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L’esotico che tanto piace al pubblico

Degli attuali numeri dei circhi i gruppi esotici sono forse quelli che più affondano le radici nell’antichità e negli spettacoli dell’epoca romana. Se già presso le corti di Faraoni e Persiani
erano in voga le collezioni di animali, simili ai nostri zoo, furono i Romani a creare veri spettacoli, eventi importanti e destinati a un vastissimo pubblico popolare. A volte era solo un mostrare gli animali catturati nei territori più lontani dell’immenso impero, in altri casi erano lotte sanguinarie con i gladiatori o invece esercizi presentati dai mansuetari, precursori dei nostri domatori. Nel clima generale di decadenza e austerità del Medio Evo gli spettacoli popolari più sontuosi
furono abbandonati, per ritornare in auge dal 1600 in poi.
Già nel ‘700 si hanno testimonianze di addestramento di specie animali insolite (alla fiera di Saint-Germain, sobborgo di Parigi, nel 1770 un addestratore presentò un numero con varie specie di uccelli, lepri, topi e api). L’800 fu l’epoca d’oro dei serragli girovaghi, che attraevano un folto pubblico per la varietà di animali selvatici ed esotici, anche se venivano esibiti soltanto all’interno dei carrozzoni-gabbia.
Karl Hagenbeck, spinto dalla sua passione per tutti i tipi di animali e per l’addestramento, concepì una forma di spettacolo in cui gli animali del serraglio venivano esibiti sotto uno chapiteau, con esercizi più o meno evoluti o con semplici passerelle, puntando sul fatto che anche solo il movimento libero di tanti animali crea un quadro di eccezionale fascino e bellezza.
L’impresa si chiamò Zoo-Circo, nacque nel 1893 ma durò poco. Le spese erano eccessive e presto si arrivò al fallimento. Con il ‘900 e le due guerre gli spettacoli kolossal conobbero una giustificata crisi; un po’ in tutta Europa i circhi, scampati con pochi mezzi alla II guerra mondiale, investirono prima in strutture e animali più tipici per lo spettacolo. Fu negli anni ’60 che, soprattutto nei paesi dell’area anglosassone, tornarono in voga i numeri con animali esotici.
Fra i precursori del genere vanno ricordati i Knie, che si cimentarono per primi con una giraffa, con un rinoceronte e con tanti e svariati animali, tant’è che crearono un vero e proprio zoo di appoggio a Rapperswill, sede del quartiere invernale.
In Italia pionieri del genere furono i Casartelli: Leonida investe molto nel parco zoologico del
proprio circo, e accanto ad animali destinati necessariamente solo allo zoo, altri vengono affidati al figlio Heros che crea il primo numero di gruppo esotico del circo italiano del dopoguerra.
Si cominciò con cammelli, cavalli e zebre, e poi via via arricchito da altri animali fino a giraffa e rinoceronte. Fu solo all’inizio degli anni ’80 che il gruppo esotico divenne in Italia un’attrazione di punta e diffusissima. Nascono numeri importanti nei grandi circhi: Moira Orfei, Lidia Togni, il Florilegio, ma anche circhi piccoli e medi acquistano parecchi animali e creano numeri più o meno ricchi. Probabilmente il successo di tali numeri fu dovuto a un meccanismo simile a quello
suscitato dai primi domatori dell ‘800. Se ormai ci eravamo abituati a vedere lavorare elefanti, leoni e tigri, scopriamo che anche zebre, giraffe, ippopotami, rinoceronti e quant’altro possono essere addestrati, e quindi possono instaurare un rapporto con l’uomo.
Ovviamente il pubblico non vuole adesso vedere nello spettacolo la supremazia dell’uomo sull’animale, ma piuttosto la possibilità di superare ulteriori limiti, di poter costruire un’intesa con specie ritenute intrattabili o addirittura pericolose per l’uomo e fra loro stesse. Certo l’insieme di animali così diversi che diventa in pista un insieme armonioso suscita molta ammirazione. Un messaggio estetico e culturale confacente alla nuova sensibilità nei confronti degli animali nata proprio in quel periodo.
Cerchiamo adesso di conoscere meglio queste specie, cominciando col precisare che, se gli animali che vediamo sono tutti, o quasi, esotici, nel senso che vivono abitualmente nei paesi extra-europei, non tutti, anzi pochi, sono selvatici. Molte delle specie addestrate nei circhi sono addomesticate da secoli presso le loro terre d’origine, al punto che non esistono più popolazioni allo stato selvatico. Per altre se ne è iniziato l’allevamento più di recente, e spesso anche in Europa. Oltre allo stato di domesticità, un’altra caratteristica importante da considerare è la diversa intelligenza ed adattabilità delle specie. In molte di esse prevalgono comportamenti istintivi, in quanto legati alle caratteristiche genetiche; anche in natura il comportamento è poco modificato dagli stimoli ambientali e quindi dall’apprendimento.
Proprio la minore intelligenza, intesa come capacità di associazione mentale, rende più difficile l’addestramento e meno eclatanti i risultati. Alcune di queste specie animali non hanno abitudini sociali, e anche questo complica i rapporti con l’uomo.
Facciamo adesso una carrellata sulle specie più tipiche dei circhi. I dromedari, le navi del deserto, citati anche nella Bibbia, sono stati addomesticati sin dal tempo degli Egiziani. Originari dell’Africa settentrionale, furono e sono tuttora importantissimi per le popolazioni indigene come indispensabili animali da lavoro nelle zone desertiche, ma utilizzati anche come fonte di carne e latte. Proprio per le sue caratteristiche
preziose, l’area di diffusione di questo animale si è allargata ad opera dell’uomo in tutta l’Asia minore. Anche in Italia, in Toscana, nel 1660 fu attivato un allevamento di dromedari, che si mantenne fino alla fine dell’800. Sono animali intelligenti, docili dopo l’addestramento, molto veloci e plastici nei movimenti.
Il cammello ha una diffusione limitata ad alcune zone dell’Asia centrale. Di corporatura più massiccia rispetto al dromedario, ha caratteristiche simili, ma di carattere è più pauroso, meno docile; è più lento nei movimenti, più adatto su terreni impervi di montagna. Più volte è stato usato nei circhi per numeri di jockey. Fra i vari addestratori ricordiamo Romano Bellei, di origini italiane.
In Sud America vivono i parenti stretti dei cammelli: vigogna, guanaco, alpaca e lama. Questi ultimi sono usati soprattutto come animali da soma, hanno un carattere
docile, sono obbedienti, ma vanno trattati con molta dolcezza.
Li vediamo spesso nei circhi, anche perché si riproducono facilmente. L’esibizione classica sfrutta i loro movimenti agili e soprattutto l’abilità nel saltare. Più rari a vedersi guanachi e alpaca, facili ad addomesticarsi solo da giovani; le vigogne, celebri soprattutto per la lana pregiata, più che addomesticate vengono catturate e allevate, ed infatti è raro vederle nei circhi.
Parecchi bovidi vengono spesso presentati nei gruppi esotici. L’unica specie veramente selvatica è il bisonte, anche se in America e adesso anche in Europa sono nati molti
allevamenti per la produzione di carne. E’ un animale timido, pauroso, poco irritabile ma difficile da fermare se in preda a un accesso di rabbia o di paura. I primi bisonti che arrivarono negli zoo europei si spaventavano solo all’avvicinarsi di persone; ma nel giro di pochi mesi si abituarono alla gente e prendevano il cibo dalle mani dei guardiani. In Italia uno dei primi fu presentato, legato, nel circo di Darix Togni in un semplice giro di pista con altri animali. In realtà dai bisonti
non si è mai potuto ottenere molto di più che qualche giro veloce di pista, anche se da liberi e non più legati.
Le altre specie esotiche sono comunque domestiche come yack e zebù, preziosissimi nelle loro terre d’origine, e il bufalo indiano, allevato già dai Persiani e oggi soprattutto nel Sud-Est asiatico ma anche in Italia. Dalla mole possente e dall’aspetto poco rassicurante, in realtà è un animale docile, calmo e poco reattivo agli stimoli dell’ambiente che lo circonda. Spesso sono stati usati nei numeri di circo anche comunissimi bovini presenti nei nostri allevamenti, o razze più insolite come i pelosissimi e buffi Higland scozzesi.
Dai primi numeri degli Hagenbeck a fine ‘800 arriviamo fino a quelli di Monica Georgi, visto a Monte Carlo ’85, e dei Knie nel simpatico numero della fattoria (1988). Spesso infatti i nostri
animali domestici vengono presentati insieme, a costituire veri e propri “gruppi misti”. Fra le specie più comuni le capre, molto intelligenti e disponibili al rapporto con l’uomo, ed i maiali. Il maiale vanta una lunga storia nell’addestramento:
Piovitt nell’‘800 presentò un maiale funambolo, Uwe Schwichtenberg li fece lavorare con animali esotici, J.A.Hoppe li utilizzò con le oche in un eccellente numero visto anche in Italia. Animale intelligente ma irascibile, viene presentato soprattutto in chiave comica; molti celebri clown lo ebbero come loro partner: Billy Hayden, Giacomino, i Durov, clown politici, con vere e proprie pantomime insieme ad altri animali.
L’addestramento in clown fu molto in voga nell’800 ma poi divenne sempre più raro. In realtà è una presentazione che dietro una cornice di allegria nasconde molta difficoltà. Tutto ciò che sembra improvvisato deve invece essere ben preparato ed avere un decorso fisso.
Parente del maiale, l’ippopotamo è molto più lento e molto meno adattabile, anche se i Romani riuscivano a catturarlo e trasportarlo a Roma per gli spettacoli negli anfiteatri. Dal temperamento tranquillo, vive in branchi e trascorre la maggior parte del giorno in acqua, preferendo muoversi di notte per la ricerca del cibo. Si adatta comunque bene alla cattività.
Forse i primi addestratori ad utilizzarlo furono i Durov, che riuscirono a fargli fare persino una capriola su se stesso!
Darix Togni ne portava uno nella pista inondata del suo Circo nell’Acqua, semplicemente a bearsi di quel lago artificiale. Il rinoceronte condivide lo stesso habitat dell’ippopotamo, ma vive fra gli arbusti della savana. Poco sociale, non forma branchi e tende a muoversi solo se stimolato dal cibo, anche se nella corsa è parecchio agile. Cervellati nel 1961 lo definiva “bestione stupido, feroce e indomabile”, ma già gli Egiziani e i Romani riuscivano a catturarli e presentarli in spettacoli. Ed anche il Brehm li considerava ammansibili se trattati bene. Ed infatti nel 1966 arriva il primo rinoceronte in un circo europeo, da Knie. Era un esemplare femmina, Ceyla, giustamente entrato nella storia; dopo soli due anni debuttò in pista, con Fredy che gli saliva in groppa, e nel 1972 si esibì in un numero con una tigre. Exploit incredibile e a tutt’oggi non più ripetuto. Anche se il nostro Davio Togni creò un esercizio simile saltando in groppa al suo rinoceronte tenendo un leopardo sulle spalle. E Flavio Togni fu in cartellone da Ringling con un quadro simile.
Altri animali africani sono le giraffe e le zebre. Le prime hanno un carattere tranquillo, si abituano alla cattività e si riproducono facilmente. Animali sociali, instaurano un buon rapporto con l’uomo. La loro particolare conformazione fisica limita certamente la possibilità di imparare esercizi e movimenti particolari.
In Italia il primo circo a possederne una fu il Medrano dei Casartelli, nel 1972. Le zebre viceversa, pur vivendo in branchi numerosi, anche insieme con altri animali, mantengono un carattere restio all’addestramento. I primi a cimentarsi con esse incontrarono parecchie difficoltà. Eros Casartelli nel suo numero esotico doveva tenerle per ultime nella fila, perché la presenza di altri animali alle spalle le rendeva troppo nervose. Col passare degli anni, vuoi la maggiore esperienza degli addestratori vuoi una certa selezione e abitudine delle zebre allevate nei circhi, hanno portato a risultati sicuramente notevoli, impensabili qualche decennio fa.
Le antilopi si sono viste in Italia solo al circo di Moira Orfei, sotto la guida sicura di Stefano. Belle e armoniche in pista, docili nei movimenti, anche se addestrabili solo con molto tempo e pazienza.
Dall’Australia arrivò in Italia il primo canguro nel 1897 al circo Roussier. Animali sociali, i canguri sono abbastanza docili ma molto paurosi. L’addestramento è complicato dal fatto che ogni stimolo nuovo tende a provocare stress, anche forte.
In realtà le esibizioni dei canguri più che da un addestramento vero e proprio nascono dal seguire le loro inclinazioni naturali: corsa con salto di ostacoli, o la lotta in posizione eretta che,
fatta con una persona, diventa la parodia di un incontro di boxe. Numero parecchio in voga in passato, riproposto negli anni ’80 al circo di Moira Orfei con notevole successo, e comunque non privo di difficoltà perché il canguro tende spesso a esagerare e grazie alla sua notevole forza fisica può fare parecchio male al suo addestratore.
Dopo un decennio di grande fortuna dei numeri esotici, negli ultimi anni il fenomeno si è molto ridotto; i circhi che mantengono il numero presentano meno specie, di solito le più comuni e domestiche. Passati a miglior vita ippopotami, rinoceronti, bisonti, difficilmente vengono rimpiazzati. In realtà i problemi esistono, non solo per l’approvvigionamento, ma anche per la detenzione: ci vogliono spazi e attrezzature adeguate, difficilmente per le specie più rare si riesce a formare un gruppo o almeno una coppia, venendo meno a una necessità importante di tutti gli animali, quella di una relazione sociale con i propri simili. Anche l’estetica dei numeri
tende un po’ a segnare il passo: al pubblico non basta più la semplice visione dell’animale o qualche semplicissimo esercizio. Nello spettacolo vogliamo vedere ormai una interazione sempre più stretta con l’addestratore ed un lavoro fatto insieme, cose oggettivamente non possibili con alcune specie.
Anche i nostri animali domestici potrebbero essere una via da seguire visto che chi vive nelle città vede sempre più raramente gli animali da fattoria, che nel circo potrebbero trovare una nuova dimensione. L’obiettivo è sempre lo stesso: con animali che ci sono vicini, o con quelli di terre più lontane, ricreare con lo spettacolo una dimensione, forse esistita ma sicuramente sognata, di un mondo in cui animali e uomini vivono insieme.
Ettore Paladino

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