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Buccioni scrive al “garante” degli animali di Milano

Pubblichiamo la replica del presidente Enc, Antonio Buccioni, appena inviata al Garante degli animali del Comune di Milano. Le puntate precedenti: La presa di posizione del garante, la lettera Enc e la risposta del garante.

di Antonio Buccioni *

Il presidente Antonio Buccioni davanti al circo allestito in piazza San Pietro (foto Circo.it)

La ringrazio per la risposta fornitami con la sua lettera datata 8.11.2012 a me indirizzata, anche se pubblicata prima sul sito “garante animali”. Deduco, anche dalla decisione di rendere pubblica la mia lettera del 6.11.2012 sullo stesso sito, seppure indirizzata al sindaco e, solo per conoscenza, a lei, che la sua volontà sia quella di ingaggiare una contesa pubblica sull’argomento. Non mi sottraggo alla contesa, che evidentemente chiarisce il modo in cui lei interpreta la funzione che svolge, caricandola di significati ideologici, ed anzi volentieri rispondo alle sue osservazioni (inserendo contestualmente questa lettera sul sito internet dell’Ente Nazionale Circhi) anche per mostrare che la forza delle argomentazioni non sta dalla sua parte.
In premessa non posso che fare mia, rovesciandola, la sua osservazione circa la totale divergenza delle nostre visioni sul rapporto uomo – animale, ma aggiungo subito che la sua non è – come invece si vorrebbe far credere – quella più rispettosa degli animali e, addirittura, connotata in senso etico.
Quella del “garante” è una figura esclusivamente politica, che in buona sostanza non garantisce quasi nulla, salvo autocaricarsi di un ruolo “etico” che etico non è, in quanto espressione di un punto di vista soggettivo, sprovvisto del carattere di oggettività e – mi consenta – anche di qualche fondamento di razionalità. Perché se lei volesse iniziare, almeno tentativamente, a concepirsi e di fatto agire da garante degli animali, portatori di diritti, dovrebbe cominciare con una seria campagna di informazione per spiegare che non esistono animali di serie a, di serie b e di serie c: i salmoni valgono quanto le balene, i gatti quanto i topi, i ragni quanto le mosche, i polli quanto le aquile e così via.

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Dovrebbe poi attuare un conseguente e approfondito monitoraggio del territorio comunale, non da ultimo recandosi in ogni casa dei milanesi che posseggono un cane o un gatto, in ogni allevamento, in ogni negozio che commercia animali, in ogni canile comunale o privato, in ogni scuderia, maneggio e ippodromo, per appurare le condizioni di vita di tutti i loro abitanti, ma – prima ancora – per rivolgere a ciascuno di quegli animali una domanda: caro gatto, cane e via elencando, dai il tuo consenso a vivere in cattività, ad essere addestrato, a gareggiare, a fare compagnia a uomini e donne, magari accontentandoti di 4 metri quadrati o di un terrazzo e scendendo al piano terra solo per espletare i tuoi bisogni irrinunciabili?
Questo, quantomeno, se lei volesse gloriarsi del titolo di “garante degli animali” a ragion veduta, e considerato che gli animali che vivono nelle case (sono 44 milioni in Italia), che crescono negli allevamenti, che gareggiano negli ippodromi, sono di gran lunga in numero superiore rispetto ai pochissimi che vivono nei circhi (un migliaio), le priorità d’intervento diventano un aspetto decisivo.
Se anziché battere queste strade, lei sceglie invece di incanalarsi dietro l’onda anomala – spesso un vero tsunami di idiozie, luoghi comuni, irragionevoli accuse ascoltate ma non verificate e tanto meno supportate scientificamente – dei preconcetti sui circhi, nasce il sospetto che lei non sia e non voglia, forse non possa, essere il garante degli animali ma qualcosa di diverso.

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Mi spaventa poi la figura di un garante che si sente portatore di “una visione etica”, che ritiene di ergersi a giudice su chi rispetti o meno gli animali (i giudici – grazie a Dio e grazie al diritto – si pronunciano in altre sedi rispetto alla sua), che lancia accuse risibili (e offensive) di “sfruttamento” verso chi non conosce e che molto probabilmente non ha mai avvicinato e osservato nel modo in cui si rapporta agli animali. E mi spaventa tantissimo il concetto secondo cui le tradizioni (anche quelle secolari, che sono alla base dello sviluppo della civiltà occidentale, che si fondano sulla collaborazione fra uomo e animale) dovrebbero essere “superate dalla evoluzione morale e civile della collettività”, entità – quest’ultima – molto cara anche ad un noto personaggio che amava sì gli animali (fu il primo capo di stato europeo a dichiarare illegale la caccia) ma che lo stesso rispetto non dimostrò purtroppo verso milioni di ebrei, proprio in nome della superiorità di una collettività che avrebbe dovuto indirizzare la vita di molte individualità. E’ facile connotare la collettività di valenze care invece a minoranze, magari prepotenti, che si ritengono però investite di una missione superiore.
Non si capisce in nome di chi e di cosa lei pretenda affibbiare patenti di eticità, per di più in una società che fa delle “etiche” un punto di vanto.
Affermare che gli spettacoli circensi rappresentino l’espressione più grave di sfruttamento, come lei sostiene, denota e rafforza quanto da me fin qui scritto e rende lapalissiano il preconcetto che informa la sua visione del problema. Oggi nei circhi italiani non sono presenti più di mille animali, non tutti esotici peraltro (moltissimi sono i cavalli). Alcuni di essi – gli elefanti – andranno ad esaurimento nel giro di un po’ di anni, in quanto non più importabili. Tutte le altre specie sono nate in cattività da generazioni e, affermano i veri esperti degli animali, “gli animali nati in cattività sono praticamente animali domestici, almeno se vivono a contatto con l’uomo fin dalla nascita”. Sono animali che non potrebbero assolutamente essere collocati in un habitat naturale che per loro sarebbe innaturale.

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Gli esperti sostengono anche che “la vera e massima utilità del circo è quella di far vedere come sia possibile raggiungere con quasi ogni sorta di animali, un vero rapporto di collaborazione, come sia possibile, per un bambino, giocarci insieme, ma anche come si deve imparare a giocare con gli animali, che non sono dei peluche. Molti degli incidenti che purtroppo succedono ai bambini sono dovuti al fatto che essi non vengono adeguatamente educati ad interagire con i vari tipi di animali e a capirne il linguaggio. Sotto questo aspetto il potenziale educativo dei circhi mi sembra ancora poco sfruttato”. E’ quanto sostiene, ad esempio, uno zoologo, docente di anatomia comparata e storia delle scienze come il prof. Alberto Simonetta, a lungo docente all’università di Firenze, già membro della Commissione di studio per la conservazione della Natura del Consiglio Nazionale delle Ricerche, dei consigli d’amministrazione dei Parchi Nazionali d’Abruzzo, della Calabria e dello Stelvio, della Commissione Antilopi dell’International Union for the Conservation of Nature, e tanto altro. Sospetto che alle sue orecchie queste parole suonino male, anzi malissimo.
Se il suo zelo di garante si dedica con tanta animosità e dispendio di energie a mille animali – che peraltro ogni settimana vengono visti e controllati dai veterinari delle Asl – dei quali un centinaio transitano dalla città di Milano per due o tre volte l’anno, come può trovare il tempo per dedicarsi invece come dovrebbe ai milioni di animali domestici e non che a Milano trascorrono tutta la loro esistenza, sollevando varie e complesse problematiche? Se la sua si riduce ad essere, in buona sostanza, una missione “anti circhi” e poco altro, perché continuare a utilizzare la fuorviante definizione di “garante degli animali”?
Di certo il circo italiano non ha bisogno di ricevere patenti da lei. La nostra storia e i riconoscimenti ricevuti nel corso dei decenni, e in particolare quelli recenti che ci hanno riempito di gratitudine – il Premio De Sica al “circo equestre” ricevuto dalle mani del Presidente della Repubblica il 6 novembre scorso, e l’Udienza di Benedetto XVI alla gente del circo e dello spettacolo viaggiante avvenuta in Vaticano il 1° dicembre – sono per noi il migliore incoraggiamento a continuare a svolgere quella “funzione sociale e culturale” richiamata dal Papa, che ha anche aggiunto l’appello alle Amministrazioni pubbliche a “riconoscere e tutelare” questo immenso patrimonio storico, artistico e culturale.

* Presidente Ente Nazionale Circhi

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