Ma davvero l’Italia è così scontata e prevedibile, oltre che un po’ schizofrenica, come esce dalle rilevazioni degli istituti di ricerca? Secondo il rapporto Eurispes 2011, una famiglia su tre nel Belpaese non ce la fa ad arrivare alla fine del mese e a pagare le rate del mutuo e il canone dell’affitto, ma spende 200 euro l’anno solo per il veterinario, 50 euro al mese (accade secondo Eurispes nell’80,6% di chi possiede un animale) per “la pappa e l’occorrente per renderlo glamour”, e quasi il 20% del campione è “disposto ad investire somme consistenti di denaro per il benessere fisico (e a volte psichico)”, più 50 euro “per il mangime”. Alla faccia della miseria.
E’ un Paese descritto come sull’orlo del baratro, sotto attacco della mafia e dell’usura, con famiglie ridotte a “omicidifici”, con servizi giudicati inadeguati da 8 cittadini su 10, che “sta vivendo, insieme, una grave crisi politica istituzionale, economica e sociale, tre percorsi di crisi che – secondo il presidente dell’Eurispes, Prof. Gian Maria Fara – si intrecciano, si alimentano e si avviluppano l’uno con l’altro fino a formare un tutt’uno solido, resistente, refrattario ad ogni tentativo di districarlo, di venirne a capo”. Difficile tracciare un quadro più tetro di questo.
Sondaggi negativi e positivi sono sempre esistiti, tanto che in passato qualcuno ha bollato come “inattendibili” certi toni da fine del mondo o, per contro, descrizioni da paradiso terrestre, mettendo in contrapposizione Istat ed Eurispes. Letture influenzate dalla politica? E’ lecito pensarlo, anche se molto probabilmente ognuno si terrà la propria opinione al riguardo. Lo storico istituto di studi politici, economici e sociali Eurispes è una realtà privata e si finanzia, parola del Corriere della Sera, “vendendo le proprie ricerche alla committenza, spesso pubblica. In vent’anni ne ha fatte moltissime, sugli argomenti più disparati: dalla caccia, al lavoro nero, all’immagine dei carabinieri. Il suo presidente e fondatore, Gian Maria Fara, era stato nominato presidente dell’Ipsema dal centrosinistra”.
Sta di fatto che nello sfracelo di una nazione che starebbe per andare a picco, Eurispes valuta di primaria importanza sondare il punto di vista degli italiani su “animali domestici e dintorni” e ci tiene a farci sapere quanti sono i “vegetariani e i vegani”. E i dintorni, manco a dirlo, sono quelli che hanno già fatto stappare lo spumante agli animalisti, saliti prontamente sul carro già in corsa della ricerca favorevole per leggerla come “un monito ai politici”: “No agli animali nei circhi”, è la morale che traggono Enpa e Lav.
Cosa passa per la testa dei soliti italiani (ma davvero tutti sono così sicuri di sapere cosa pensino?) su pesca, caccia, pellicce, circhi, animali esotici, sperimentazione e abbandono degli animali? Ovviamente tutto il politically correct possibile e immaginabile, sempre secondo Eurispes. Vediamo. “La pesca è percepita da molti come uno sport o un passatempo rilassante, e non sembra essere considerata dai più una pratica da evitare o quanto meno da limitare (48,1%). Al contrario la caccia, sulla quale esistono da tempo alcune restrizioni, non riscuote lo stesso consenso: la percentuale di quanti la considerano un’abitudine accettabile scende al 17,8% (abbastanza: 11,7%; molto: 6,1%). Non approvano per niente la caccia più della metà del campione (56,6%) e il 23,9% afferma di approvarla “poco”. La percentuale di quanti valutano positivamente il fatto di indossare capi di pelliccia supera appena il 14,1% (abbastanza: 11,7%; molto: 2,4%). La disapprovazione raccoglie l’83% delle risposte (58,8% “per niente” e 24,2% “poco”)”.
E il circo? Presto detto. “Solo il 10,1% degli intervistati giudica positivamente l’utilizzo degli animali all’interno degli spettacoli circensi”. Credibile? A giudicare dalla gente che paga il biglietto per andarsi a vedere uno spettacolo con artisti e animali, no.
C’è l’Italia e c’è l’Italia dei sondaggi. E in molti pensano che siano due Italie parecchio diverse.
Claudio Monti