Consolidare un circo familiare attraverso la formazione ricevuta all’Accademia del Circo. Intervista ad Anita Canestrelli, in arte “Bibì”, nata in provincia di Reggio Calabria nel 1982. Una storia di amicizie e insegnamenti che rimangono negli anni.
di Alessandro Grasso
Ricordi il tuo ingresso in Accademia?
In Accademia sono entrata quando avevo 11 anni. Era il 1993 e la sua sede non era ancora a Verona ma a Cesenatico sulla Riviera Romagnola. L’impatto non è stato forte: di solito il problema di entrare in Accademia per noi figli del circo è quello di lasciare la famiglia e ritrovarsi da soli lontano da casa. Nel mio caso non è stato tanto traumatico perché insieme a me è venuto mio fratello e poi l’anno successivo ci ha raggiunti anche nostra sorella. Certo all’inizio bisogna comunque ambientarsi e cercare di stringere amicizie ma con il tempo viene da sé.
Che ricordi hai dell’edificio dell’Accademia?
Ricordo che era molto bello, in stile college. Aveva sede in una colonia estiva vicina al mare ed era immersa nel verde. Le occasioni di svago e sport non mancavano di certo, infatti avevamo a disposizione un campetto da pallavolo e uno da calcetto oltre che due palestre (ovviamente necessarie per tutti gli esercizi preparatori). Oltre che gli spazi di svago e allenamento c’erano anche quelli adibiti a dormitori, quello al piano terra e al piano superiore, dove erano ubicate le camere.
Raccontaci una giornata tipo all’Accademia.
Per chi frequentava la scuola la sveglia suonava alle 7 di mattina, la colazione era alle 7.30 e poi si doveva prendere il pulmino per la scuola pubblica. Alle 13.30 si rientrava in Accademia e tutti insieme, allievi, professori e direttore, si pranzava nella mensa della struttura. Mezz’ora di pausa e si riprendeva con i compiti scolastici sotto la guida degli insegnanti. Poi iniziava la preparazione fisica: dalle 15.30 alle 16 danza classica con la signora Elena e a seguire tutti insieme nella palestra grande per il riscaldamento fino alle 16.30. Infine ognuno di noi andava dai propri istruttori per imparare le discipline circensi che andavano avanti fino alle 19.30 per poi recarsi tutti insieme a mensa per la cena. Per chi invece non andava a scuola l’inizio delle attività era alle 9.30 e sino alle 12.30 con il venerdì mattina libero, giorno in cui tutti ne approfittavano per girare la città di Cesenatico. La domenica mattina tutti a messa, cosa obbligatoria per il primo anno, mentre dal secondo in poi diventava facoltativo il che al parroco non piaceva, infatti quando veniva in Accademia per il catechismo si lamentava con il signor Palmiri. L’anno accademico si frequentava di pari passo con l’anno scolastico e festività e ferie estive coincidevano per cui, chi poteva, raggiungeva i circhi dei propri familiari.
Che discipline hai imparato in Accademia?
Ad indirizzarmi verso le discipline che ho appreso è stato mio papà. Il primo anno con mio fratello Osvaldo abbiamo imparato l’antipodismo insegnatoci dalla signora Valentina. Ci allenavamo fino alle 18 e dopo una piccola pausa per la merenda ci dedicavamo agli icariani, disciplina che abbiamo continuato a seguire per altri due anni soprattutto dopo l’arrivo di nostra sorella Jennifer. Una volta terminata la scuola pubblica, il quarto anno, ho imparato anche l’hula hoop. Mio fratello Osvaldo oltre ad essersi specializzato nei giochi icariani e nell’antipodismo ha appreso anche la disciplina del filo.
C’era un momento di esibizione davanti ad un pubblico?
Si, come tutte le scuole anche l’Accademia aveva un suo saggio di fine anno. Ricordo che il numero unico di antipodismo e icariani ci fu impostato e creato dalla signora Elena e dal signor Giarola, il quale veniva in giugno in Accademia per preparare il saggio.
Chi ti ricordi dei tuoi amici di avventura all’Accademia?
Ricordo con affetto le ragazze con le quali c’era più affiatamento: mia cugina Jennifer Medini, Sue Ellen Sforzi, Rita Carnevale, Nancy Rossi, Lesly Casartelli, Sandy Hones e due ragazze di nome Clara e Milena che non erano del mondo del circo e delle quali non ho più avuto notizie. Il primo anno di scuola mi sono trovata malissimo perché non riuscivo a legare con nessuno dei ragazzi di Cesenatico e me ne restavo da sola. Questo accadde anche perché capitai in una sezione da sola mentre le altre dell’Accademia erano in un’altra classe. Poi però dal secondo anno non ho avuto nessun problema. Mio fratello era molto amico con Patrick Folco, Maicol Errani e con i fratelli Elvio, Alessio e Alan Marsico che provenivano dal mondo delle giostre. Mia sorella era con il gruppo delle più piccole composto da Suellen Casu e dalle sorelle Valeriu. Il primo anno che arrivammo ricordo la presenza, tra gli allievi più grandi, dei fratelli Peres, dei Guidi, dei D’Amico, dei Ciriello e dei Curatola che quell’anno si diplomarono tutti.
Per quanti anni si poteva frequentare l’Accademia?
Era molto variabile. Io ho iniziato a frequentare dalla prima media ma ricordo che mia sorella ha iniziato a frequentarla già dalla quinta elementare, o ancora, ad esempio, le sorelle Casartelli che hanno frequentato in diversi anni poiché la famiglia era sempre all’estero e loro dovevano andare a scuola. Non c’erano degli anni ben definiti, dipendeva dalla scuola e dalle discipline da imparare.
Raccontaci un episodio accaduto in Accademia che difficilmente dimenticherai.
Ce ne sono così tanti! I ricordi accumulati, le persone conosciute, le esperienze fatte. E’ vivido nella mia memoria il ricordo del signor Palmiri che, per farci stare zitti e per attirare l’attenzione in mensa, batteva la forchetta sul bicchiere e noi tutti facevamo silenzio. Mentre un episodio particolare che ricordo è che i bambini della scuola mandavano sempre me da Palmiri per chiedere di giocare a calcio. Io ero un po’ la sua “cocca” e siccome ero anche un po’ ruffiana ottenevo sempre il permesso. Fino a che un giorno fummo tutti convocati in ufficio perché avevamo combinato qualche danno e ricordo che mi disse: “Da tutti me lo sarei aspettato tranne che da te”.
Finita l’Accademia con quali numeri vi siete esibiti?
Ritornati al Circo di famiglia Arbell ci siamo esibiti per diversi anni con i numeri sviluppati in Accademia, ovvero quelli di antipodismo e di giochi icariani che coinvolgevano tutti noi tre fratelli. Osvaldo poi si esibiva da solo al filo ed io all’hula hoop. Dopo diversi anni abbiamo costruito anche altri numeri coinvolgendo le altre mie due sorelle più piccole, Rossella e Vanessa. Abbiamo incluso nel nostro repertorio il numero di pattini acrobatici, i cerchi aerei e le fasce. Nel 1999, col numero impostato in Accademia, abbiamo partecipato a Monte Carlo al Festival “Première Rampe”.
Chi è Anita oggi?
Nel 2008 mi sono sposata con Danilo Dell’Acqua a Canosa di Puglia con una bellissima cerimonia celebrata da Don Luciano Cantini. Ho lasciato il Circo di famiglia Arbell per seguire mio marito al Circo Acquatico Dell’Acqua e con lui faccio parte del nuovo spettacolo dove ci esibiamo insieme con un numero di fasce aeree un po’ in stile Broadway. Oggi l’unico numero appreso in Accademia che ripropongo in pista è l’hula hoop, un classico che ha sempre il suo fascino. Nel 2010 è arrivato il coronamento del nostro amore ovvero la nascita di nostro figlio Gabriel. Dunque Anita oggi è moglie, mamma e artista.
E i tuoi fratelli Osvaldo e Jennifer cosa fanno?
Osvaldo e Jennifer, insieme a Rossella e Vanessa che non hanno frequentato l’Accademia, sono parte integrante del nuovo spettacolo Dove la realtà fa sognare del Circo Arbell. Osvaldo e Vanessa si esibiscono in un numero di jockey a cavallo che ultimamente, nonostante sia sempre affascinante, si vede raramente negli spettacoli. Tutti insieme presentano un numero di pattinaggio acrobatico; inoltre Jennifer e Rossella portano in pista un numero di giocoleria a due esibendosi con cerchi, clave, palline e torce infuocate. Infine Jennifer, Rossella e Vanessa si esibiscono anche ai cerchi aerei dando vita ad un quadro ispirato al film Pirati dei Caraibi.
Faresti ripetere l’esperienza dell’Accademia ai tuoi figli?
E’ stata una gran bella esperienza e io, se dovessi tornare indietro, la rifarei senza ombra di dubbio. Però mi piacerebbe rifarla proprio là a Cesenatico: la prima sede ricordava davvero un college ed è così che io la concepisco, non sotto forma di circo com’è stata per molto tempo a Verona. Ma ora so che la nuova struttura è tornata ad essere molto più simile ad un college. Un domani sì, certo che la farei frequentare anche ai miei figli, esattamente come mio papà con tanti sacrifici l’ha fatta frequentare a noi con ottimi frutti.
L’intervista compare sul numero di novembre della rivista Circo.