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La vocazione dell’ammaestratore

Non si può parlare di Circo e non toccare l’argomento “animali”. Il Circo moderno nasce come “equestre”, legato a filo stretto al mondo animale. Alcuni circensi nel tentativo di correre dietro a quella che sembra essere la filosofia dominante tenderebbero a togliere gli animali dal circo per trasformarlo in “circo acrobatico”, visti anche i problemi che le amministrazioni frappongo al loro lavoro, poi scoprono irrimediabilmente – salvo pochissime eccezioni – che il pubblico cerca gli animali nel circo.
Le motivazioni potrebbero essere tante e prima fra tutte la curiosità di vedere animali mai visti, o comunque che non fanno parte del nostro habitat (purtroppo si sta scoprendo che le nuove generazioni conoscono il mondo animale attraverso la tv e la rappresentazione che ne fanno i cartoons), ma per questo non sono bastanti gli zoo? Io credo che ciò che attrae lo spettatore – bambino ed adulto – è l’interazione tra l’uomo e l’animale.
Non voglio parlare, qui, dello spettacolo, cose eccezionali non ne ho viste moltissime mentre ho visto molte cose belle; vorrei piuttosto guardare alla vita della gente del circo, uomini, donne e bambini: forse qui ho visto qualcosa di eccezionale normalità.
Per addestrare gli animali ci vuole una vocazione davvero particolare perché gli animali fagocitano la vita dell’uomo e chiedono una dedizione sovraumana che solo una passione sfegatata può permettere. Ecco perché quando i circensi vengono additati come maltrattatori o delinquenti rimangono basiti.
Potrei parlare di David che quando era ancora in braccio a suo papà riusciva a mangiare soltanto se lo si portava in stalla, allora guardando il cavallino ed il lama qualche boccone mandava giù, pensavano che da grande sarebbe diventato ammaestratore ma adesso è un bravo trapezista. Lo zio, invece, è diventato un bravo addestratore di cavalli, quando era più giovane tornando in licenza dal servizio militare andò prima ad abbracciare i suoi cavalli e poi la mamma, questo la dice lunga sulla tipologia dei rapporti.
Sono tanti gli episodi a cui ho assistito che col tempo mi hanno aiutato a capire. Forse perché il mistero di tale rapporti trascende spesso ogni razionalità: mia nonna aveva una gallina che, quando si sedeva alla porta di casa a fare la calza, gli saltava in collo.
Sono tre gli aspetti dell’addomesticamento che in un circo si verificano. C’è una forma di addomesticamento dell’uomo nei confronti degli animali che è abbastanza evidente; c’è anche una forma di addomesticamento tra animali di razza e specie diverse che si istaura in stalla; meno chiaro ma non meno evidente è l’addomesticamento, una sorta di fascino che gli animali esercitano sull’uomo.
Tempo fa ero andato a trovare un circo che aveva in compagnia un addestratore di tigri che non avevo mai incontrato, era portoghese. Mentre chiacchieravo con i miei amici nel fresco del pomeriggio, non avevano lo spettacolo, vedevo in lontananza quest’uomo che lavorava in una gabbia all’aperto con le sue tigri. Mi avvicinai, in mano aveva un bastoncino per porgere il boccone di carne, nell’altra un frustino, quello che si usa per i cavalli, niente forchino, nessun ferro, nessuna difesa. Aveva una pazienza infinita per cercare di convincere una tigre a poggiare le zampe anteriori su un piccolo sgabello: cambiare dimensione, foggia, altezza ad uno sgabello è sempre un problema. Un leggero tocco di frusta, maneggiata con maestria, sul sedere ed il boccone sotto il naso, una voce energica o suadente secondo i momenti, e poi tante carezze. Quando, finito l’addestramento, lo incontrai con un tigrotto di sei mesi che portava in giro al guinzaglio, gli chiesi se le tigri avevano un punto particolarmente sensibile alle carezze, mi rispose: “Quando una tigre è innamorata di te gli piace essere accarezzata dappertutto”.
In un altro circo trovai il domatore, ma oggi si preferisce usare la parola addestratore, che stava pulendo la gabbia delle tigri; le bestie erano ritirate sul carro, poi le ha lasciate libere e stando all’esterno della gabbia le ha chiamate per nome, gli si sono fatte vicino strusciandosi contro la gabbia ed aspettando i complimenti, facendo le fusa come i gatti.
Parlavo con un addestratore di otarie, sono animali assai socievoli e giocherelloni che istaurano con l’uomo un rapporto affettivo e anche di dipendenza, molto solido. Da generazioni nella sua famiglia si allevano otarie e foche, parlai con lui della longevità di questi animali: non sappiamo quanto vivano in natura, allo stato brado, perché non sono stati fatti studi e controlli su animali liberi che comunque hanno una sopravvivenza precaria per le difficoltà di procacciarsi il cibo, per le rivalità ed i predatori; gli animali tenuti in cattività in zoo e parchi arrivano a diciannove-venti anni perché nutriti e curati; nel circo la famiglia dell’addestratore ha avuto esemplari che hanno raggiunto i trentadue anni proprio per il benessere raggiunto con il costante rapporto con l’uomo.
Gli animali non sono mai lasciati soli, quando l’uomo si allontana lo richiamano perché hanno voglia di compagnia e di giocare, questo implica un bel sacrificio ed una dedizione totale da parte di tutta la famiglia; non di rado i figli dell’addestratore nuotano e giocano nella piscina con le otarie.
Contrariamente agli animali di casa che sono viziati al tal punto da prendere le malattie dell’uomo (come l’obesità, il colesterolo, il diabete …) gli animali del circo hanno una alimentazione controllata. I felini, in natura, cacciano per fame e, una volta sazi, si rimettono in moto a cacciare dopo qualche giorno e se non si trova la preda la fame e la debolezza aumentano, come pure lo stress. In cattività hanno un menù variato che va dal pollo, al manzo, al latte con le uova, addirittura il pesce. Il pesce perché fa bene al pelo, la testa di manzo perché rosicchiano le ossa e si mantengono i denti, e così via.

Don Luciano Cantini e Bello Nock

Si fa molto chiasso intorno allo stress degli animali per la gabbia, il trasporto … eppure sono state fatte analisi di laboratorio su prelievi di saliva che hanno verificato come il livello di stress vari da soggetto a soggetto, aumenti o diminuisca dopo un lungo viaggio, ma mai supera i livelli di guardia, come può capitare nel periodo della fecondità.
Gli animali in circo, indipendentemente a cosa è indotta a pensare una parte dell’opinione pubblica, sono amati, coccolati, curati; ne è testimone il fatto che si riproducono con grande facilità. Un animale vessato, maltrattato, non è neppur bello da vedersi e non è sicuro da starci insieme.
Quando un mio amico, addestratore di cavalli, ha lasciato i suoi cavalli ai fratelli per iniziare una attività nuova, la moglie gli ha scritto una lettera di addio a nome dei suoi cavalli, e lui si è commosso. Le bestie vivono con questi uomini e questa gente con loro, passano attraverso le stesse avventure e traversie, sono parte della stessa famiglia e della stessa storia, entrano in una relazione unica e non immaginabile per chi non l’esperimenta dal di dentro.
Don Luciano Cantini

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