Solo i dittatori di casa nostra vorrebbero fare peggio delle dittature monopartitiche dove vige ancora il culto della personalità.
La notizia diffusa dall’agenzia ApCom il 23 aprile parla chiaro: “Il Turkmenistan ha ospitato il primo spettacolo circense dagli anni ’90, quando Saparmurat Niazov, il presidente morto nel 2006, vietò l’arte del circo. Il ritorno del circo è parte di un graduale ritorno alle tradizioni promosso dal successore di Niazov, il presidente Gurbanguly Berdymukhamedov, che ha assistito allo spettacolo. Negli ultimi anni Berdymukhamedov ha revocato anche il divieto per le rappresentazioni operistiche e per i balletti”.
Mentre nel parlamento italiano è in discussione un disegno di legge per vietare il circo con animali – cioè il circo tout court – si torna alla normalità in Turkmenistan. E anche questo dovrebbe far riflettere.
Con una popolazione che si avvia a raggiungere i 5 milioni di abitanti, il Turkmenistan è uno stato dell’Asia centrale affacciato sul Mar Caspio, confinante con l’Afghanistan, l’Iran, il Kazakhstan e l’Uzbekistan. E’ stato conquistato dai persiani e dagli arabi che islamizzarono questo territorio nel VII secolo, solo per ricordare i due periodi più noti di una lunga serie di dominazioni. Fino a diventare territorio dello Zar e con la rivoluzione russa del 1917 il Turkmenistan divenne una delle repubbliche dell’Unione Sovietica. Col crollo di quest’ultima, nel 1991, il Turkmenistan ha ottenuto l’indipendenza passando però sotto il controllo di un dittatore, l’ex capo locale del sistema sovietico: Saparmyrat Nyyazow, che ha regnato fino alla morte. Era stato lui a bandire per 20 anni il circo, e insieme a questo, anche le biblioteche, i giornali, radio e tv in lingua straniera. Ma con l’insediamento del suo secondo successore, Gurbanguly Berdimuhammedow, il circo è tornato a circolare liberamente. Ha ripreso vigore anche l’edificio del circo, da circa un anno gestito dal circo di Stato.