di scomposizione messo in atto dall’artista per raggiungere la purezza geometrica dai più ricercata sembrava volto a una dissoluzione tale da non lasciar posto alcuno alla figura umana. Ma subentrarono le passioni, si delinearono e, non ultimo, arrivò la seconda guerra mondiale che al suo passare sradicò anche qualche convincimento e qualche manifesto artistico. Al fondo della via della dissoluzione geometrica, proprio sul finire degli anni ’40, Léger si dedicò a due soggetti in particolare che costituirono gran parte del suo operato artistico: la campagna e il circo.
Il circo ha delle forme che sono diventate quasi archetipiche, i suoi colori spesso primari, il loro brillio, costituiscono elementi base sui quali costruire e incentrare il proseguimento di una ricerca artistica che già possiede solide basi e forti consapevolezze e una passione latente.
Fernand Léger era, in quanto artista residente a Parigi, un assiduo frequentatore del circo Medrano e per lui dipingere clown, acrobati e giocolieri significava da un lato dipingere dei corpi, degli elementi geometrici che si “meccanizzavano” per mettere in pista un’arte fatta anche di oggetti simbolici (cerchi, linee, sfere, cilindri). D’altro canto significava avventurarsi in un mondo di perfezione. Un occhio di riguardo in questa ricerca, formale e voluta, era però nei confronti dei clown tanto che Léger domandò ad Henry Miller di scrivere un soggetto che avesse per argomento la vita di un clown, suggerimento dal quale nacque il romanzo Il sorriso ai piedi della scala. E poi Arlecchini, cartomanti, grandi parate, clown ai piedi della scala (come il sorriso).
Molte delle opere circensi di Léger sono soprattutto litografie espressamente richieste dall’editore Tériade, un grande esponente dell’editoria d’arte francese, che vennero poi racchiuse nel libro Cirque e che diedero nuovo impulso e nuova motivazione all’artista per varcare le tende del circo.
Alla base di tutto c’è il passo verso la perfezione come quella del cerchio, la forma tonda che a molti artisti serve per spiegare il nostro mondo; non a caso il circo Medrano era stato ribattezzato da Fernand Léger come “la terra dei cerchi in azione”.
Il circo è cerchio, è uno spettacolo totale che coinvolge e in cui dominano velocità, solidità, azione, geometria, armonia.
Come Léger invitava: “Lasciate i vostri rettangoli e scoprite la magica azione del circo. Non c’è nulla di più rotondo del circo”.
Proprio lo scorso 3 dicembre a Biot, città che ospita il museo nazionale dedicato a Fernand Léger, è stata inaugurata la mostra dal titolo “Mais quel cirque! Léger et Chagall au pays des cercles en action”.
Stefania Ciocca