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Il Circo di Sirio Maccioni, attrazione culinaria presidenziale

Sirio Maccioni

 

“Perché ho dato ai miei ristoranti il nome Il Circo? Perché questo genere di spettacolo è un linguaggio universale, lo capiscono tutti, dai bambini agli adulti, un po’ come avviene per la ristorazione”. Chi parla a Circo.it dal suo buen retiro toscano, è un uomo che definirlo grande è comunque poco. E’ uno dei ristoratori più famosi del mondo, che ha messo a tavola cinque presidenti degli Stati Uniti d’America. E’ il mitico Sirio Maccioni.
Il suo primo ristorante lo ha aperto nel 1974 al Mayfair Hotel e si chiamava Le Cirque, che tre anni dopo si è spostato al Palace Hotel di New York ribattezzandosi Le Cirque 2000. Oggi il suo impero culinario vanta nove ristoranti, alcuni all’interno di beach club e resort, e la gran parte di questi si chiamano Il Circo oppure Le Cirque o anche Osteria del Circo. Sono sparsi fra l’America (New York e Las Vegas), l’India e la Repubblica Dominicana. E, annuncia, Maccioni – quasi 80 anni portati con invidiabile leggerezza – “fra due settimane apriamo a New Delhi un altro ristorante che si chiama Il Circo“. E’ un chiodo fisso, che nasconde un fascino per l’arte della pista. Sirio Maccioni lo spiega così: “Quando ero giovane l’unica cosa che ci si poteva permettere quando arrivava il circo, era di andare a vedere questo spettacolo. Sono cresciuto così, col fascino del circo”. Poi, quando ha lasciato Montecatini abbastanza presto per cercare fortuna all’estero, il circo gli è rimasto nel cuore e se l’è portato dietro in tutte le città del mondo in cui ha lavorato. Tante. Prima a Parigi, al Florence, frequentato da italiani famosi come Lino Ventura, Serge Reggiani e altri, ma anche dal rubacuori Yves Montand e da Edith Piaf, uno dei suoi tanti amori. E fu proprio Montand ad aprirgli le porte di un altro locale cult di Parigi, il Plaza Athénée, dove Sirio si fece le ossa in cucina e in sala.

Attrazioni ... a tema all'esterno del locale di New York


L’animo un po’ errabondo, e forse circense, di questo signore d’altri tempi, l’ha portato ad Amburgo e in America negli anni ’50. Qui scoppiò la sua fama come maitre al ristorante Colony di New York. Il resto arrivò da sé, grazie alla classe, alla intraprendenza, alla battuta facile, alla schiettezza, all’amore per le buone e belle cose, alla capacità di stringere amicizie con i potenti della terra con la stessa “normalità” con la quale si rapporta all’ultimo dei suoi dipendenti.
Anzi, nella sua “troupe” – giusto per restare in tema – l’ultimo proprio non esiste. Nell’avventura americana di Sirio Maccioni un posto di primo piano ce l’ha ovviamente la sua famiglia, formata dalla moglie Egidiana e i figli Mario, Marco e Mauro. E’ il successo di un sogno e di una famiglia.
Negli anni ’80 Ronald Reagan e la moglie Nancy erano di casa a Le Cirque: “Da quel momento – ha scritto Vanity FairLe Cirque è diventato il più famoso ristorante nel mondo”.

Il patron di Le Cirque con Nixon e Reagan

Quella prima cena presidenziale, nel marzo del 1981, attirò nel locale tanti Vip e fra questi anche Andy Warhol, che raccontò nei suoi diari quel momento storico.

Maccioni con Robert De Niro e Jean Reno

Per rifarsi almeno lo stomaco, dopo che l’immagine pubblica era stata falcidiata dal Watergate, Nixon cominciò a frequentare Le Cirque, e come lui anche Jimmy Carter e Bill Clinton. L’elenco sarebbe lunghissimo, ma fra gli habitué di Sirio Maccioni vanno ricordati anche Henry Kissinger, Rudy Giuliani, Donald Trump e una quantità di star del cinema e dello showbiz. A tutti serve piatti da favola, made in Toscana: bollito (“quello di mia moglie è insuperabile”), trippa, lardo di Colonnata, insieme a tantissime e diverse altre prelibatezze, senza dimenticare i vini italiani.

Alle pareti di Le Cirque centinaia di fotografie che ritraggono gli ospiti importanti


E così Sirio Maccioni ad un certo punto non ha più potuto assistere agli spettacoli dei piccoli circhi che passavano da Montecatini, sua città natale nella quale torna quando vuole riposarsi e irrorare le radici che lo hanno reso grande, ma – ci dice – “per me il circo è rimasta una suggestione mentale e credo sia così per tanti. Il circo rappresenta un intrattenimento alla portata di tutti… E poi sa cosa le dico?”. Prego, siamo tutti orecchie. “Quando è venuto il momento di dare un nome ai miei ristoranti ho pensarto che il Circo fosse quello migliore. Sia per i motivi che le ho raccontato e sia perché a me non piacciono i ristoranti che si chiamano “la forchetta”, “il piatto” eccetera. In più c’era un motivo di novità: il circo era completamente al di fuori della ristorazione”. Ed è a questo punto che Sirio Maccioni parte in quarta e bisogna mettergli un freno. Perché se di ristorazione si parla, non risparmia giudizi al curaro: “Oggi purtroppo anche in Italia di persone che capiscono la ristorazione ce ne sono poche. Molto poche”.

Il locale di Las Vegas

Eccolo qua Sirio Maccioni, che forse anche come impresario di circo, quello vero con artisti, animali e tendone, avrebbe fatto di certo successo negli States. “Sono un povero figlio di contadini della Toscana”, si schernisce lui. “Ho lavorato duro per avere quello che ho e magari è tutto, magari è niente, ma non è stato facile”. Parole che restano scolpite nella sua autobiografia scritta insieme a Peter Elliot (La storia della mia vita e di Le Cirque).
Ma sull’epopea di Sirio Maccioni aleggiano clown e acrobati, quelli che accolgono e fanno sognare i frequentatori di Le Cirque a New York o che costituiscono gli elementi d’arredo dei suoi ristoranti. Lui ne è ben consapevole e dice: “Il circo mi ha portato molta fortuna, infatti manterrò lo stesso nome per il nuovo locale che inauguro a New Dehli a giorni”. Tanti auguri signor Sirio, giocoliere dallo stile inconfondibile prestato al circo della gastronomia.
Claudio Monti

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