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David il clown e quegli occhi che pretendono allegria

David Larible

Confesso che non ci speravo. Non speravo più, dopo la scomparsa dal Corriere della Sera del mio collega e maestro Massimo Alberini, che una pagina di quel giornale – ormai specializzato in buco della serratura nell’alcova di Berlusconi – potesse rendermi felice. Invece, con la pagina 47 dell’edizione di domenica 31 ottobre, ci è riuscito. Il mio David Larible in una impeccabile intervista accompagnata da un riquadro sulla figura del clown in cui la fonte d’informazione non è costituita da vecchi ritagli pieni d’inesattezze (come sovente accade) ma dalla voce autorevolissima di Alessandro Serena, figlio di circo e di tale materia docente universitario. Par di sognare, anche se David lo merita: e se ve lo dico io ci potete credere. L’ho visto crescere, in lunghe mattine di oscura preparazione acrobatica sotto le direttive dell’inflessibile padre, capace di bersagliarlo di istruzioni anche quando se ne stava (lui, Eugenio) a testa in giù sul trapezio Washington che costituiva la sua specialità. Rigore, disciplina, concentrazione: in casa Larible, o così o niente. Ma come la mettiamo con la clownerie? Quella, se non ce l’hai, non te la può insegnare neppure un padre maestro di circo come pochi altri (e peraltro portato ben più alla sfida che alla risata). David l’aveva, dentro, già a 15 anni, o forse addirittura dalla nascita. Faceva acrobazia, sì, ma con gli occhi che pretendevano allegria fin dal primo incontro. Quegli occhi che un giorno avrebbe fatto splendere, tutto solo, al centro della pista del Circo Barnum che per lui aveva eccezionalmente rinunciato all’abitudine della esibizione simultanea dei numeri su tre piste, barbaro esempio di come “non si guarda” al circo. Certo era ben difficile prevedere che quel ragazzo che occhieggiava verso il pubblico dalla pista del Medrano facendo il numero delle bolas avrebbe coinvolto nella sua birichineria prima l’immensa platea del Barnum poi anche le platee della Repubblica Popolare Cinese, dove scompisciarsi dalle risa è sconvenienza imperdonabile. Spero un giorno di parlare di David con tutto lo spazio e le parole adeguate (ho scritto qualcosa di utile per lui sulla rivista “Sipario” anni fa, ma che fatica convincere un anziano caporedattore a pubblicare su una rivista di teatro anche se “si trattava solo di un pagliaccio”!) Bravo David, sono convinto che continuerai così ancora a lungo perchè la tua amica migliore, che si chiama “coerenza con te stesso”, non mancherà mai di camminare accanto a te.
Ruggero Leonardi