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“Lo spazio dato al circo è uno spazio dato alla natura”

In occasione della XV edizione del Festival Internazionale del Circo Città di Latina, lunedì 21 ottobre l’Ente Nazionale Circhi ha promosso il convegno “L’Italia nel Circo del domani”, che ha visto fra gli altri la partecipazione del presidente Enc, Antonio Buccioni, del dott. Pierluigi Canali del ministero per i Beni e le Attività Culturali, del dott. Federico Eichberg del ministero per lo Sviluppo Economico, di Urs Pilz, Enis Togni, Francesco Mocellin ed altre autorevoli personalità.
Paolo Pristipino, art director del Festival Internazionale di Roma Capitale “Golden Circus”, ha consegnato agli atti del convegno l’intervento che pubblichiamo di seguito, dal titolo Quale Circo per l’Europa: uno stabile futuro o una scomparsa epocale? Si tratta di una approfondita e interessante riflessione su temi che toccano da vicino il settore e che per questo proponiamo ai nostri lettori.

di Paolo Pristipino

Paolo Pristipino e Liana Orfei ad una assemblea generale dell’Ente Nazionale Circhi (foto Circo.it)

Paolo Pristipino e Liana Orfei ad una assemblea generale dell’Ente Nazionale Circhi (foto Circo.it)

Il circo viene definito “il più grande spettacolo del mondo” ma allo stesso tempo è una vera e propria Cenerentola del variegato e sfavillante universo dello spettacolo.
Una parente povera, bistrattata, ma segretatamene ammirata, che non è mai riuscita ad imporsi in modo ufficiale come forma d’arte, soprattutto in Italia.
Scarsa sull’argomento è la letteratura, scarsa la storiografia. Di difficile lettura sono gli attuali contorni di questo settore, il quale, da tempo, rivendica una legge che lo tuteli e lo aiuti a sopravvivere, insidiato com’è da più moderne forme di evasione ed accusato dal mondo ambientalista poco informato o meglio al servizio dei propri interessi, per i quali la vita degli animali nei circhi è una sorta di crudele ed efferata tortura.
Quando si parla di circo, generalmente si suscitano reazioni differenti e contraddittorie: è difficile che una persona di alto livello culturale ammetta di trovare piacere da questo tipo di spettacolo, che viene, più o meno, apertamente disprezzato e considerato sottocultura.
D’altra parte, tuttavia, sarebbe ancor più difficile trovare una persona che non abbia mai assistito ad uno spettacolo circense o per lo meno non sia in grado di descriverlo.
Segno, questo, che il circo fa parte della nostra cultura in modo così profondo che sarebbe inutile e sfacciato tentare di ignorare la realtà.
Questo dimostra come la realtà culturale del circo abbia avuto una straordinaria stabilità e durata nel corso dei secoli, pur modificando ed evolvendo la sua struttura, a seconda dei periodi storici e del contesto culturale in cui era inserito. E come tale, il circo non può essere ignorato e classificato come sottocultura, ma ne vanno evidenziate le radici psicologiche per riuscire a comprendere le dinamiche che da secoli fanno incontrare ogni ceto sociale, di ogni età ed estrazione, sugli spalti del tendone.

Gli spettacoli circensi affondano le loro radici nelle antiche feste rituali, affermando che ogni forma di spettacolo ha avuto le proprie origini nel circo e nei trattenimenti popolari.
Scrivendo la storia del circo, si raccolgono le fonti per la storia di tutto lo spettacolo!
Ora, per risolvere gli attuali problemi che si manifestano in tutta Europa, e non solo, occorre tracciare due vie: quella europea che arrivi a una “direttiva” e quella nazionale, al fine di armonizzare il tutto per un unico fine: il benessere del Circo. Ogni Paese sviluppi le proprie direttive nazionali in un contesto europeo in armonia e mai in contrapposizione al fine di risolvere il problema dei problemi e cioè quello della sopravvivenza degli animali nell’habitat circo.
Occorre aprire una riflessione del settore con i responsabili politici e con i responsabili istituzionali, sia europei che nazionali, su un tema così importante.

Il circo è legato su un triangolo che ha da un lato l’uomo, sull’altro la natura ed infine l’animale: non c’è assolutamente contraddizione aprioristica con questi elementi e non c’è neppure conflittualità, anche se qualcuno l’alimenta. C’è da recuperare un rapporto, un rapporto complementare tra l’uomo e l’animale, non di subordinazione dell’animale all’uomo ma per una reciproca comprensione con un grande sforzo per capirsi; lo stesso dicasi con la natura.
Occorre ridisegnare i confini tra la realtà del circo e, ad esempio, la città, tra gli spazi della cultura e lo spazio della città. Occorrono leggi per dare risposte certe agli operatori del Circo; occorre costruire una task force culturale che sposi le tesi dei circhi europei per una armonizzazione legislativa che preservi questo mondo.
Per proteggersi dai sempre più vistosi attacchi del mondo animalista, l’ECA si faccia anche promotrice di un “Comitato culturale d’opinione” con sede a Montecarlo cui aderiscano personalità della cultura, della scienza e della politica di tutta Europa, la cui presidenza sia affidata a personaggi di riferimento ed operativi, selezionando e promuovendo iniziative che tutelino il nostro mondo.

Occorre arrivare a una “direttiva europea” volta a stabilire i livelli minimi di benessere per gli animali, a definire gli spazi idonei nelle città, attrezzati soprattutto per accogliere gli animali a cura delle municipalità, al fine di educare il pubblico, in specie giovanile, all’utilità socio-culturale che il Circo ha in sé; infine, i problemi legati ai trasporti ed alla logistica.
L’Europa quindi deve essere aperta, con proposte costruttive che armonizzino per un lungo periodo il contrasto tra mondo circense e quello animalista, che tutelino l’unico museo vivente rappresentato dal circo in cui uomo ed animale convivono in perfetta armonia con la natura.

Tecnologia e natura sono due mondi che devono anch’essi correre parallelamente: l’una non può escludere l’altra, né tanto meno imporre il suo predomino. Si deve tentare una coesistenza delle due realtà. Nella società tecnologica, lo spazio dato al circo sarà uno spazio dato alla natura. Attualmente è uno spazio che il circo difficilmente trova: oltre che materialmente, per indifferenza soprattutto delle istituzioni.
Andare al circo non è come andare alla zoo: il rapporto con l’animale non è passivo. Anche il circo conserva, anche il circo deve essere considerato come un museo della natura.
Non vogliamo che un giorno i bambini dicano: “C’erano le tigri, c’erano gli elefanti”. Dovranno sempre esserci, per non sottrarre ai fanciulli il piacere di scoprire quel mondo. Non dovrà mai più accadere che un bambino cui è stata regalata una tartaruga cerchi di smontarla per cambiare le pile.

Per questo, sostenere il circo non è semplicemente sostenere una certa forma di spettacolo: se non fosse esistito, bisognava inventarlo. E’ necessario garantirlo, proprio in nome della salvaguardia dell’ambiente. In questo mondo di stalle a batteria, di mangimi sintetici, di manipolazioni genetiche e di surgelati, nulla ci appare più naturale del circo, là dove si compie l’unione fra i popoli diversi e fra popolo e animali.

Molti ecologisti forse è proprio di questo che non tengono conto.
Hanno perso di vista la storia: per questo il punto finale del loro agire non è chiaro. Ma chi contesta la naturalità del circo esprime un giudizio astorico.

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