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Il Circo Bellucci lancia il promo

Attilio Bellucci, anni 44, un cognome importante all’interno del mondo circense e un’impresa da portare su e giù per l’Italia, in lungo e in largo in Europa.
Attilio e il fratello Emidio sono i figli di Armando Bellucci (scomparso nel 2005), molto amato all’interno del panorama circense italiano e già membro del consiglio direttivo dell’Ente Nazionale Circhi. Ai figli ha passato la gestione del circo insieme ad un bagaglio di tradizioni, pensieri e motivazioni.

Attilio Bellucci

Come tutti i circensi puri anche tu avrai fatto di tutto all’interno del circo, ma qual è la tua specializzazione?
Si, in effetti ho fatto un po’ tutto, dal trapezista al clown, poi ho scelto di specializzarmi in discipline equestri, cavalli in libertà e alta scuola insieme a mio fratello Emidio. Lui però è quello che lavora molto di più coi cavalli rispetto a me, quotidianamente. Io mi dedico soprattutto alla gestione del circo, agli aspetti burocratici ed amministrativi.
Cosa fai nello specifico?
Anche queste mansioni le condivido con mio fratello, per esempio la scelta dei numeri e gli aspetti artistici. Poi nello specifico mi occupo della scelta delle piazze, dei collaudi, dei permessi, tra l’altro ho anche il diploma di tecnico commerciale perché mio padre a suo tempo ha insistito molto sul fatto che il circo andava bene, ma lo studio era fondamentale.
Quanto tempo impiegate con spostamenti e montaggi?
Volendo siamo in grado di non perdere neanche un giorno di lavoro, ci muoviamo al mattino, arriviamo, montiamo e siamo già in grado di procedere col nostro lavoro. Ma questo è un po’ difficile da fare perché bisogna prima procedere coi collaudi e con i vari sopralluoghi da parte delle autorità locali per cui un paio di giorni di lavoro li perdiamo per forza.
State visitando il Trentino Alto Adige.
Si, lo abbiamo fatto lo scorso anno e siamo rimasti molto contenti per cui siamo tornati. Addirittura replichiamo le stesse piazze del 2011. Qui, rispetto al resto d’Italia, la gente partecipa molto allo spettacolo circense, forse anche perché questa regione assiste meglio il cittadino rispetto ad altri, che quindi finisce per essere meno soffocato da tasse e balzelli.
Avete in programma di andare all’estero?
No, anche se noi lavoriamo molto all’estero, fino ad un anno fa circa abbiamo compiuto una tournée che ci ha portati in Spagna, Marocco, Tunisia, Portogallo, Cipro. Purtroppo ci siamo ritrovati in Tunisia durante il periodo delle rivolte da parte degli arabi. Nessuno aveva qualcosa contro di noi, ma naturalmente ritrovarsi in mezzo a rivolte, proteste, spari e lacrimogeni spaventa. Non è successo nulla e siamo rientrati e da allora siamo rimasti in Italia.
Lo spettacolo che portate in giro è di difficile gestione?
Abbiamo scelto di curare molto la scelta dei numeri e attualmente abbiamo attive all’interno del circo sette famiglie di artisti. E’ uno spettacolo costoso più che complesso, perché abbiamo scelto di avere presenti una serie di numeri richiesti e quindi dal prezzo alto, per esempio abbiamo con noi l’uomo proiettile. Inoltre abbiamo moltissimi animali: cavalli, tigri del bengala, elefanti, cammelli, watussi, lama, pappagalli, coccodrilli, serpenti.
Siete la gioia degli animalisti.
Come spesso succede. Ma noi quando li animalisti ci attaccano non subiamo, contrattacchiamo. Ogni volta che un gruppo di esagitati ci accusa io cerco sempre di rispondere. E’ successo anche in Trentino poco tempo fa, l’Alto Adige ci ha lasciato lo spazio sulle sue pagine per replicare. Poi gli animalisti vengono al circo e vedono quante persone abbiamo ai nostri spettacoli, e questo fa loro rabbia. A proposito di animali, recentemente il programma di Italia Uno Bau Boys è venuto in visita al Circo Bellucci con Marco Berry.

Attilio Bellucci con il gruppo dei cavalli (foto Vito Grittani e Federica Violin)

Com’è stata questa esperienza?
Il tutto è nato dal fatto che il programma, che si occupa di animali, desiderava fare un servizio di documentazione all’interno di un circo e cercava in realtà il circo di Moira Orfei. Il circo era però in Sicilia e la produzione ha saputo per caso che in zona si trovava il nostro circo. Sono venuti, hanno spiegato che volevano stare con noi un’intera giornata per vedere com’è la vita degli animali di un circo. Io ho lasciato loro la completa libertà, gli ho detto che ovunque avessero visto un animale potevano andare. Ero e sono molto tranquillo perché so che siamo nel giusto, i nostri animali non sono lasciati a se stessi: ci sono otto persone che si dedicano esclusivamente a loro a partire dal mattino presto.
Se potessi scegliere di lasciare la gestione amministrativa torneresti a fare l’artista?
Subito! Sarebbe il mio sogno lasciare le incombenze della gestione per tornare ad essere artista a tempo pieno coi miei cavalli. Le preoccupazioni, i problemi che ogni giorno si affrontano, per me equivalgono un po’ a delle angherie.
Quali sono gli aspetti che meno vorresti affrontare?
I collaudi. La burocrazia è un problema ovunque ma in Italia si aggiunge quello della scarsa chiarezza nell’interpretazione delle leggi per cui facciamo il collaudo a Roma e tutto va bene, andiamo all’Aquila e ci danno il benestare, poi andiamo a Pescara e ci negano i permessi dicendo no e a Bari dicono ni. Assurdo, perché se noi abbiamo i permessi validi in 97 città perché in tre devono dirci no? Qui in Italia c’è la paura della firma, ovvero chi deve firmare per l’ok non si vuole prendere la responsabilità e ci mette i bastoni tra le ruote.
Prima parlavi di tuo padre che ha insistito perché tu studiassi. Che altro ti ha trasmesso?
Mio padre è stata una persona molto amata nel mondo del circo, è stato anche membro del consiglio dell’Enc e una cosa che ricordo è che lui ha sempre insistito sull’importanza del manifestare per il riconoscimento dei diritti, sia da parte dei grandi complessi circensi ma anche e soprattutto nei confronti dei medi e piccoli. In effetti tutte le categorie, quando non si trovano d’accordo nei confronti di un governo o di una situazione, manifestano. Operai, medici, insegnanti, etc. Solo noi circensi non alziamo la voce. Quello su cui io insisto è il diritto di replica. Se in tv qualcuno dice qualcosa contro di noi, come è capitato da parte di Licia Colò o di Striscia la Notizia solo per fare due esempi, noi abbiamo il diritto e il dovere di replicare. Si sente solo la voce degli animalisti, ma non perché loro siano più forti, semplicemente perché noi abbiamo risposto pochissime volte, così il pubblico avverte solo la loro presenza.
Cosa ti auguri, in generale, che possa avvenire a breve nel panorama del circo italiano?
Che si possa essere messi in condizione di fare il nostro lavoro. Oltre che far sentire la nostra voce, oltre che affiancare i “vecchi” del circo (i saggi) con nuove leve, più fresche ed energiche, io spero che si possa davvero ottenere di poter lavorare come si deve. Ad esempio, se un comune ci obbliga ad avere le gabbie degli animali di specifiche misure deve anche darci l’area adatta a poterle ospitare. Spesso mi è capitato di dover rinunciare a piazze solo perché il luogo assegnatoci sarebbe stato disagevole per ospitare i nostri animali. I comuni ci richiedono di essere fiscali ma noi chiediamo ai comuni di fare la loro parte e di metterci in condizione di rispettare al meglio le richieste.
Stefania Ciocca

L’intervista di Stefania Ciocca si trova sulla rivista Circo di giugno.

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