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La difesa selettiva degli animali

Karmen Zander e le sue tigri

Che quella dell’animalismo fosse una lobby potente e che perseguisse interessi forti, lo si sapeva da tempo. Ma il caso Grecia aiuta a capire qualcosa di più.
Per chi legge l’inglese, ecco il testo che compare sull’ultimo numero del “bollettino” Eurogroup for animals. Titolo: “Greece bans animals in circuses”. Svolgimento: “Eurogroup is extremely delighted that the Greek government has banned the use of all animals in circuses following a successful campaign led by Greek Member Organisation GAWF, Animal Defenders International and backed by over 50 local animal protection groups across the country.
The new law adopted in plenary at the Greek Parliament last week bans all animal exhibitions and/or performances in circuses, theatres and any other similar entertaining businesses, with exceptions made for horse races, pet shops, zoos and shows.
This news comes a few weeks after the Austrian Constitutional Court dismissed a complaint against the existing ban on the keeping of wild animals in circuses in Austria, and this great victory sends a clear signal to other European Countries, especially Germany and UK on their way to implement such a ban and which no longer have any excuses for not taking the necessary actions”.
Ora, gli animalisti ammettono candidamente tre cose: 1) che il risultato ottenuto in Grecia è frutto di una forza d’urto, per dir così, capitanata da Animal Defender. Da qui sorge una domanda: perché il Parlamento greco ha preso per buone le tesi di una organizzazione animalista per regolamentare il tema degli animali negli spettacoli, senza considerare studi scientifici e pareri di organizzazioni che con gli animali lavorano da sempre ma che la pensano diversamente dagli animalisti? L’Inghilterra, ad esempio, nel 2007 ha incaricato un gruppo di veri esperti di animali (da Patrick Bateson, prof. emerito di Etologia a Cambridge a Ted Friend, prof. del Dipartimento di Scienze degli animali all’Università del Texas; da Marthe Kiley-Worthington, londinese, ma direttore dell’Eco-Etho Research & Education Centre di La Drome in Francia a Samantha Lindley, docente di medicina veterinaria all’università di Glasgow; da Georgia Mason, esperta di comportamento e benessere degli animali all’università canadese di Guelph, ed altri) ed ha chiesto loro se esistano prove scientifiche che sconsigliano l’utilizzo di animali nei circhi. La risposta, contenuta in un rapporto dal titolo “Wild animals in travelling circuses”, è stata negativa: no, tali prove non esistono, ed è sbagliato per i Governi appoggiarsi alle pressioni di gruppi d’interesse per adottare legislazioni in materia, che devono invece basarsi esclusivamente su prove scientifiche. Perché la Grecia non ha seguito la stessa strada, optando invece per una scorciatoia che favorisce la lobby animalista ma non certo la causa degli animali? Quali poteri di “convincimento” sono in grado di esercitare organizzazioni come Animal Defender nel Parlamento greco (ma la stessa cosa è accaduta con la Bolivia) e su cosa possono fare leva?
2) Il caso Grecia e il pronunciamento della Corte austriaca, secondo gli animalisti, deve servire a “convincere” soprattutto Germania e Regno Unito (forse perché ritengono che l’Italia e gli altri paesi europei saranno poi “costretti” a seguire Germania e Regno Unito?) ad attuare lo stesso divieto applicato dalla Grecia. Il risultato ottenuto nella Repubblica Ellenica del presidente Karolos Papoulias, insomma, si configura come una sorta di cavallo di Troia per la colonizzazione animalista dell’Europa;
3) Ma, e qui viene il bello, qual è il vero obiettivo di questa colonizzazione? Non sembra quello di garantire il benessere degli animali, ma piuttosto di operare una difesa – se così si può chiamare – selettiva. La nuova legge approvata in seduta plenaria al Parlamento greco – si legge nella news di Eurogroup for animals – mette al bando tutte le mostre di animali e gli spettacoli che prevedono la presenza di animali nei circhi, nei teatri e in tutte le forme di intrattenimento, ma non tocca minimamente le corse di cavalli, i negozi di animali, gli zoo… Forse perché per questi animali non ci sono esigenze di benessere? Una ulteriore conferma che dimostra lo “strano” modo di ragionare e di prendersi cura degli animali da parte delle lobby animaliste. Che discriminano fra circhi e zoo, fra gare di cavalli e cavalli che calcano i palcoscenici, fra negozi e mostre. In base a quali principi e studi? E, soprattutto, in base a quali interessi?

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