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Liana Orfei: “Nando, grande uomo e artista, l’Italia lo ricordi come merita”

Liana Orfei mentre ricorda il fratello Nando al funerale (foto Andrea Giachi)

Liana Orfei mentre ricorda il fratello Nando al funerale (foto Andrea Giachi)

“Dedicherò a mio fratello Nando la prossima edizione del Festival Golden Circus, un evento ormai conosciuto nel mondo. Lui merita il ricordo di tutti, circensi, intellettuali, scrittori, registi, giornalisti, politici… E resterà uno di quei personaggi che non muoiono nella memoria collettiva”. E’ Liana Orfei a parlare così del fratello, morto pochi giorni fa e salutato da una folla commossa a Milano, celebrato da tutti gli organi di informazione (a parte qualche stecca, come quella dell’Huffington Post, versione italiana, che ha scritto “morto l’inventore del circo senza animali”) come una di quelle figure che hanno segnato un pezzo di storia, non appena del circo ma dell’arte e del costume in Italia.

Liana, chi è stato Nando Orfei?
Una grande persona e un grande artista. E’ stato un artista nel vero senso della parola, versatile e completo, capace sempre di stupire. Giocoliere alla scuola di Angelo Piccinelli, all’epoca una star mondiale in questa disciplina, Nando ha appreso in pochissimo tempo quel che Piccinelli aveva imparato in dieci anni di lavoro. E’ stato un eccellente giocoliere, un bravissimo direttore e anche un magnifico domatore e sa perché? Perché amava gli animali in un modo inimmaginabile.

Nando Orfei in una foto del fondo Meda presso l'Archivio Cedac

Nando Orfei in una foto del fondo Meda presso l’Archivio Cedac

Lei, Nando e Rinaldo siete stati i “magnifici tre” e avete dato vita a produzioni che sono passate alla storia. Ce ne può parlare?
La mia esperienza cinematografica mi aveva convinto che portare il cinema all’interno del circo sarebbe stato un successo. Circorama fu proprio questo ed ebbe un boom incredibile. Lo spunto fu la mia esperienza nel mondo del cinema, e le idee sulle produzioni in genere uscivano da me, però gli esiti positivi di quelle produzioni erano il frutto di un lavoro di squadra anzitutto fra noi fratelli. Siamo rimasti per tanto tempo i tre moschettieri, i tre fratelli Orfei che hanno portato il circo al cinema, in televisione ed anche in teatro. Sono stati gli anni d’oro del circo.

Foto dal fondo Meda/Archivio Cedac

Foto dal fondo Meda/Archivio Cedac

Invece chi è stato Nando Orfei uomo.
Un grande e immenso uomo. L’aspetto umano sopravanza quello artistico. Nando è stato un essere speciale. Le racconto un episodio: stavamo cercando una persona che fungesse da capo degli operai di pista. Nando ci segnalò una persona, che poi venne ad offrirsi e a parlare con mia madre, la quale si occupava dell’amministrazione del circo. Questa persona chiedeva 30 mila lire al giorno e mia mamma, anche perché c’era molto bisogno di questa figura, accettò. Nando andò da mia mamma e chiese: allora l’hai assunto? Si, rispose, un po’ caro ma va bene lo stesso. E Nando: Quanto ti ha chiesto? Trenta mila lire, rispose la mamma. E lui: E’ no mamma, lui ha quattro figli, minimo gli devi dare 40 mila lire al giorno.
Questo era mio fratello, una persona davvero buona e disponibile sempre ad aiutare tutti. Pensi che riusciva ad insegnare trucchi e segreti del mestiere o a dare consigli anche ai suoi “rivali”. A me che amo l’astrofisica viene spontaneo dire che mio fratello aveva un cuore così grande che poteva tappare ogni buco nero dell’universo.

E’ stata questa la ragione per la quale è entrato così tanto nel cuore degli italiani, anche attraverso il cinema e la televisione?
Si, penso anzitutto sia stato proprio per questa sua umanità. Federico Fellini venne nel nostro circo nel 1959 perché gli segnalarono la mia presenza, e mi offrì una parte nella Dolce vita. Scoppiò subito un grosso feeling fra la mia famiglia, Federico e Giulietta, che durò tutta la vita. Ma il preferito di Fellini era Nando…, diventava matto per lui, diceva che era un tipo speciale, si divertita tantissimo con lui. E poi lo volle nel ruolo del “patacca”, lo zio di Titta, in Amarcord.
Nando incantava la gente per il suo cuore grande e la sua simpatia e ingenuità, mio fratello non concepiva nemmeno l’idea che qualcuno potesse fargli del male.

Nando Orfei con una delle sue tigri (foto fondo Meda/Archivio Cedac)

Nando Orfei con una delle sue tigri (foto fondo Meda/Archivio Cedac)

Nel vostro circo che ruolo ha avuto Nando Orfei?
Nando e Rinaldo sono stati gli artisti di punta, mentre io mettevo sostanzialmente il “nome”, nel senso della popolarità acquisita nel cinema, che fu anche la ragione che portò al successo il nome Orfei verso il grande pubblico e i media. Io facevo la presentatrice e per il resto ho solo lavorato coi cavalli e qualche rara volta coi leoni, in quanto con gli animali bisogna vivere a contatto quotidianamente, deve instaurarsi un rapporto di continuità di affetto, mentre le mie assenze, a volte per il cinema a volte per il teatro e la televisione, mi impedivano un rapporto stabile con gli animali.
Con questi ruoli siamo andati avanti benissimo per tanto tempo, finché la struttura non diventò eccessivamente grande e con essa anche le spese. Con Il circo delle Mille e una Notte, una produzione che all’epoca costò 500 milioni di lire, traballammo finanziariamente anche se ci portò ad un successo internazionale. Il Circo delle Mille e una notte, a metà degli anni 70, fu una produzione ideata da Fellini, con la regia di Gino Landi e coi costumi di Danilo Donati, lo scenografo e costumista che vinse due Oscar, uno dei quali con Il Casanova di Fellini. Ci muovevamo con tre treni speciali, due autocolonne per strada, 80 stallieri, 350 fra artisti e ballerini… e tanto altro, era un paese viaggiante di oltre 500 persone. La produzione ottenne un successo mondiale, tanto che attirò anche l’attenzione di Guy Lalibertè, e chissà che non lo abbia anche ispirato nella nascita del Cirque du Soleil, perché il Circo delle Mille e una Notte anticipava il copione dello spettacolo circense con una storia, un filo conduttore, scenografie e costumi importanti. Con la differenza che nelle nostre produzioni gli animali erano parte integrante in quanto senza animali non si può parlare di circo.
Poi il Soleil è cresciuto, in anni più recenti, ma non bisogna dimenticare che quella esperienza è stata resa possibile nella fase di avvio da un finanziamento del governo del Québec di molti miliardi. Con quei soldi un imprenditore circense italiano non avrebbe fatto certamente di meno.

Foto fondo Meda/Archivio Cedac

Foto fondo Meda/Archivio Cedac

Un’altra caratteristica di quegli anni è stata anche il feeling con le istituzioni e i politici. E’ noto il rapporto di Nando Orfei col presidente della Repubblica Sandro Pertini, ad esempio.
All’epoca la gente del circo, e in particolare noi tre fratelli nel periodo in cui eravamo in auge, aveva rapporti e riceveva manifestazioni pubbliche di stima da parte di tante personalità. Il circo era adorato, non come adesso che gli animalisti hanno messo i circensi in cattiva luce. Al circo passavano ministri, capi di governo, attori, grandi personaggi in ogni campo della vita pubblica, nobili e non, era questa la normalità, la routine. Va detto che oggi all’estero il circo è ciò che era una volta in Italia. I politici tedeschi, francesi, americani e così via, sono felici di stringere la mano al grande domatore o direttore di circo. La Francia è il caso forse più emblematico dell’attenzione delle istituzioni verso il circo, sia in termini culturali che economici.
Nando, Liana e Rinaldo Orfei (da un programma conservato all'Archivio Cedac)

Nando, Liana e Rinaldo Orfei (da un programma conservato all’Archivio Cedac)


Invece in Italia?

Lo Stato italiano non ci difende, dimostra di non saper salvaguardare una storia, un’arte, una cultura, secolari, fondamentali anche per lo spettacolo in generale. E’ abbastanza avvilente tutto questo. Sembra che lo Stato tenga in maggiore considerazione gli animalisti: ma cosa hanno fatto gli animalisti per l’Italia oltre a combattere una serie di attività imprenditoriali che danno lavoro a milioni di persone? La politica in Italia ha rovinato tutto, e la copertura data dalle forze politiche agli animalisti non è che un’altra degenerazione della politica per interessi elettorali. Ma non si può fare a meno di notare che mentre le associazioni animaliste negli ultimi anni si sono arricchite enormemente, i circensi vendono le case in cui abitano per tirare avanti. Gli animali pare arricchiscano gli animalisti e non i circensi, che pure vengono accusati ogni giorno di sfruttare gli animali. A tanta gente che sbraita contro i circhi con animali auguro che possano trattare i loro i figli come noi trattiamo gli animali.

Foto fondo Meda/Archivio Cedac

Foto fondo Meda/Archivio Cedac

Anche in questi giorni è stata strumentalizzata la fantomatica conversione animalista di Nando Orfei. Come stanno le cose?
Da una stampa troppo asservita alle organizzazioni animaliste, sono state prese delle frasi di mio fratello pronunciate in alcuni momenti di sconforto, e fatte passare per il pensiero di Nando sul circo con gli animali. Non è così: Nando ha sempre amato gli animali e il circo con gli animali. Aveva un rapporto splendido con gli animali. Magari avesse potuto, sul letto di morte, circondarsi di tutte le sue tigri e cavalli che amava.

Come vorrebbe fosse ricordato suo fratello?
Per quello che è stato, un grande uomo, buono, sincero, che ha fatto del bene. Come si può chiamare un uomo così? Nando Orfei.

Si aspetta che qualche città dedichi un luogo pubblico a Nando Orfei?
Assolutamente si, sarebbe doveroso.

Claudio Monti

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