di Massimo Malagoli
Quest’intervista è parte del progetto Il circo italiano a Monte Carlo, che racconta i vincitori tricolore della più importante manifestazione circense al mondo. Scopri tutti i video, gli articoli e le interviste.
La famiglia Dell’Acqua da anni gestisce il Royal Circus. Nomen Omen, pare che fosse destinata ad incontrare davvero una famiglia reale. Eppure fu all’Accademia del Circo di Verona che venne piantato il seme generante il successo del duo di mano a mano. Il loro coach era l’esperto Aguanito Merzari col quale monteranno una performance che gli garantirà una brillante carriera, culminata nel 2011 con il Clown di Bronzo al più importante festival del mondo.
Per la vostra formazione fu fondamentale l’Accademia.
Davis fu fra i primi allievi arrivati all’istituzione scaligera, dedicandosi dapprima a qualche disciplina individuale. La svolta avvenne quando tre anni dopo arrivò Ronny per completare le scuole elementari. Insieme cominciammo, quasi per gioco, a provare il numero a due, come già facevano i nostri compagni Curatola e Ciriello.
Come è cominciato il vostro rapporto con Monte Carlo?
Verso la fine del 1994 il fondatore dell’Accademia, il leggendario Egidio Palmiri, ci chiama in ufficio e ci comunica che da lì a qualche mese avremmo partecipato a Première Rampe, il “Festival dei piccoli”, antesignano di New Generation. L’Accademia era ancora nella sede di via Germania a Verona. Eravamo due adolescenti e iniziammo a provare ancora più duramente sotto l’occhio attento del nostro professore. Ricordo che ogni due settimane alzava l’asticella aggiungendo un nuovo esercizio. Arrivò il momento di partire. Un viaggio lungo ed indimenticabile, in auto con il Signor Palmiri del quale avevamo grande soggezione, appassionato di guida e di automobili, che conduceva addirittura indossando i guanti. Quando arrivammo nel Principato lo chapiteau del Festival ci parve immenso, forse ai nostri occhi di ragazzi appariva ancora più grande e ci faceva sentire ancora più piccoli. Facemmo una buona figura e portammo a casa il K d’Argento. Il fatto sul momento ci lasciò felici e senza parole, e forse ci diede convinzione nei nostri mezzi.
Vi aspettavate una chiamata per il festival più importante?
Fra una partecipazione e l’altra sono successe molte cose. Avevamo dovuto interrompere la presentazione del numero durante la società con la famiglia Martini perché Davis era partito per il militare. Al suo rientro abbiamo ripreso le prove incoraggiati da nostro papà che ci consigliava di ispirarci agli Alexis Brothers. Ma al circo non avevamo insegnanti, nonostante che il nostro nonno materno, Giovanni Bogino, avesse presentato in passato un numero di mano a mano col fratello Emilio (lavorando anche al circo Palmiri-Benneweis). Continuammo allora a seguire le istruzioni di Aguanito e in breve tornammo a buoni livelli, tanto che nel 2000 vincemmo l’Oro al Festival di Saint Paul les Dax. Da allora inanellammo una serie di partecipazioni ad eventi importanti, come il programma TV Circo Massimo, il Festival di Grenoble, il party post première del Cirque du Soleil a Milano. Poi al Festival di Wuqiao, in Cina, nel 2007 vincemmo un Argento, nonostante la concorrenza di tante troupe in uno spazio enorme. Ma più andavamo avanti più capivamo che il nostro sogno più grande era quello quasi innominabile.
Quando cominciò a realizzarsi?
Nel gennaio 2010 eravamo col circo a Spoltore. A Davis squilla il telefono con un numero straniero. Il Signor Pilz ci chiedeva la disponibilità a partecipare alla trentacinquesima edizione, che si sarebbe svolta dopo un anno. Demmo subito la nostra adesione. Il nostro sogno si stava avverando ma ancora non ci credevamo, tanto che chiedemmo di firmare il contratto quanto prima. Da quel momento iniziarono a prenderci ansia e preoccupazione. Non abbiamo mai saputo come ebbe il nostro telefono ma forse glielo fece avere Daris Huesca, da anni nello staff del Festival e probabilmente nostro sostenitore. Il Signor Pilz ci chiese il riserbo più totale, ma dopo alcune settimane le persone intorno a noi ci vedevano provare intensamente e quindi la notizia uscì quasi da sola. Dieci mesi duri sia dal punto di vista fisico che mentale, con cambiamenti drastici persino nell’alimentazione.
Apportaste variazioni alla performance?
Avevamo ormai il nostro stile, ispirato agli Alexis ma alla nostra maniera, si trattava di lavorare sui dettagli. Per i disegni dei costumi facemmo fare un busto con le misure di Ronny per fare molte prove diverse, addirittura utilizzando strumenti aerografici. La base rimaneva argento per ricordare la partecipazione a Première Rampe ma i disegni non erano più fluorescenti per marcare una differenza con i costumi precedenti. Utilizzavamo la musica di Transformer, anche perché nostra mamma Emanuela aveva sognato Davis esibirsi fra dei robot. In quanto alla sequenza, Ronny ebbe l’idea di invertire i due ultimi esercizi. La “passata dei piedi” e l’“impalo sulla testa”, quasi un doppio finale, che in effetti la prima sera ci fece attribuire una doppia standing ovation.
Arriva il grande momento.
Mio papà aveva addirittura pianificato la tournée in modo da fare avvicinare il circo al Principato, infatti eravamo in Toscana, a Pisa per le feste. Per permettere a tutti i famigliari di sostenerci. Alle prove il Signor Pilz pareva perplesso riguardo ai nuovi costumi, ma una volta accese le luci, l’effetto era davvero notevole.
Come andarono gli spettacoli di selezione?
Al Festival c’è il grosso rischio che l’emozione ti sovrasti. Davis, con un anno di militare nei paracadutisti, dove ti insegnano a governare le emozioni, pareva lucido. Il feeling fra noi era ottimo, anche i nostri cari non ci facevano sentire la loro tensione, insomma ci sentivamo abbastanza sicuri. Poi l’apprezzamento del pubblico e le standing ovation ci fecero tranquillizzare. Insieme alle prime richieste degli impresari. Ma non perdemmo la concentrazione in vista del secondo spettacolo di selezione.
Avevate aspettative di qualche premio?
Gli artisti in gara erano tanti e fra loro delle leggende come Flavio Togni o Bello Nock. In più c’erano molte troupe provenienti da Russia e Cina. Dopo lo spettacolo di selezione e visto il riscontro del pubblico abbiamo però iniziato a sperare. Quando durante la cena di gala hanno annunciato i premi siamo rimasti a bocca aperta. La realizzazione di un sogno. Una favola. I due bambini dell’Accademia ora erano a Monte Carlo a ricevere dalle mani dei Principi una statuetta importante. A pensarci bene potrebbe sembrare un piano studiato nei dettagli; infatti, è come se negli anni ci fossimo pian piano preparati al Festival accumulando le giuste esperienze e arrivandoci nel pieno della maturità fisica e artistica. È stato inoltre impagabile essere lì con i nostri cari. Persino Soery, la figlia di Ronny, che era piccolissima, si ricorda molte cose come gli applausi e il frastuono del pubblico. Quanti bei ricordi. La cena di gala, la serata delle premiazioni: soddisfazioni che ti ripagano abbondantemente di anni di prove, anche al freddo!
Immagino che dopo Monte Carlo abbiate ricevuto molte proposte ma voi avete continuato a lavorare nel vostro circo. Perché?
Dopo il bel risultato al Festival ricevemmo diverse proposte. Ma l’unico contratto chiuso fu una serie di spettacoli natalizi a Le Mans. Nel 2012 ci fu un corteggiamento abbastanza insistente da parte del Cirque du Soleil. Ma eravamo già in aria di avere le nostre famiglie e abbiamo preferito rifiutare. Siamo rimasti al nostro circo dove Ronny si occupa anche degli animali e dove possiamo cimentarci anche nell’organizzazione, misurare la crescita del complesso ed esserne parte. Ma Monte Carlo resta sempre come la spina dorsale della nostra carriera, ci ha dato la forza per continuare a fare con la giusta voglia il mestiere più bello del mondo.