di Dario Duranti
Questo articolo è parte del progetto Il circo italiano a Monte Carlo, che racconta i vincitori tricolore della più importante manifestazione circense al mondo. Scopri tutti i video, gli articoli e le interviste.
Spesso nel circo il “mestiere” passa di padre in figlio. Nel caso di Bruno Togni, c’è qualcosa in più: oltre alla passione trasmessagli da Flavio, c’è un talento incredibile e una tenacia non comuni, che lo hanno portato ad essere una delle principali stelle del firmamento circense italiano. Dario Duranti ripercorre il suo percorso, fino agli ultimi successi in Russia e dintorni.
Bruno Togni si forma come giocoliere e per diversi anni vede questa come sua professione futura, fino alla folgorazione sulla via di Damasco che lo porta a immaginare per sé un futuro da addestratore di grandi felini. L’esempio paterno, l’amicizia e l’ammirazione per i Lacey (che in quegli anni frequentavano con regolarità l’American Circus) lo inducono a lavorare duro e con il supporto di Flavio e dell’amico Gianni Mattiolo inizia a lavorare con i tigrotti nati in casa. Maturano in lui due desideri: creare un proprio numero di tigri e portarlo a Monte Carlo. Nell’autunno 2017 debutta a Napoli nella pista del Circo Americano, poi si esibisce al Festival di Latina dove inizia a farsi notare dal jet set del circo mondiale. Bruno, infatti, riceve il premio e l’invito del Festival New Generation di Monte Carlo. Tutta la famiglia Togni viene chiamata al Bolshoi Circus. Nel frattempo, si apre una prima parentesi moscovita al Cirko Nikulin dove Bruno si fa apprezzare anche da addestratori del livello di Nesterov e Pavlenko. Il numero intanto cresce con l’aggiunta di due tigri rosa, portando il gruppo a dieci elementi. Nel 2020 arriva la proposta di partecipare al Festival da parte di Pilz, ma a causa della pandemia Bruno dovrà pazientare due anni prima di coronare il suo sogno. A gennaio 2023 finalmente i riflettori si accendono sulla grande gabbia di Bruno: dentro, i famosi sgabelli luminosi che aveva introdotto Flavio nel proprio numero. Il passaggio di consegne è simboleggiato anche dal corpetto tempestato di pietre e lustrini realizzato da Vicaire che Flavio indossava per presentare tigri ed elefanti. La gabbia che aveva ospitato le esibizioni di Pablo Noel è la cornice più azzeccata; in mano la frusta di un altro maestro ideale: il domatore elvetico Eugene Weidmann.
Le premesse ci sono tutte. Bruno, porta nel Principato nove tigri di colori diversi: sei del Bengala (Greg, Sabu, Sheeba, Darma, King e India), due bianche (Prince e Jolie) e una golden tabby dal manto rosato (Ruby). Un numero caratterizzato dall’eleganza e dal ritmo, ricco di esercizi altamente spettacolari come il triplo debout sui globi di specchi, il ventaglio, il tappeto, le piroette, ma anche trucchi unici e mai presentati da nessun altro addestratore, come il triplo debout tricolore di Sabu, Ruby e July (sia in avanti che all’indietro) o gli impressionanti salti di Sheeba al di sopra delle compagne, sdraiate e in piedi. Un numero perfetto che soddisfa ed esalta gli appassionati di grandi felini. Molti immaginano l’Oro per quello che è sicuramente l’ultimo grande gruppo di tigri d’Europa, ma è un Festival stonato. L’influenza colpisce vari membri della famiglia principesca e, forse per la prima volta, la Principessa Stéphanie è assente dalle fasi finali della giuria: partecipa ai lavori in remoto e non presenzierà neanche al gala. Al momento della proclamazione Tommy Cardarelli (zio, ma anche figura di riferimento per Bruno) con un velo di commozione mormora tra sé e sé: «La storia si ripete…». Non fa in tempo a finire la frase che viene annunciata per Bruno l’assegnazione di un Clown d’Argento. Chi si aspettava una statuetta dorata rimane con l’amaro in bocca, ma Bruno ha il fuoco dentro e solleva il suo premio durante la remise des prix con l’orgoglio e la fierezza con cui porterà in tournée in Bielorussia, Russia e Kazakistan una tradizione ultracentenaria e un cognome che è sinonimo di circo. Se il primo Argento per Flavio era stato il motore che lo ha spinto a superare costantemente sé stesso nel lavoro, per Bruno vale lo stesso. E se l’Europa si rivela un mercato complicato, Bruno non esita a prendere contatto con i circhi stabili di Russia e paesi asiatici per aprire nuove strade alla sua professionalità.
Il legame indissolubile e la complicità nella vita quotidiana e nel lavoro che lo lega al padre Flavio li rendono un’eccellenza riconosciuta in tutto il panorama circense mondiale e siamo certi che sotto a quello chapiteau di Fontvieille che papà/nonno Enis seppe immaginare e realizzare trentasette anni fa, tornerà a risuonare il nome di Flavio e Bruno Togni.