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Liana Orfei su “Avvenire”: “Il circo fa parte della cultura, non morirà mai”

Liana Orfei col presidente Buccioni in piazza San Pietro

Liana Orfei col presidente Buccioni in piazza San Pietro

Una magia che si ripete ogni volta sotto lo chapiteau quando acrobati, domatori, clown, giocolieri, trapezisti, scendono in pista per strabiliare il pubblico con numeri che fanno venire la pelle d’oca: non per niente il circo è «lo spettacolo più bello del mondo», come dimostra il Golden Circus, festival internazionale di Roma Capitale – giunto alla 32esima edizione – che si svolge nel Teatro Tendastrisce (in via Perlasca 69) fino all’11 gennaio.

La rassegna, ideata e diretta dalla “regina del circo” Liana Orfei, mette a confronto le più grandi scuole circensi del mondo.
Nata 78 anni fa a San Giovanni in Persiceto (Bologna), da Paride (il clown Pippo, con il quale all’età di due anni faceva il “minipagliaccio” Lacrima) e Alba Furini, sorella di Nando e Rinaldo, Liana, attrice di cinema e tv, appartiene a una grande famiglia che da due secoli porta alto in tutto il pianeta il vessillo dell’Italia nell’arte circense: «Siamo stati noi italiani a fondare la scuola russa, oggi giustamente decantata, ma abbiamo anche fatto mettere le radici al circo in Francia, a Monte Carlo e in Canada (patria del Cirque du Soleil) con Franco Dragone. Rattrista il fatto che qui non è riconosciuto: l’Italia è l’unico Paese al mondo dove il circo non ha un posto di rilievo tra gli spettacoli dal vivo, come l’opera lirica, il balletto, i concerti. E a Roma è al 164° posto tra le attività spettacolari ludiche…».

C’è chi considera finito il circo, una forma d’arte ormai superata, senza più ragione di esistere…
«Lo danno per morto da decenni ma resuscita sempre, perché è capace di rinnovarsi. Il circo non morirà mai perché è cultura, fa parte dell’uomo, è come mangiare, dormire, respirare… Mario Verdone, il critico cinematografico padre di Carlo, che per 20 anni è stato presidente del Golden Circus, era un grande studioso del circo: diceva che non è nato, come si crede, in epoca romana, ma addirittura nelle caverne dei primitivi con lo sciamano che si esibiva in balli, canti e numeri di abilità».

Cosa risponde a chi contesta la presenza degli animali nei circhi?
«Gli animali, fanno parte della nostra famiglia, non li maltrattiamo… Comunque gli animalisti veri li rispetto. Altri invece ci marciano…».

In che senso?
«Ci sono Oasi (si chiamano così gli zoo privati, ndr) che usufruiscono di sovvenzioni pubbliche e fanno pagare il biglietto. Intanto la millenaria arte circense è stata distrutta e sfruttata. Anche se non è morta. Come si spiega, infatti, che la maggior parte dei Got Talent televisivi, oggi, presenta numeri da circo?»

Ma i tempi sono cambiati…
«Sì, e anche il circo. Cambiano i costumi e gli interpreti dei numeri. Anche il salto mortale, l’equilibrio sul filo, un passo di danza o un passaggio di violino sono abilità mutevoli, come le emozioni sempre diverse che suscitano nel pubblico. Ogni artista interpreta le esibizioni a modo suo. E poi, mi lasci dire ancora… se non ci fosse stato il circo non sarebbe esistito nemmeno il genio di Fellini».

Già. Che rapporto c’era tra Fellini e gli Orfei? Sia lei che Nando avete recitato in film diretti dal grande regista riminese…
«Federico e Giulietta venivano spesso a trovarci. Lui telefonava a mia mamma Alda e le diceva: “Prepara i tortellini che arriviamo…”. Assisteva alle prove anche di notte, bussava a tutte le roulotte della carovana per salutare gli artisti, Fellini si nutriva del circo, ne era profondamente innamorato. Fu sua l’idea del Circo delle Mille e una Notte (il kolossal lanciato dagli Orfei nel 1972, ndr), con tre piste, i costumi del premio Oscar Danilo Donati, le coreografie e la regia di Gino Landi. Federico mi chiamò per La dolce vita, con Nando partecipammo a I clowns….».

E poi c’è la splendida interpretazione di suo fratello in Amarcord, l’indimenticabile Lallo detto “il patàca”…. Nando è morto tre mesi fa, lo ricorderete nel Golden Circus?
«Il Festival è tutto dedicato a lui ma io e mio marito (Paolo Pristipino, co-fondatore della rassegna circense, ndr) abbiamo pensato di intitolare a lui il trofeo che la giuria assegnerà al miglior artista, a colui che si distinguerà in quelle che erano le doti principali di Nando: passione, abilità e audacia».

Qual è il messaggio che il circo può trasmettere oggi al nostro Paese, martoriato dalla crisi economica e di valori?
«Il messaggio di sempre… guardiamo alla vita con speranza! Bisogna credere di poter fare, con l’aiuto di Dio e la nostra autenticità di uomini e donne, il miracolo del cambiamento. Rimaniamo attaccati alla terra e crediamo in un futuro “pulito”, senza sotterfugi e corruzione. Il mondo del circo è ancora sano, da qui non passano né droga né alcool, il circo rappresenta un esempio di come si possono ottenere risultati con la buona volontà, il lavoro, i sacrifici».

Fulvio Fulvi

Avvenire, 2 gennaio 2015

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