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Divier Togni dice addio al Palatrussardi

Tutto comincia con una nevicata. Una nevicata storica. Quella che, tra il 15 e il 17 gennaio del 1985, mise in ginocchio Milano e l’efficientissima giunta socialista di Carlo Tognoli, mandò in tilt strade, rifornimenti e servizi per una settimana e, soprattutto, danneggiò il tetto del palazzo dello sport di San Siro. Quel crollo diventò a suo modo un simbolo.
Si era in piena MilanoDaBere e il basket andava fortissimo: il presidente della Lega era Gianni De Michelis, ex ministro degli Esteri e vice presidente del Consiglio, i playoff venivano trasmessi in prima serata su RaiUno e la squadra di casa, sponsorizzata Simac, aveva ingaggiato una delle più grandi stelle della Nba, Joe Barry Carroll. Ma con il palazzetto inagibile (poi abbattuto e mai più ricostruito) e il Palalido in condizioni ancora peggiori, non si sapeva dove farlo giocare.
A Lampugnano, in periferia, accanto alla montagnetta di San Siro, un tendone era rimasto clamorosamente intatto. Aveva ospitato grandi concerti jazz e rock – da Ella Fitzgerald al debutto da solista di Sting, fino a Eric Clapton, che proprio in quei camerini consumò il primo incontro con Lory Del Santo – ed era gestito da Didier Togni. “Con l’esperienza centenaria del circo, le nevicate non ci facevano paura. Bastava solo scaldare il tendone e giocare d’anticipo. Mio fratello era trapezista e si arrampicò sulla tenda per togliere la massa di neve”, racconta oggi Togni. “Considerata l’emergenza, proposi a Tognoli e a Gabetti (il patron della squadra di basket, ndr) di ospitare la Simac al teatro-tenda. Per noi, installare in breve tempo un parquet al centro del tendone sarebbe stato piuttosto semplice”. Il rimedio, sebbene non fosse comodo come un palasport, fu accolto e, nonostante tutto, la Simac di Dan Peterson vinse il campionato.
“Il momento economico era buono, così presentai al sindaco Tognoli il progetto di una struttura polivalente e innovativa da 9000 posti, in parte fissa e in parte tendone, pensata per ospitare musica e sport. Gli piacque, ma i costi di costruzione erano altissimi – circa 5 miliardi e mezzo di lire – e in gran parte sarebbero stati a mio carico. Decisi quindi di ingegnarmi”. Nasce da qui l’idea della sponsorizzazione di un luogo. Nessuno ci aveva pensato prima, almeno in Italia.
“Provammo con Commodore e con Fiat, ma rifiutarono: l’investimento richiesto era troppo alto. La San Pellegrino voleva addirittura pagarci in lattine”. Nicola Trussardi, stilista e imprenditore assai rampante in quegli Anni 80, intuì la potenzialità dell’affare e mise subito un miliardo sul tavolo. Inizialmente lo spazio avrebbe dovuto chiamarsi Action, come la linea casual della maison di moda. “Quando, però, Trussardi venne a sapere che lo avremmo inaugurato con un concerto di Frank Sinatra, fece un blitz in conferenza stampa e comunicò che lo spazio era solo suo e si sarebbe chiamato PalaTrussardi. Questo creò un incidente diplomatico tra giunta e opposizione, poiché Trussardi era di simpatie socialiste, e il Comune negò il contributo che mi aveva promesso”. Ma le cose erano ormai fatte e per la prima volta un luogo veniva intitolato a un vivente.
Il concerto di Sinatra del 1986 fu l’evento per eccellenza: per la prima volta dopo parecchi anni – precisamente dopo il sequestro del generale Dozier da parte delle Brigate Rosse nel 1981 – una superstar americana tornava a suonare in Italia. “Ventitré file erano occupate da Vip, mancava solo il Papa. Non vi dico la lotta per la prima fila tra Craxi, i suoi ministri e gli ospiti di Sinatra (vennero Roger Moore e Liza Minnelli, tra gli altri). Ancora oggi quel concerto ha il record di incasso in una singola sera in Italia: un miliardo e 840 milioni” ricorda Togni con sincera passione.
Dal PalaTrussardi sono passati tutti, da Prince ai Radiohead, da Paul McCartney ai Nirvana, dal raduno con il Dalai Lama al V-Day 2007 di Beppe Grillo, dalle feste di partito al ritrovo dei fedeli di Medjugorie. Da quasi tre anni, ogni venerdì è occupato dai musulmani milanesi, sfrattati dalla moschea di viale Jenner, per la preghiera settimanale, e di recente è stato anche la sede della manifestazione di Libertà e Giustizia, molto criticata dal governo. Nel frattempo anche il nome PalaTrussardi è passato e al suo posto si sono alternati diversi sponsor: Palavobis, PalaTucker, MazdaPalace, infine PalaSharp. Cambiavano le giunte, ma ogni due anni arrivava puntuale una nuova proroga della concessione, “in attesa che il Comune costruisse altrove un nuovo palasport. Non è mai accaduto, ma intanto la precarietà mi impediva di fare i lavori di ristrutturazione che l’impianto richiedeva”.
Ora, però, non ci sono più proroghe che tengano. Il 15 luglio il PalaSharp sarà smantellato. “Il Comune ha indetto un bando per realizzare in quell’area uno spazio polifunzionale per l’Expo 2015: io non potrò partecipare, non ho i mezzi e le risorse per farlo”, dice Togni, amareggiato. “C’è poca riconoscenza per ciò che ho fatto. Ora tutti pensano solo all’Expo. Ma siamo ancora nel 2011, fino al 2015 che cosa ci sarà? Recentemente hanno chiuso club e spazi per concerti (Rolling Stone, Rainbow), e quest’anno chiuderà anche lo storico Teatro Smeraldo. Io ho proposto un altro tendone per la musica, ma nessuno mi ascolta. Milano rischia di morire culturalmente per circa quattro anni. Siamo fenomenali nel farci del male”.
Divier Togni nasce e cresce nei tendoni della storica famiglia circense. Nel 1978 viene contattato da Renato Zero perché aveva bisogno di un tendone per il tour Zerolandia. Da lì inizia una sua attività di impianti e attrezzature per spettacoli. Suo è il palco coperto dello storico concerto di Bob Marley a SanSiro del 1980. Dopo la felice esperienza del PalaTrussardi, costruisce il Palasport di Torino e di Genova. A Milano tra le altre cose si occupa della produzione dello spettacolo teatrale di Aldo, Giovani e Giacomo “Tel chi el telùn”.
Pubblicato da GQItalia

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