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di Francesco Mocellin

Amaluna è senz’altro la miglior produzione del Cirque du Soleil che ci sia capitato di vedere da qualche anno a questa parte.
L’affermazione è certamente categorica – e in campo estetico la tendenza all’iperbole andrebbe sempre contenuta – ma crediamo che non saremo gli unici a pensarla in questo modo in merito al valore e alla forza d’impatto di questo nuovo spettacolo che ha debuttato in prima mondiale lo scorso 25 aprile a Montreal, dopo sei giorni di avant-première come da tradizione.
Come ampiamente annunciato nei comunicati di presentazione, il titolo è dovuto alla fusione dei vocaboli ama – che richiama l’idea di madre in diverse lingue – e di luna, chiaramente indicante l’unico satellite naturale del nostro pianeta. La traccia seguita nella nuova creazione è quella che vede i protagonisti muoversi su un’isola misteriosa governata da dee ed influenzata dai cicli lunari. Mentre si celebra una festa rituale per salutare il passaggio all’età adulta di Miranda – figlia di Prospera, regina dell’isola – una tempesta scatenata di proposito provoca l’arrivo di un gruppo di giovani uomini. Prima di approdare al lieto fine, Miranda dovrà superare una serie di prove che la porteranno ad una nuova consapevolezza. In realtà, come sempre accade, il fil rouge è molto fragile e permeato delle note ovvietà legate all’idea del destino dell’uomo in armonia col mondo e con la natura ma deve servire solo a fare da pretesto ad una produzione dichiaratamente dedicata alla Donna.
Oltre all’idea ispiratrice vagamente femministaiola di cui si è detto va sottolineato che dei cinquantadue artisti del cast solamente quindici sono maschi, che la band che puntella energicamente lo spettacolo è all female e che anche la coppia comica è composta da due artiste. Senza dimenticare che la regia è affidata a Diane Paulus.

Prospera
Risolta la questione, per così dire, delle “quote rosa”, spieghiamo perché Amaluna ci ha convinto. Innanzitutto perché si tratta di una produzione in cui l’impronta del circo è molto forte, in cui è difficile che trovi spazio l’annosa polemica da iniziati “è circo\non è circo” che spesso ha accompagnato gli spettacoli della compagnia canadese. La successione dei numeri è ben delineata e gli appesantimenti drammaturgici ridotti rispetto ad altri show del passato più o meno recente del Cirque. Un altro merito di Diane Paulus e del direttore creativo Fernand Rainville è stato quello di liberare gli artisti in scena dall’uso che in passato è stato talvolta sciaguratamente massiccio delle maschere e dei travisamenti: qui i protagonisti delle performance mostrano quasi sempre i volti – seppur truccati adeguatamente – le espressioni, la personalità, in definitiva la loro individualità. Crediamo si tratti di un merito notevole di chi ha concepito quest’ultimo prodotto uscito dalla scuderia di Guy Laliberté. Un altro atout di Amaluna è la scelta della colonna sonora: finalmente ci si è liberati delle atmosfere ancora vagamente new age, dei climi rarefatti e talvolta soporiferi per lasciare il posto ad una vera rock band tutta femminile, che sprigiona sonorità vigorose con ampio spazio alle chitarre elettriche. Da notare che le musiciste non sono sempre relegate nel sito classicamente destinato all’orchestra ma più di una volta occupano il palcoscenico come veri protagonisti.
Le gemelle Sacaino al monociclo
Un’ulteriore particolarità di questo spettacolo è relativa alla composizione del cast: solo dieci i cinesi presenti, tre gli ucraini e addirittura un unico russo come pure una sola mongola. Per dire che i tradizionali bacini di forza artistica cui il Cirque ha sempre attinto sembrano essere cambiati. Ecco quindi trovare largo spazio canadesi – ovviamente – ma pure statunitensi, australiani, greci, francesi, portoricani, colombiani, finlandesi, svizzeri, inglesi, belgi. E, naturalmente, non potevamo dimenticare le due gemelle giapponesi Sacaino in apertura di spettacolo con il loro duetto ai monocicli di interessante fattura.
Quattro, secondo noi, sono i momenti memorabili della produzione: la performance alle sbarre fisse tutta al femminile – il gruppo è composto da ragazze provenienti da Stati Uniti, Australia e Canada – di cui non si ricordano precedenti e che rappresenta un concentrato di esplosiva vigoria; la troupe alla “bascula coreana” che apre la seconda parte e che dimostra come la creatività nell’universo circense non si arresti mai: lo stile dei saltatori – tutti maschi, gli invasori dell’isola tutta al femminile – non è sempre impeccabile ma i passaggi sono tutti ragguardevoli e la combinazione con gli arrivi su una sorta di praticabile (che ad un certo punto diventa anche un piccolo muro quasi verticale che favorisce il jump-climbing) ne fanno un numero degno di Monte Carlo; lo straordinario “filo basso a quattro”, davvero mai visto prima con Julien Posada come leader ed un attrezzo di scena costituito da fili indipendenti, incrociati e posti a diversi livelli. La routine offerta dalle due coppie di filferristi è largamente inusuale, pensiamo al trascinamento di una delle artiste distesa sul filo da parte di Posada, all’attraversamento sui tacchi a spillo, ad ogni genere di salti ed incroci.
Victor Kee
E quando ce ne sarebbe abbastanza per andare a casa col pieno di emozioni ci pensa Viktor Kee a suggellare una serata di altissima qualità. Il giocoliere ucraino rivisita la performance che l’ha reso celebre col risultato di renderla ancora migliore: oltre a gionglare anche con sette palle – di cui una infuocata al termine – Viktor manifesta una straordinaria maestria nell’esibire la sua fisicità sopra la vasca d’acqua usata come praticabile.
Su un gradino più basso vanno posizionati il quadro d’apertura con la troupe cinese che combina giochi icariani e lanci con le meteore volanti, il palo alla Dima Shine del francese Edouard Doye e la clownerie di Nathalie Claude e Pepa Plana, anche se è ben congegnata la lunga gag del parto plurimo. Di grande effetto su un’audience sempre disponibile a stupirsi il numero di Iuliia Mykhailova alias Miranda che alterna contorsionismo nella semisfera d’acqua e verticalismo sui bordi.
Miranda
Lara Jacobis Rigolo
Davvero particolari le sensazioni che trasmette alla platea la svizzera Lara Jacobis Rigolo che cattura l’attenzione con la specialità potenzialmente più noiosa del mondo, ovvero la tenuta in equilibrio di lunghe bacchette lignee, in stile giapponese per intenderci: l’ultima parte del numero nel più rigoroso silenzio ha un chiaro effetto magnetico sugli astanti.
Ci pare che i lettori possano intuire agevolmente che stiamo parlando di uno spettacolo davvero ricco di talenti circensi che segna un ritorno del Cirque du Soleil al vertice dell’entertainment dopo qualche battuta d’arresto. Ora bisognerà attendere le reazioni del mercato: considerata la congiuntura si tratta di una sfida complicata ma questo potrebbe essere il prodotto giusto per vincerla.

La recensione di Francesco Mocellin è pubblicata su Circo di giugno.