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Enis Togni, un grande della grande Italia che fu

enis-togniSentenzia Totò: “A morte è ‘a livella”. Da cattolici, quindi da credenti, siamo pacificamente d’accordo con l’indimenticabile Principe del sorriso. Il ritrovarsi al cospetto di Dio rende gli uomini indistintamente ed inesorabilmente tutti figli eguali di uno stesso onnipotente Padre. Resta tuttavia indelebile il senso, per ognuno di noi necessariamente diverso, del passaggio terreno, della nostra esistenza in questo mondo. E in detto ambito tra i molti, tra i più, di cui si perde pressoché immediatamente memoria, giganteggiano, altresì, figure che con il proprio luminoso esempio segnano un’epoca, tracciano un solco pressoché inscalfibile, lasciano un segno destinato a costituire imprescindibile percorso di affermazione e di successo.
Enis Togni ha impersonificato sicuramente il miglior modello di capo famiglia, di marito e padre affettuoso, di nonno innamorato e orgoglioso dei suoi meravigliosi nipoti. Ma Enis Togni, l’uomo pubblico Enis Togni, è stato sicuramente un ottimo professore della strepitosa orchestra Italia del secondo dopoguerra, facendo ascendere la propria azienda, fatta di impresa e di cultura popolare nel contempo, alle vette da molti soltanto sognate di eccellenza italiana nel mondo.
E’ figlio dell’Italia delle macerie della primavera del 1945 l’Enis Togni che, dapprima con genitori, zii e cugini, poi dal 1953 col formidabile ed esclusivo apporto di genitori e fratelli, riorganizza il migliore dei circhi italiani, destinato nel breve volgere di tre lustri a confrontarsi e competere con i giganti dell’arte della pista europei e nord americani.
Suona, come dicevo, in una grande orchestra, quella che attraverso vent’anni di duri sacrifici, eccezionale abnegazione ed ineguagliabile competenza, conduce l’italietta a recitare il ruolo di modello mondiale di creatività, buongusto, ed eccelsa qualità. E’ l’orchestra degli Enzo Ferrari e degli Agnelli in campo automobilistico, dei Carlo Ponti, degli Goffredo Lombardo e dei Dino De Laurentiis in campo cinematografico, dei De Filippo e dei Garinei e Giovannini in campo teatrale, dei Paolo Grassi in campo musicale, dei Pelucchi, degli Zena, dei Frezzato, dei Preziotti e dei Rossotto nel campo dello spettacolo viaggiante. Tutti grandi professori magistralmente diretti da maestri del calibro di Alcide De Gasperi, di Giulio Andreotti, dei Fanfani e dei Moro, supportati a loro volta da oppositori quali Palmiro Togliatti ed Enrico Berlinguer, o anche da Giorgio Almirante, con il comune senso dell’Italia prima di tutto. E l’Italia miracola, trionfa, e in questa Italia ormai da troppo tempo rimpianta, l’American Circus di Enis Togni acquisisce il proprio legittimo, sacrosanto, strameritato rango di eccellenza che lo porterà, nei decenni, ad insegnare alla Casa Reale di Monaco come creare il Festival circense più importante e famoso del mondo.
Il Circo italiano è atteso da un 2017 tronfio di angoscianti incognite: immaginare cosa potrebbe pensare, esprimere, concretare Enis Togni, in detto contesto, con l’umiltà, la modestia e l’educazione imprescindibili, potrebbe farci percepire la direzione giusta della strada da percorrere. Lo ringrazio con sincerità, senza enfasi ma dal profondo del cuore: per avermi insegnato molto, davvero molto, per avermi trasmesso – ricambiato – avvertito affetto, per avermi rispettato, anche negli errori inevitabilmente commessi, sempre comprendendo la presenza della buona fede.

Antonio Buccioni