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Ferdinando Togni: un maestro nella doma dei cavalli

Le foto di Ferdinando Togni in questo articolo sono tratte dall'Archivio Cedac (questa è stata scattata da Rivarola)

 

Incontro Flavio Togni a Verona in occasione del saggio dell’Accademia di Palmiri e mi congratulo con lui per l’oro di Montecarlo ottenuto dopo i tre argenti che l’hanno preceduto grazie al suo numero con i cavalli. Mi dice che quei cavalli sono in questo momento affidati a un circo straniero ma che ogni tanto deve ancora occuparsene.

Flavio Togni

Poco tempo fa, è corso a Parigi perché un cavallo opponeva dei rifiuti, e lui ha dovuto spiegare alla nuova addestratrice che, in quel momento preciso del numero, lei doveva alzare la mano in un certo modo e non in un altro perché questo è il segnale che l’animale recepisce. Così, mentre Flavio parlava, mi sentivo catapultare all’indietro nel tempo di una quarantina d’anni, in un giorno in cui a parlarmi di cavalli era suo nonno Ferdinando detto Nandino, un maestro nella doma di equini.
Mi raccontò che il suo rapporto con un esemplare iniziava sempre con una canna da pesca puntata davanti alla sua fronte. Messaggio della canna: “Oltre questo punto non puoi andare, indietro non puoi andare, quindi vai dove e quando dico io”. Il risultato di questa scuola si vedeva in pista dove suo figlio Bruno, zio di Flavio e uomo di straordinaria simpatia, “mandava” 24 esemplari in libertà.
Ma quanti ragionamenti, mi spiegava Nandino Togni, per dare un ordine e un significato a cavalli che corrono in gruppi di tre. Recupero dal mio taccuino di cronista. “L’ordine deve essere sempre quello: la prima terzina, la seconda, la terza sono state composte così la prima volta e così devono rimanere, anche lontano dalla pista. Ognuno, nella stalla, mangia e dorme accanto al proprio compagno di pista. L’ordine non si può cambiare perché è stato creato non solo con fatica ma anche con criteri selettivi. Ogni animale ha una propria personalità e questo vale anche per i cavalli. Ci sono quelli più riottosi che non si inseriscono neppure dopo mesi di insistenze e perciò sono esclusi dal numero. Ci sono quelli che si inseriscono pur essendo irrequieti e allora andranno messi in testa al numero, liberi di esprimere il loro senso di dominanza. Ci sono quelli che si inseriscono pur essendo corti di vista, e allora vengono messi in seconda fila, in modo che possano farsi guidare da chi li precede. Ci sono quelli che si inseriscono pur essendo duri d’orecchio, e finiscono in ultima fila, dove possono correre sull’esempio di chi sta davanti pur avendo scarso senso del ritmo. Poi si deve tener conto di simpatie e antipatie: stanno vicini i cavalli che si sopportano, sono distanziati quelli che non si sopportano. E poi, dopo tanta fatica per ottenere l’ordine, può aver luogo una improvvisa occasione di disordine. Un cavallo che si fa male, che ha una infermità, che deve essere sostituito; oppure che, dopo aver preso un calcio dal cavallo davanti a lui, accetta di tornare a lavorare solo se collocato in testa. Storia finita? Macchè. Accade che, se per qualche ragione non può entrare in pista la prima terzina, non possa entrare neppure la seconda, condizionata dalla presenza della prima. Accadono tante cose, insomma, e bisogna capirle tutte, e non sempre è facile. Ma questa è la vita dell’uomo di circo che ha scelto i cavalli”.

Ferdinando Togni (primo da sinistra) con Darix Togni, Leonida Casartelli e Nando Orfei

Questa è la vita che Nandino Togni ha lasciato in eredità a figli e nipoti. Ma un pensiero mi rode, talvolta. Quella dello spettatore che nulla sa di circo e, quando vede l’uomo con la chambriére in mano, dice alla moglie: “Uffa, i soliti cavalli…”
Ruggero Leonardi

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