Il 26 ottobre dalle 17 alle 18.30 le famiglie giunte da ogni parte del mondo saranno in Piazza San Pietro con Papa Francesco. Il circo è stato chiamato ad animare l’evento insieme a molte altre iniziative, e in cinque punti della piazza si esibiranno giocolieri e acrobati. L’incontro della Giornata delle famiglie sarà trasmesso da Rai 1 in mondovisione e questo dà l’idea della portata di questo nuovo storico appuntamento che coinvolge anche il circo. E c’è una ragione speciale di questo coinvolgimento: in Piazza San Pietro sono attese oltre 200 mila persone provenienti da 70 paesi del mondo, con migliaia di bambini, nonni, mamme e papà, da sempre il “target” privilegiato del più grande e antico spettacolo dal vivo. Sul tema pubblichiamo l’intervento di don Luciano Cantini che mette in luce l’assonanza dell’evento che si svolgerà in Vaticano con la natura stessa del circo.
Questo evento richiama in modo evidente il Circo: il pellegrinaggio (il viaggio) e la famiglia sono gli elementi portanti del mondo circense.
Il pellegrinaggio è di sua natura un viaggio verso un luogo particolarmente significativo, prevede un tempo di sosta ed un ritorno. Oggi si viaggia comodamente ed il pellegrinaggio si caratterizza quasi esclusivamente dalla meta da raggiungere e il sostare in quel luogo. Un tempo l’aspetto più impegnativo, anche dal punto di vista spirituale, era proprio il viaggiare: si camminava a piedi chiedendo ogni giorno ospitalità. Il viaggio dava alla vita il senso della provvisorietà e della Provvidenza.
Ecco, la gente del Circo ha fatto del viaggio uno stile di vita in cui tutto è davvero provvisorio, anche ogni meta perché ne rincorre un’altra senza prevedere mai un ritorno perché semplicemente non c’è un luogo dove ritornare. I circensi sono pellegrini perenni non solo perché percorrono le strade, piuttosto perché hanno fatto della strada la loro vita e sulla strada costruiscono la loro storia. Sono pellegrini di pace perché non hanno una terra da difendere né uno spazio da conquistare, in ogni tappa fissano le carovane, stabulano gli animali, montano il tendone, si circondano di cancelli per smontare tutto poco dopo; in ogni tappa i circensi montano e smontano la loro vita. Sono l’unico esempio vivente dell’esperienza fisica e spirituale (più o meno conscia) raccontata nel libro dell’Esodo.
L’esperienza del viaggio ha dato forma e concretezza anche al tessuto sociale del mondo circense.
Il mondo stabile ha i suoi riferimenti anche fisici come la piazza, il campanile, la casa, le tradizioni del proprio territorio; tutto questo nel mondo circense non esiste, non c’è una appartenenza ad un territorio. Di contro, proprio la leggerezza della provvisorietà ha acuito e rafforzato le relazioni umane e il senso della famiglia.
Oggi i Circhi equestri sono diventati imprese, ma sostanzialmente sono rimasti “famiglia”. L’arte del Circo è “coltivata” e trasmessa all’interno della famiglia, intesa nella sua nuclearità ma anche e soprattutto nel senso più ampio di “clan”.
La famiglia vive contemporaneamente le proprie relazioni intrafamiliari e le dinamiche dell’attività lavorativa. L’«arte» circense non implica soltanto la capacità di eseguire un numero all’interno dello spettacolo quanto la partecipazione alla conduzione dell’intero complesso, dal viaggio al montaggio delle attrezzature, dalle pubbliche relazioni alla gestione delle luci e dei suoni, insomma a quel complesso di attività che concorrono alla costituzione dello spettacolo. Dunque la vita sociale e familiare ha bisogno di una “sapienza” fatta di atteggiamenti, di abitudini, di valori che derivano dalla tradizione della Gente del Viaggio.
Don Luciano Cantini