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Livio Togni: “Da Imola può partire la riscossa del circo italiano”

di Livio Togni

Livio Togni

Quello che si è scatenato dopo la fuga della giraffa ad Imola è il solito copione che si ripete ormai da decenni: le associazioni animaliste, i politici, i sindaci, i media, le autorità costituite varie ed eventuali sono subito pronte a puntare il dito, e via che si ricomincia a parlare di animali maltrattati, di aguzzini, di imbroglioni, di creature strappate al loro habitat naturale. In fondo fa comodo a tutti, ed è anche più semplice attribuire al circo responsabilità e colpe sproporzionate; ad esempio: “Se porti il bambino a vedere un animale tenuto in cattività, crescerà senza avere rispetto dell’ambiente e degli animali”. Ma chi l’ha detto? Qual è la causa più probabile dell’estinzione delle specie selvatiche: i circhi e gli zoo oppure la caccia, l’urbanizzazione senza controllo, l’inquinamento, il poco rispetto che l’uomo da sempre dimostra per il pianeta? Cosa succede quando si cerca di reintegrare in natura un animale che libero non lo è mai stato? Della realtà delle cose non si parla mai e anche perché dare la colpa al circo è molto più facile: tanto noi non ci sappiamo difendere, non ci sappiamo organizzare, anzi non ci vogliamo organizzare, pensando sempre che fra un mese sarà tutto passato, senza riflettere a lungo termine, sul fatto che il danno all’immagine del circo si ingrandisce sempre di più e rischia di diventare un buco tanto grosso che prima o poi ci cascheremo dentro tutti. Ma niente. Anche in quest’ultimo caso si ripete il teatrino: per correre ai ripari si cerca di stabilire l’albero genealogico degli Orfei, come se alla gente importasse qualcosa di sapere se l’Orfei in questione è nipote, genero o cugino di terzo grado di Moira. Per la gente, per i mezzi d’informazione, per chi simpatizza o si dichiara animalista, Orfei è uguale a Circo; Togni uguale Circo; XXX uguale Togni uguale Orfei uguale Circo. E allora perchè, anche noi, una volta per tutte, in un momento in cui viene compromessa la nostra possibilità di lavorare, non cerchiamo di essere quello che siamo, ovvero Circo? Siamo tanti, di argomenti forti ne abbiamo, ce ne sono a bizzeffe. Il potere politico delle associazioni animaliste è indiscusso (le elezioni, come ogni primavera in Italia, sono sempre alle porte), le campagne anti-circo si fondano su argomenti inconsistenti (mi vengono in mente i cartelli con gli elefanti che dicono “sono nato libero”…), i finanziamenti che queste associazioni incamerano non sono trasparenti e non viene mai fatta chiarezza su come vengono utilizzati. In questo momento storico di grave crisi, molte persone si trovano costrette ad aprire gli occhi su tante faccende, e forse mai come adesso sono convinto che alla gente interessi avere risposte chiare e precise alle fatidiche domande: chi ci guadagna? dove vanno a finire i soldi?
Se noi ci coordiniamo possiamo dire la nostra, ma solo se agiamo in massa. Oggi, nel 2012, i mezzi per fare rumore e per farsi sentire ci sono, i messaggi forti riescono a raggiungere le persone anche quando i mezzi di comunicazione tradizionali cercano di oscurarli. Altrove nel mondo sta già succedendo: i circhi e i circensi, gli zoo e tutti coloro che vivono la realtà quotidiana degli animali in cattività stanno cominciando a fare controinformazione, spesso senza usare tante parole ma utilizzando immagini forti, che parlano da sole, come quelle della campagna dell’associazione zoologica americana, che mostra il massacro di animali che avviene in natura confrontandolo con le cure che riceve l’animale tenuto in cattività; oppure i cartelloni esposti nelle strade di New York per denunciare la PETA, che uccide i cani e i gatti ospitati nei proprio rifugi.
E’ il momento che ci diamo tutti una mossa, perchè i motivi ci sono e la posta in gioco è sempre più alta: se vogliamo che il circo come lo conosciamo sopravviva non possiamo più permetterci di perdere tempo.

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