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Circhi al passo coi tempi, ma le piazze no


di Alessandra Borella (fotografie Silvia Ottaviano)

Larry Rossante ci apre le porte del suo Circo di Mosca, nello spazio del Gran Teatro a Tor di Quinto, durante la pausa tra lo spettacolo mattutino e il primo pomeridiano.
Dopo la tappa milanese di piazzale Cuoco, che ha riscosso notevole successo, anche il pubblico romano ha risposto bene al nuovo show, Fantastico, per la regia di David Roscoe Orfei.
La tradizione è nata sette anni fa, racconta Larry, quando suo padre gli ha lasciato in eredità l’attività del circo di Mosca. Larry porta avanti l’impresa familiare con uno spettacolo tutto rinnovato, e artisti di primo piano ingaggiati, come la Troupe Sarmat di Oleg Tandelov, che porta in scena i cosacchi a cavallo e Alessio Fochesato, che ha stregato tutti con i suoi pappagalli al Festival Internazionale del Circo di Monte Carlo e presenta il numero che ha partecipato alla prestigiosa kermesse.
«Il progetto è sempre migliorato da sette anni a questa parte. Tutto quello che abbiamo fatto lo abbiamo fatto con grandissima passione – ci spiega Rossante – perché questo è un mestiere che ha grandissime difficoltà, e noi abbiamo deciso di andare avanti, facendolo sempre al massimo, anche se i risultati non sono sempre al massimo. Nonostante questo abbiamo la voglia di fare sempre meglio».
E in effetti l’organizzazione di questo spettacolo è gestita tutta in casa Rossante. La madre di Larry segue la realizzazione dei costumi di scena e la biglietteria, il fratello Kevin si occupa della direzione della pista mentre lui segue gli artisti e l’organizzazione di una vera e propria impresa di successo come il Circo di Mosca. «Gli ingredienti fondamentali – continua – sono sicuramente un prodotto valido e di qualità, supportato da grande marketing e da moltissima passione, oltre ad un gruppo di persone che lavorano insieme ad una tournée, che dura anche otto mesi, e ha bisogno della forza e dell’affiatamento di tutti quanti».
Ed è questa atmosfera di grande spirito di gruppo che si respira sotto il tendone: il clown mi sorride mentre accoglie il pubblico nel foyer, gli artisti mi lasciano curiosare dietro le “quinte” mentre si concentrano per prepararsi all’esibizione imminente, i tecnici mi scansano dolcemente, nonostante, da insolita ospite, mi sia intrufolata dietro il sipario alla scoperta dei segreti dello spettacolo, disturbando quei delicati momenti di passaggio degli animali dentro la pista, di spostamento della scenografia con cavi e corde nei quali ripetutamente inciampo, rischiando di diventare parte dello show a bordo pista, spesso illuminato.
«Certo in Italia quello che manca al circo – conclude il direttore del Circo di Mosca, mentre si accinge a presentare lo spettacolo, già vestito con una sfavillante giacca turchina – sono degli spazi idonei a montare delle strutture che oggigiorno sono in regola, confortevoli per il pubblico e al passo coi tempi. A Roma, ad esempio, la capitale d’Italia, non c’è un piazzale dove sia istituzionalizzata la presenza del circo. Noi siamo itineranti e questo aspetto è fondamentale per lavorare bene, previa la nostra responsabilità di portare un buon prodotto, che è il nostro principale compito, insieme a quello di portare in pista aspetti differenti e caratterizzanti delle culture di tutto il mondo».

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