Lo show di Moira Orfei al Campo di Marte è un viaggio nei giochi, un inno all’amore, quello (vero anche nella realtà) tra il figlio Stefano in giacca zeppa di lustrini, che accarezza le tigri e ci parla con la serenità di una gattara in una colonia felina, e Brigitta Boccoli, quarantenne bella da batticuore che gioca a fare la principessa capricciosa stanca dei lussi superflui e attratta dallo spettacolo e dalla magìa di un mondo gitano e avventuroso. Così il circo diventa un disegno perfetto dei desideri che si avverano, si concretizza in un percorso dei sogni, tra musical e clown, piroette e salti mortali (impressionante il numero sulla ruota). E poi pony al galoppo, leoni, elefanti, e pure un cucciolo di ippopotamo.
Il circo di Moira, che si concede pure alla platea per un minuto con un bacio lanciato dal sedile di una vecchia Cinquecento e un genuino «Viva Firenze» , è impressionante per impatto e finezza. Carino anche l’omaggio leggero alla città con il clown di turno che nel battibeccare con un collega si lascia andare un «Sieee, ‘un son mica bischero!».
«Tutti gli animali — ricorda intanto lo speaker — sono trattati da re e rispettati fin dal primo giorno. Imparano fin da cuccioli a vivere in totale confidenza con l’addestratore». Basta una scenetta in effetti, la più divertente con i cavalli che ballano al ritmo di musica, a confermarlo. Stefano Orfei, alla fine di un mini-spettacolo, invita una delle sue tigri a rientrare “dietro le quinte”. Lei fa la preziosa, sbadiglia pure e non si muove dal suo “trono” (uno sgabellone di metallo). Lui insiste, lei niente. Così Orfei si inchina le tende la mano e le dice: «Prego, Maestà, vuole accomodarsi all’uscita» e alla fine lei, vanitosa, con passo lento, se ne va accompagnata dalla folla.
Bello spettacolo, dunque, quello del Mandela. E pazienza se i prezzi non sono esattamente popolari (per lo show di fine anno, leggiamo nel cartellone, un posto in poltrona arriva a costare fino a 90 euro, mentre per un giorno “normale” in tribuna con meno di 18 euro non ci si mette a sedere), se i clown con l’immancabile e coloratissimo pappagallo sulla spalla girano come ossessi per scattare foto da rivendere all’uscita e se, tra la prima e la seconda parte dello spettacolo, per visitare i cuccioli di tigre da vicino ci sia da pagare un ulteriore biglietto.
Il gioco, come si dice in certi casi, vale effettivamente la candela. Gli applausi, scroscianti, del Mandela Forum e l’emozione dei bambini che non stanno fermi un secondo e guardano negli occhi le tigri con uno stupore puro e antico lo confermano più di qualsiasi altro sondaggio. Spettacolo vecchio stile, nel rispetto totale della tradizione, un po’ ruffiano e malinconico magari, kitsch quanto impone l’etichetta. Ma vero e funambolico. Sipario.
Emanuele Baldi
La Nazione