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Con Totò in 3D rivive la “preghiera del clown”

Totò non fu soltanto il primo grande comico a muoversi sullo schermo di un cinema completamente a colori, grande novità per l’Italia del 1952. Soltanto un anno dopo il successo clamoroso di Totò a colori, ecco che mazzi di fiori, spruzzate d’acqua, graffiate di leoni e sghignazzi di un clown finiscono davanti al viso di incuriositi spettatori grazie al 3D con Il più comico spettacolo del mondo – Totò in 3D esplicita e divertente parodia del film che Cecil B. De Mille aveva dedicato alla vita di un grandioso circo, sceneggiata da un gruppo cui partecipò anche Mario Monicelli e diretta da Mario Mattoli.
Campione d’incassi per l’epoca – circa 11 milioni di euro attuali – si tratta del primo film tridimensionale nella storia del cinema italiano, che verrà presentato ufficialmente sabato 29 ottobre al Festival del Film di Roma dopo un lungo e complesso restauro fortemente voluto dal produttore Aurelio De Laurentiis, fan dichiarato di Totò. Totò in 3D ai tempi uscì, però, soltanto in dieci sale e per pochissimi giorni, colpa delle difficoltà tecniche di proiezione, mentre la versione tradizionale spopolava tra gli appassionati. Il suo personaggio, il pagliaccio Tottons – ma Totò, come d’uso, interpreta anche il ruolo femminile della mamma, seduta tra il pubblico insieme a Peppino De Filippo, Silvana Mangano, Anthony Quinn e Aldo Fabrizi con i loro cammei, curiosi di sperimentare il 3D – condivide momenti di allegria e di tristezza con i tradizionali protagonisti del circo, artisti (sono quelli del Circo Nazionale Togni) e animali. Liliana De Curtis, la figlia di Totò, non ha dubbi, ricordando quegli anni: «Totò era sempre pronto alle innovazioni, a tutto ciò che poteva essere il meglio per il cinema e il 3D lo conquistò.
E poi, aveva una vera passione per il circo, diceva che era una grande famiglia. Mi confidò di aver girato il film con grande entusiasmo, tanto che fu proprio lui a scrivere la famosa “preghiera del clown” e a volerla inserire alla fine del film.
Totò quando nel film recita la “preghiera del clown” riesce a creare un momento di grande intensità.
Era anche la sua personale preghiera. Mi commuove sempre quando lo vedo e mi dà una sensazione di libertà: era un attore e un uomo libero, mai legato alla politica. Non cercava alcun compromesso.
E nella vita quotidiana, com’era?
Era tranquillo e molto protettivo nei confronti di tutti coloro che gli erano vicini. Una persona serissima, non amava la pubblicità, non si faceva mai fotografare. A differenza degli attori di oggi, detestava il gossip. Mi diceva spesso: «Quando mi spoglio dell’attore che sono, rimango soltanto un uomo di famiglia».
Nel film in 3D Totò non si può mai togliere il trucco, ha un segreto da conservare. Ma nella vita e negli anni, qual è stato il segreto del successo di Totò?
Dire sempre la verità con i suoi personaggi. Prenda l’onorevole Trombetta, con il quale è riuscito a percepire i sintomi delle malattie che poi avrebbero avvilito la nostra società.
Che cosa significa, per lei, questo omaggio del Festival del Film di Roma a suo padre?
È una cosa stupenda. Ma la cosa più bella è vedere come sia rimasto nel cuore di tutti, anche dei giovani. Pensi che a Napoli gli si rivolgono ancora oggi come si fa a un fratello, a un vero amico. Totò è stato un vero italiano, ha unito, con la sua comicità, il Nord e il Sud.
E ha lasciato di sé il ricordo di un uomo buono.
Amava tutti, senza ostentazioni. Faceva beneficenza, in segreto, agli orfanotrofi, ai poveri, ai canili. Alle due di notte, per non farsi riconoscere, svegliava il suo autista e si faceva portare nel Rione Sanità di Napoli: lasciava qualche soldo sotto la porta di sconosciuti. Aveva un’umanità immensa, una grande bontà.
Luca Pellegrini
Avvenire