E’ di questi giorni la notizia che i bambini italiani, soprattutto quelli che vivono nelle grandi città, hanno la possibilità di vedere gli animali dal vivo grazie ai circhi e agli zoo. Otto su dieci non sono mai entrati in una stalla per rendersi conto da dove arriva il latte col quale fanno colazione. E’ quanto emerge da una indagine di Coldiretti realizzata in accordo col ministero della Pubblica istruzione e dell’Università in occasione della presentazione del primo censimento delle fattorie didattiche.
Sul versante degli zoo era stato l’etologo Giorgio Celli – purtroppo deceduto due settimane fa a Bologna – a ricordare con un sano realismo, che “ai bambini che vivono in città non bastano i video scientifici della televisione per evocare in loro quell’emozione fondamentale, direi primordiale, che si prova fissando negli occhi, anche attraverso le sbarre, una tigre in carne e ossa”. E aggiungeva: “Si può così congetturare che questi poveri animali prigionieri siano lì, in quelle gabbie e al di là di quei fossati, per dare testimonianza di quelli che vivono nei territori d’origine e che è necessario salvaguardare. Se è vero che lontan dagli occhi lontan dal cuore, si impara ad amare gli elefanti cominciando dall’area conclusa di un zoo. I sogni più belli sono quelli che si possono fare ad occhi aperti”.
Negli zoo gli animali si osservano in maniera distaccata, ma nei circhi scatta una sorta di vicinanza affettiva, perché leoni, tigri ed elefanti cessano di essere guardati con paura e diventano “artisti” coi quali familiarizzare, amici e complici che collaborano con l’uomo. I numeri con gli animali, infatti, che danno i migliori risultati in pista, sono frutto di un rapporto affettivo fra ammaestratore e animale. Il prof. Alberto Simonetta, studioso di fama internazionale, a lungo zoologo all’università di Firenze, proprio a Circo.it ha spiegato che “la vera e massima utilità del circo è quella di far vedere come sia possibile raggiungere con quasi ogni sorta di animali, un vero rapporto di collaborazione, come sia possibile, per un bambino, giocarci insieme, ma anche come si deve imparare a giocare con gli animali, che non sono dei peluche. Molti degli incidenti che purtroppo succedono ai bambini sono dovuti al fatto che essi non vengono adeguatamente educati ad interagire con i vari tipi di animali e a capirne il “linguaggio”. Sotto questo aspetto il potenziale educativo dei circhi mi sembra ancora poco sfruttato”.
Adesso dal mondo del circo arriva una nuova iniziativa che s’inserisce nel filone della conoscenza degli animali che si è soliti vedere in pista. A promuoverla è stata l’European Circus Association, che ha fatto stampare da Roberto Fazzini un album da colorare, in quattro lingue (italiano, inglese, tedesco e francese) che viene distribuito nei circhi su scala internazionale e che sta incontrando un’accoglienza calorosissima da parte dei piccoli e grandi fruitori degli spettacoli sotto al tendone.
Ci sono tutte le specie che esercitano il fascino maggiore sui bambini e che si è soliti vedere al circo: elefante, leone marino, cammello, ippopotamo, pony, leone, rinoceronte, tigre, lama e zebra. Si parte con un quiz per verificare il grado di conoscenza di questi animali: cosa mangiano, quanto vivono, le specie in via d’estinzione e altro. E il messaggio che l’Eca lancia è molto significativo ed aggiunge una ulteriore motivazione a questo progetto: “Il circo rappresenta un’opportunità unica di vedere, odorare, sentire e persino toccare gli animali. L’esperienza di contatto ravvicinato con gli animali nel circo ci aiuta ad apprendere su di essi e a meglio comprendere le minacce che alcune specie affrontano nell’ambiente selvatico. Le ricerche hanno mostrato che questa esperienza e comprensione può aiutare a motivare le persone ad agire per garantire che gli animali allo stato selvatico non scompaiano”.
Si passa alla descrizione dettagliata delle caratteristiche di ogni specie: dimensione, peso, longevità, gestazione e tanto altro. I bambini hanno così la possibilità di scoprire, ad esempio, che “il leone marino della California era sull’orlo dell’estinzione a causa dei cacciatori americani del XIX secolo. A parte il tradizionale sfruttamento della pelliccia, della carne e del grasso, i peli dei lunghi baffi venivano usati per la pulizia delle pipe da oppio e i testicoli venivano venduti ai farmacisti cinesi”. Oppure che il cammello “grazie alla quantità estremamente elevata di globuli rossi nel sangue, non ha bisogno di aumentare il ritmo respiratorio quando fa molto caldo”. O che “le concentrazioni più importanti di ippopotami si trovano nella Rift Valley. Ogni due anni la femmina dà alla luce un piccolo nelle acque profonde o sulla riva di un fiume, sempre separatamente dal gruppo; cinque minuti più tardi il piccolo è in grado di camminare e di nuotare. La madre lo allatta per circa un anno, anche se dalla quarta settimana inizia a mangiare le prime piante. I piccoli sono spesso preda di leoni e soprattutto di
coccodrilli”.