Il Tar delle Marche ha ribadito quello che decine di Tar hanno ormai affermato fino alla noia: il divieto generalizzato di attendamento nei confronti dei circhi con animali è illegittimo. Non si può fare. Questa volta a fare muro è stata l’amministrazione comunale di Ancona, che ha una doppia colpa: oltre ad avere adottato un regolamento comunale per la tutela del benessere degli animali che, relativamente ai circhi, calpesta la legge vigente e una giurisprudenza costante e consolidata a “favore” dei circhi, non ha nemmeno tenuto conto che lo stesso Tar delle Marche pochi anni fa (aprile 2013) si era già espresso in materia, quando a porre il divieto era stato il Comune di Senigallia. Non merita una segnalazione alla Corte dei conti questo comportamento tenuto dagli amministratori comunali di Ancona, affinché si valutino eventuali responsabilità al riguardo?
L’Ente Nazionale Circhi aveva scritto al sindaco Mancinelli e al dirigente competente, in data 16 dicembre 2019, dopo che il circo Madagascar aveva ricevuto il diniego. Dopo avere elencato loro il quadro normativo e la giurisprudenza – ripetiamo: inequivocabile – in materia, il presidente Buccioni informava che “qualunque ostacolo/divieto alla attività del predetto complesso si configurerebbe come illegittimo e gravemente lesivo degli interessi del circo stesso, cagionando una violazione palese del principio di libertà di iniziativa economica sancito dall’art. 41 Cost. e del quadro normativo che regola l’attività dei circhi, ponendo le premesse per la sussistenza di vizi nei provvedimenti conseguenti, tanto in termini di violazione di legge quanto di eccesso di potere…”. Purtroppo l’amministrazione comunale di Ancona ha voluto tenere un atteggiamento ideologico, di totale chiusura (non ha nemmeno risposto alla lettera dell’Enc).
In questo modo, per ottenere una autorizzazione che costituisce un diritto del circo, perché in base ad una legge vigente dello Stato italiano i circhi con animali debbono poter presentare i loro spettacoli, è stato necessario spendere soldi che nessuno regala a chi fa impresa in Italia, mentre una pubblica amministrazione utilizza il denaro dei cittadini, di tutti i cittadini, anche di coloro (e sono tanti) che amano il circo classico con gli animali.
Veniamo alla sentenza. Anzitutto complimenti all’avvocato Giuseppe Rizzi che ha difeso il circo. “Il Collegio non ravvisa motivi per discostarsi da quanto già statuito dalla giurisprudenza amministrativa e da questo stesso Tribunale in fattispecie analoghe. In particolare, è stato osservato che l’Ente locale può (anzi deve, ai sensi della legge statale n. 337 del 1968), con proprio regolamento, disciplinare l’uso delle aree pubbliche comunali per manifestazioni artistiche legate agli spettacoli circensi e, nell’ambito delle proprie competenze riconosciutegli da altre fonti normative, può anche dettare norme volte ad assicurare adeguate condizioni di igiene e di tutela degli animali da maltrattamenti, nonché vigilare, nell’esercizio dei suoi poteri di polizia veterinaria, sulle condizioni di igiene e sicurezza pubblica in cui si svolge l’attività circense e su eventuali maltrattamenti degli animali: tuttavia lo stesso non può porre divieti assoluti e generalizzati impeditivi di un’attività che tradizionalmente si svolge con specifiche modalità, senza verificare che l’esercizio di tale attività contrasti con le finalità che le norme regolamentari intendono perseguire, specie in assenza di una fonte di rango legislativo sullo specifico punto (uso degli animali nei circhi) che, ai sensi dell’art. 41 Cost., è la sola che può limitare l’esercizio dell’iniziativa economica privata nei casi e per le finalità ivi indicate…”. E’ uno dei passaggi centrali della sentenza. Ne consegue che il regolamento comunale e il diniego relativo vanno annullati “in quanto assunti in violazione di legge, nella parte in cui contengono il divieto generalizzato di attendamento nel territorio comunale dei circhi con taluni esemplari di animali al seguito…”.