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Adriana e Cristina Togni, donne a cavallo dei secoli

Adriana e Cristina Magli Togni, due generazioni a confronto, due modi di intendere la vita, il lavoro, le passioni. Con un comune denominatore: un amore per il circo che entra sotto la pelle e che condiziona tutta l’esistenza. Dalla rivista Circo di agosto-settembre, l’intervista doppia che racconta anche com’è cambiato il ruolo della donna in pista e sotto il tendone.

di Alessandro Serena

Adriana e Cristina, madre e figlia, la prima del 1928, la seconda del 1970, anche se ad entrambe andrebbero controllati i documenti, visto l’invidiabile stato di forma. Due donne che hanno fatto del circo la loro ragione di vita. Una conversazione a due voci che attraversa la storia del nostro paese e i cambiamenti, anche radicali, intervenuti nell’arte, nell’impresa e nella vita del circo.

Adriana Togni col marito Salvino e la piccola Cristina

Adriana Togni col marito Salvino e la piccola Cristina

Signora Adriana, i suoi primi ricordi sono di un’epoca sconosciuta a molti lettori.
Ho avuto la fortuna di avere una vita piena e sono moltissime le immagini che riaffiorano alla mente. Voglio citare due ricordi semplici che hanno significato molto per me. Il primo è un compleanno un po’ amaro. L’Italia era entrata in guerra il 10 giugno 1940, il 29 facevo 12 anni: per la prima volta non ricevetti nessun regalo. Quasi un avvertimento a restare in sintonia col mondo e prepararmi ad un periodo molto difficile. Ci rimasi male, ma dai miei genitori e dalla vita avrei poi ricevuto tanti doni da non poter ringraziare abbastanza.
Poi ricordo che amavo molto viaggiare. Il nostro complesso si spostava con carri tirati dai cavalli. Io sedevo accanto a mio padre Ferdinando che a volte mi passava le redini. Amavo questo momento del viaggio, del cambio di località, come se in quegli attimi mi rendessi conto che non importava il luogo, casa mia erano quelle carovane e il mio posto era lì accanto a lui. Del resto mio papà è stata una figura straordinaria, con un carisma che veniva dal modo in cui trattava tutti allo stesso modo. Affettuoso con noi e in particolare con me che ero la femmina. Fu anche un nonno straordinario. Ovviamente anche grazie a mamma Alba.

Com’è iniziata la sua carriera artistica?
Da noi era solo una questione di tempo, prima o poi lavoravano tutti. Zia Angly si era fatta male e c’era bisogno di sostituirla nel Jockey. Avevo 14 anni e da lì in poi esplorai in pratica ogni disciplina equestre. Poi i numeri aerei: la corda verticale e il trapezio volante, una tradizione dei Togni che in quegli anni contavano sull’apporto fondamentale dei Miletti e degli Jarz.

Adriana Togni

Adriana Togni

Quali sono stati i fatti che hanno cambiato la sua vita?
Un fatto positivo può portare ad uno negativo e il contrario. Per esempio, un triste evento fu l’incendio del 1951 a San Donà di Piave, che distrusse ogni nostro bene. Eppure quell’incidente determinò la nascita del Circo Nazionale dei Fratelli Togni. Poi però questo fatto, inizialmente positivo, ci fece capire che il gruppo non riusciva a restare unito. C’erano delle divergenze fra papà Ferdinando e zio Ercole che portarono alla divisione. Da qui però, emerse la gran voglia di fare bene del nostro ramo che portò alla definitiva affermazione fino alla fondazione dell’Americano. Non sai mai cosa ti porterà il destino, ma devi cercare di determinarne gli sviluppi e farti trovare pronta.
Certo, il 1953 fu per me un anno epocale. Conobbi Salvino, che divenne poi mio marito (oltre che ammaestratore di orsi!), e poco più tardi, il 22 luglio, il nostro nuovo complesso debuttò a Tivoli. C’era un enorme fermento famigliare, una grande voglia di fare, un entusiasmo contagioso. Durante lo spettacolo un paletto della rete del trapezio scivolò e colpì la moglie del sindaco, in prima fila. Ebbene, loro non sapevano come scusarsi per l’imbarazzo creato! C’era un’atmosfera di cordialità diffusa. Oggi le condizioni sono del tutto differenti e avverse. Ma l’anno che porto nel cuore è il 1970, quando nacque Cristina.

Ecco che entra in scena Cristina. Avete sviluppato in maniera diversa i rapporti con la famiglia e con l’impresa.
Adriana: Io ero la più grande di noi fratelli e l’unica femmina. Quindi diventai un po’ la seconda mamma di tutti con una buona dose di lavoro di casa. C’era poi tutto il lavoro relativo alla gestione del circo, alla creazione e alla cura dei costumi, etc. Si sentiva il felice peso di una grande responsabilità. Eravamo usciti dalla guerra e avevamo l’obbligo di ricostruire il paese. Siamo cresciuti in un’impresa artigianale, facendoci strada ed affermando nel mondo un marchio che ora è fra i leader nel settore. Mentre i nostri figli hanno trovato già una posizione solida, sono cresciuti in uno dei circhi più grandi d’Europa. Non che sia più facile, sono situazioni diverse. Il trovarsi in un complesso come era diventato l’Americano implica un senso di responsabilità ed una pressione enormi.
Cristina: Io, al contrario, ero la più giovane della mia generazione. Un po’ la bambolina di tutti. Ho quasi dovuto chiedere io le responsabilità che tardavano ad arrivare. Ho sempre avuto un carattere piuttosto deciso e visto da fuori “spigoloso”.

Cristina Togni sulla pista di Monte Carlo

Cristina Togni sulla pista di Monte Carlo

Cristina, quali sono state le tue più importanti esperienze artistiche?
Sono salita a cavallo con mia mamma a pochi mesi e non ne sono più scesa. Sono in simbiosi con quell’animale, una sorta di centauro al femminile. Ma il debutto è avvenuto molto tempo dopo, a 14 anni con l’alta scuola. Anch’io ben presto mi sono cimentata in altre discipline, come il trapezio volante, con maestro il compianto Ronny Jarz, ma anche con tutti i cugini più grandi e il fenomenale Don Martinez che presentava il triplo salto mortale e mezzo con presa alle gambe. Ottimi maestri e infatti il volo diventò l’altra passione della mia vita professionale e ancora oggi sono nel quadro degli elastici presentato nella cupola dell’Americano.
Ho fatto anche un breve passaggio con le tigri, a Genova, giusto il tempo per capire che non faceva per me. Invidio a Flavio la capacità di entrare in sintonia con ogni tipo di animali. Io ci riesco solo con i cavalli e per me è già eccezionale. Un passaggio importante è stato quello da artista ad ammaestratrice, maturato attorno ai vent’anni, in maniera fluida e quasi fisiologica. Da allora ho formato diversi gruppi di cavalli e il mio rapporto con loro è diventato ancora più intenso. Sono molto orgogliosa del numero in libertà senza finimenti, che presento dal 1996, un po’ il mio biglietto da visita.
Ho partecipato anche a due edizioni di Monte Carlo, ma in quel contesto, come giusto, eravamo tutti al servizio di Flavio e il carico di pressione era tutto sulle spalle del nostro “capitano di lungo corso”.

Cristina con Papa Benedetto

Cristina con Papa Benedetto

Sei cresciuta in un complesso affermato.
Mi considero fortunata. Per un’appassionata di cavalli crescere in mezzo a Ferdinando, Bruno e Flavio Togni è un’occasione unica per apprendere i segreti di una tradizione millenaria. Devo però dire che non è facile farsi strada in un mondo di maschi. Non a caso, oltre ai famigliari, ho avuto come riferimenti donne vincenti: la trapezista Ketty Jarz (ad oggi l’unica italiana ad aver girato il triplo salto mortale), o Gilda “dei Leoni” Vulcanelli. Insegnavano che anche le donne potevano essere protagoniste.
Quando la seconda generazione di una dinastia deve continuare ad affermarsi ho notato che ci sono analogie con altri settori. Noi di recente abbiamo consolidato il marchio all’estero, con le tante vittorie di Flavio a Monte Carlo, i miei ingaggi all’estero e i numeri mandati in altri circhi. Mentre in Italia si fa più fatica.
Anche nel mio caso le divisioni famigliari, seppure temporanee, hanno portato a maggiori responsabilità. Nel 1990 quando Flavio partì con Ringling ebbi modo di migliorare le doti di ammaestratrice. Nel 1994 quando la famiglia di zio Bruno prese un’altra strada, aumentò il lavoro per tutti. In quegli anni l’Americano cominciò a fare pause estive, e io ebbi l’occasione di propormi come artista ingaggiata, un’esperienza nuova. Fu come avere la riprova della qualità del mio lavoro. Partecipai al Festival delle Principesse di Stoccolma con una “libertà” composta da otto arabi e poi presentai i dodici frisoni di Franzi Althoff da Scott. In tanti anni ho lavorato con moltissimi cavalli e in numerosi stili diversi, dei quali i più ricorrenti sono il latino (spagnolo, argentino o messicano) e quello orientale. Mi ricordo un quadro argentino bellissimo con i cavalli affiancati al numero delle bolas e a quello dei Quiros, funamboli a grande altezza.
È vero che la vita ti cambia. Un esempio per me notevole è stato l’incontro con Papa Benedetto durante la storica udienza dello scorso 1 dicembre. Mi ha toccato molto, in passato non pensavo che un evento del genere potesse coinvolgermi. Sento sempre vivo in me il ricordo di Giovanni Paolo II e mi emoziona molto pensare che Antonio Buccioni possa riuscire ad organizzare un incontro con Papa Francesco.

Adriana e Cristina

Adriana e Cristina

Come vedete il futuro della categoria?
Adriana: Negli ultimi tempi io e mio marito ci siamo dedicati di più alla cura dei miei genitori, dopo la scomparsa di mio papà nel 1990 e quella recente di mia mamma abbiamo pensato di ritirarci nei capannoni di Verona. Forse per questo vediamo tutto un po’ da lontano. Mi pare che la situazione dei circhi sia grave. C’è meno amore, sia da parte del pubblico che degli stessi circensi. E’ cambiata molto l’offerta di spettacoli, soprattutto con la televisione. Lo spettatore resta comodo a casa e può ammirare spettacoli incredibili dai costi esorbitanti. Di conseguenza, man mano, le condizioni interne dei circhi sono cambiate. Non ci sono più grossi gruppi famigliari che mandano avanti un complesso. Non c’è più quella atmosfera di lavoro entusiasta, di consapevolezza di far parte di un progetto. I circhi più importanti realizzano tour sempre più brevi. Insomma dal mio punto di vista c’è una perdita irrimediabile dei valori di un tempo. È come se la nostra generazione avesse fatto di tutto per consegnare ai figli la migliore delle situazioni possibili, ma subito dopo questa abbia cominciato a degradarsi. Anche se, in potenza, il circo resta l’unico spettacolo pulito adatto a tutta la famiglia.
Ferdinando Togni e Cristina con l'amico Pony

Ferdinando Togni e Cristina con l’amico Pony

Cristina: Per me la crisi del circo corrisponde alla situazione del sistema Italia. Non mi riferisco solo alla pur grave crisi economica di questi anni, ma alle molte contraddizioni del nostro paese che ne impediscono la fioritura da decenni in qua. C’è una resistenza quasi fisiologica all’impresa che ha di fatto rallentato lo sviluppo della categoria. Ci saranno poi di certo alcuni imprenditori più o meno capaci, come in ogni settore, ma per un settore come il nostro i vessilli burocratici sono un freno difficile da allentare.
E nonostante ciò il circo italiano continua a distinguersi nel mondo. A Monte Carlo è la prima potenza mondiale occidentale, subito dopo Russia, Cina e Corea del Nord. L’Accademia del Circo sta facendo un ottimo lavoro con artisti che sono richiestissimi da case prestigiose. E anche quelli che scelgono di rimanere nell’impresa di famiglia fanno la differenza. Penso, per esempio, al Circo Royal della famiglia Dell’Acqua. Una misura media, ma una passione per il lavoro ben fatto di sicuro da “grande”, con buoni numeri e grande attenzione per il benessere degli animali.
Guardo con fiducia anche al ruolo dell’ENC. Il graduale cambio di consegne dal Signor Egidio Palmiri a colui che per anni era stato il suo vice, Antonio Buccioni, ha di fatto rinnovato il ruolo propositivo dell’associazione che si pone in maniera ancora più decisa come guida della categoria. C’è da augurarsi che gli operatori sappiano seguire i consigli, potrebbe essere una opportunità unica.

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